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Danilo Gallo

Unscientific Italians – Play The Music of Bill Frisell Vol. 2 (Hora Records, 2022)

R E C E N S I O N E


Recensione di Mario Grella

All’uscita di un nuovo disco, molto atteso, non nego di essere curioso come un bambino, anche per poter godere della “copertina” (oggi ”cover”). Si tratta certamente di un retaggio infantile, ma è innegabile, che la cover ha un certo peso, anche oggi, dove “l’oggetto-disco” praticamente non esiste più (eccezione gucciniana a parte). E siccome l’uscita del secondo volume di Unscientific Italians Play The Music of Bill Frisell (Hora Records), mi intrigava e non poco, ho accolto con grande soddisfazione la magnifica grafica di un amico come Francesco Chiacchio, che ha curato l’operazione su un disegno originale di Frisell e con un prevedibile, ottimo risultato. Splendida la confezione, e la musica? Anche qui nutro un vecchio pregiudizio: difficilmente a grafiche tanto raffinate possono corrispondere contenuti deludenti. E infatti, anche in questo caso, il contenuto è letteralmente entusiasmante. Se il primo Unscientific Italians valse a Bill e ai suoi musicisti il premio della critica “Band of the Year 2021”, il secondo volume, anche se per il calcolo delle probabilità non potrà avere ancora un simile riconoscimento, non è da meno.

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Alberto Dipace Eyes and Madness – A Dreamy Journey (AMP Music & Records, 2022)

R E C E N S I O N E


Recensione di Lucio Vecchio

A Dreamy Journey è l’ultimo lavoro del progetto Eyes and Madness composto da Alberto Dipace al pianoforte, Danilo Gallo al contrabbasso e Ferdinando Faraò alla batteria, uscito il 14 ottobre per la norvegese AMP Music & Records. Già al primo sguardo, no non mi sono sbagliato, non al primo ascolto, ancora non ci ero arrivato, ma al primo sguardo della tracklist mi sono accorto di non essere di fronte ad un normale album. Questo perché la sua durata complessiva supera abbondantemente l’ora. Roba da anni settanta. Abituati come siamo, anche nella musica così detta colta, a brani della durata massima di tre minuti. Il primo sguardo è stato confermato dal primo ascolto, dove si capisce che la durata di questo disco (scusate lo chiamo ancora cosi) è giustificata anche dalla voglia che i musicisti hanno di suonare e di trasmettere la propria passione e fin anche i propri sentimenti, senza risparmiarsi e senza fare alcun tipo di calcolo.

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Unscientific Italians – Play The Music of Bill Frisell Vol. 1 (Hora Records, 2021)

R E C E N S I O N E


Recensione di Mario Grella

Lo dico subito, così mi tolgo il pensiero: quando mi trovo davanti ad un “Omaggio a…” oppure a un “Tributo a…” divento sempre sospettoso, preoccupato e anche un po’ svogliato. Gli omaggi e i tributi sono ormai troppi. Sono spesso inutili, altri sono ripetitivi, qualche volta stucchevoli e, solitamente, tutti lasciano in me il desiderio dell’originale. Naturalmente ci sono delle eccezioni, rare, ma ci sono, come è il caso di Unscientific Italians play the music of Bill Frisell. Istruzioni per l’uso: prendete pezzi noti e meno noti del grande musicista statunitense, dateli in mano a cinque grandi musicisti italiani, trasformate “Unscientific americans” in “Unscientific italians” ed il gioco è fatto. Scherzi a parte, il disco edito dalla nuova etichetta Hora Records, uscito il 21 maggio, ha in sé qualcosa di nuovo, di fresco e un pizzico di genio e (s)regolatezza. Si tratta di una “riscrittura intelligente” se così possiamo dire, frutto di un gioco di equilibrio e calibrature sulle partiture originali di Bill Frisell che, se da un lato ne modificano combinazioni strumentali, sfumature, colorazioni, dall’altro non stravolgono il contesto musicale friselliano, lasciandone immutato il fascino e l’ambientazione. Se per omaggiare un grande musicista, spesso occorre estro e coraggio, per fare un lavoro di questo genere occorrono due doti che, sia in campo musicale che artistico in senso lato, non sono poi così frequenti: l’intuizione e l’umiltà.

