R E C E N S I O N E
Recensione di Mario Grella
Lo dico subito, così mi tolgo il pensiero: quando mi trovo davanti ad un “Omaggio a…” oppure a un “Tributo a…” divento sempre sospettoso, preoccupato e anche un po’ svogliato. Gli omaggi e i tributi sono ormai troppi. Sono spesso inutili, altri sono ripetitivi, qualche volta stucchevoli e, solitamente, tutti lasciano in me il desiderio dell’originale. Naturalmente ci sono delle eccezioni, rare, ma ci sono, come è il caso di Unscientific Italians play the music of Bill Frisell. Istruzioni per l’uso: prendete pezzi noti e meno noti del grande musicista statunitense, dateli in mano a cinque grandi musicisti italiani, trasformate “Unscientific americans” in “Unscientific italians” ed il gioco è fatto. Scherzi a parte, il disco edito dalla nuova etichetta Hora Records, uscito il 21 maggio, ha in sé qualcosa di nuovo, di fresco e un pizzico di genio e (s)regolatezza. Si tratta di una “riscrittura intelligente” se così possiamo dire, frutto di un gioco di equilibrio e calibrature sulle partiture originali di Bill Frisell che, se da un lato ne modificano combinazioni strumentali, sfumature, colorazioni, dall’altro non stravolgono il contesto musicale friselliano, lasciandone immutato il fascino e l’ambientazione. Se per omaggiare un grande musicista, spesso occorre estro e coraggio, per fare un lavoro di questo genere occorrono due doti che, sia in campo musicale che artistico in senso lato, non sono poi così frequenti: l’intuizione e l’umiltà.

Il progetto nato dal collettivo El Gallo Rojo nel lontano 2008, ha visto la luce solo oggi con un organico rivisto che ha riunito Mirco Rubegni tromba, flugelhorn e french horn, Fulvio Sigurtà tromba, flugelhorn, Filippo Vignato trombone, Federico Pierantoni trombone, Cristiano Arcelli sax alto, sax soprano e clarinetto basso, Piero Bittolo Bon sax alto e clarinetti, Francesco Bigoni sax tenore, clarinetto, live electronics on brass, Rossano Emili sax baritono e clarinetto basso, Alfonso Santimone piano, live electronics e clarinetti, Danilo Gallo contrabbasso e Zeno De Rossi drums. I brani scelti sono tra quelli composti da Frisell intorno agli anni Novanta, un jazz che deve molto al country, e al bluegrass (ma anche il contrario). Come anticipazione dell’album tra aprile e i primi giorni di maggio sono usciti due brani Rob Roy e Hangdog. Il disco si apre invece con una magnifica versione di Before We Were Born, seguita da una quasi cameristica Probability Cloud e poi ancora una magnifica, “meccanicistica” e seriale Hangdog. Rob Roy inizia leggiadra come un brano di una “colliery band” con qualche preziosa divagazione e cresce in un intricarsi di suoni, accordi estremi e anche qualche virtuosismo, per poi recuperare un tono domestico e pacificato nel finale. E se Twenty Years è ancora fermamente ancorata al jazz di ricerca, la celeberrima Verona ci riporta in un ambiente folk, anche grazie ad una riscrittura misurata che non fa rimpiangere nulla dell’originale. Eh sì, “non scientifici” ma rigorosi, estrosi ma con misura, la semplicità come punto di arrivo e non di partenza. Tutta meritata la “benedizione” dello stesso Bill Frisell che ha anche donato un magnifico schizzo per la copertina, re-inventata dal mio amico Francesco Cacchio. Non resta che aspettare la seconda parte…
Tracklist:
01. Before We Were Born
02. Probability Cloud
03. Unsung Heroes
04. Hangdog
05. Rob Roy
06. Twenty Years
07. Verona
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