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Francesco Bearzatti Tinissima 4et – Zorro (Cam Jazz, 2020)

R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

Chi ha più o meno la mia giurassica età non potrà non ricordarsi di Zorro, il romantico giustiziere mascherato protagonista di una serie televisiva che negli anni ’60 veniva trasmessa ogni domenica pomeriggio in uno spazio apposito dedicato ai ragazzi. Prototipo di quei personaggi dalla doppia identità che popoleranno la letteratura fantastica moderna, da Superman a Batman fino ai personaggi di quei fumetti “neri” che conosceranno proprio in Italia una loro dorata stagione, Zorro nasce da un’invenzione dello scrittore Johnston Mc Culley negli anni ’20 e conoscerà fama e fortune cinematografiche che perdureranno fino ai giorni nostri. Come non ricordare la sigla di quei cortometraggi, originariamente lanciata dai Mellomen e ripresa e tradotta in italiano dai dimenticatissimi  – ma spiritosi – Zig Zag Ensemble? E come scordare il fascino emulativo di quel mantello nero, autentico feticcio e oggetto di desiderio di tutti noi maschietti durante il periodo di Carnevale?

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Un concerto al giorno. Giorno05. Guano Padano

Diario quotidiano di Domenica D’Agosto #unconcertoalgiorno

Al galoppo verso il Carroponte

Non sapendo dove passare la serata, ho chiesto consiglio ad amici esperti e alla risposta “ci sono i Guano Padano” ho subito simpatizzato ed optato per assistere all’esibizione del gruppo nostrano. Durante il breve tragitto da casa, leggo due info su Wikipedia e scopro con piacere che si tratta di un gruppo definibile folk-rock, nato dall’incontro della chitarra di Alessandro “Asso” Stefana (V. Capossela), il basso di Danilo Gallo e le percussioni di Zeno De Rossi

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Sam Amidon & Guano Padano – Da Cantù un ponte gettato tra Italia e America

Live report di Andrea Furlan Immagini sonore di Roberto Bianchi

Quella strana vecchia America.

Lui, Sam Amidon, cantautore estroverso, divaga dal folk tradizionale verso ardite sperimentazioni sonore, loro, i Guano Padano, indomiti esploratori dalla via Emilia al West, oltrepassano i confini della musica strumentale mixando spaghetti western, tex-mex e free jazz, entrambi con la mente ben aperta al nuovo e disponibili all’incontro. Due mondi apparentemente lontani che trovano invece molti punti in comune. Lo ha dimostrato il concerto di cui sono stati protagonisti a Cantù nell’accogliente club All’1&35circa di Carlo Prandini che ancora una volta ha messo in cartellone due nomi decisamente interessanti.

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Il sogno americano dei Guano Padano

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Intervista di Andrea Furlan Fotografie di Antonio Spanò Greco

Una band con l’infinito negli occhi. Americana (il loro ultimo album) è l’omaggio a un luogo dell’anima, una raccolta di suggestioni sonore capaci di evocare i grandi spazi dell’ovest con lo sguardo di chi sa immaginare col cuore. Dalla via Emilia a Pian della Tortilla, i Guano Padano percorrono le strade polverose e solitarie che uniscono due mondi solo in apparenza distanti. Omaggio compiuto attraverso l’omonima antologia di Elio Vittorini che negli anni ’40 traduceva la grande narrativa americana con sensibilità tutta italiana. Ho incontrato Alessandro “Asso” Stefana, Zeno De Rossi e Danilo Gallo poco prima del loro concerto all’1&35circa di Cantù in cui hanno fatto sfoggio di tutta la loro bravura in un caleidoscopio di stili e atmosfere che vanno dallo spaghetti western al tex-mex spingendosi al confine del free jazz. Un menù assai ricco e gustoso servito con classe e passione da tre validissimi artisti.

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