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Filippo Vignato

Unscientific Italians – Play The Music of Bill Frisell Vol. 2 (Hora Records, 2022)

R E C E N S I O N E


Recensione di Mario Grella

All’uscita di un nuovo disco, molto atteso, non nego di essere curioso come un bambino, anche per poter godere della “copertina” (oggi ”cover”). Si tratta certamente di un retaggio infantile, ma è innegabile, che la cover ha un certo peso, anche oggi, dove “l’oggetto-disco” praticamente non esiste più (eccezione gucciniana a parte). E siccome l’uscita del secondo volume di Unscientific Italians Play The Music of Bill Frisell (Hora Records), mi intrigava e non poco, ho accolto con grande soddisfazione la magnifica grafica di un amico come Francesco Chiacchio, che ha curato l’operazione su un disegno originale di Frisell e con un prevedibile, ottimo risultato. Splendida la confezione, e la musica? Anche qui nutro un vecchio pregiudizio: difficilmente a grafiche tanto raffinate possono corrispondere contenuti deludenti. E infatti, anche in questo caso, il contenuto è letteralmente entusiasmante. Se il primo Unscientific Italians valse a Bill e ai suoi musicisti il premio della critica “Band of the Year 2021”, il secondo volume, anche se per il calcolo delle probabilità non potrà avere ancora un simile riconoscimento, non è da meno.

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Heroes, da un’idea di Paolo Fresu, un concerto imperdibile omaggia David Bowie

L I V E – R E P O R T


Articolo di Annalisa Fortin

Forse non tutti sanno che il primo passaggio di David Bowie in Italia risale al 1969, anno in cui partecipò ad un concorso canoro a Monsummano Terme, un piccolo comune toscano. Arrivò però secondo. Per rimediare, come sostiene scherzosamente Paolo Fresu, cinquant’anni dopo il comune stesso ha incaricato il famoso trombettista di omaggiare adeguatamente il Duca Bianco. “Appena mi è stato proposto questo progetto”, dichiara Fresu, “mi sono sentito onorato ed emozionato. Ho deciso di mettere insieme una band unica, creata appositamente, con grandi musicisti eclettici e provenienti da esperienze diverse, anche lontane dal jazz. Credo che questo sia un grande valore. Avvicinarsi alla musica di David Bowie è una grande emozione e anche una straordinaria opportunità per tutti noi”.
Durante l’esibizione di Heroes, avvenuta il 9 luglio nell’ambito del Vicenza Jazz Festival, Paolo Fresu confessa che la conoscenza primordiale che lui e gli altri componenti avevano della musica di Bowie era quella delle comuni persone, ovvero di puro ascolto e apprezzamento. Nessuno si era mai cimentato nell’esecuzione di quella che poi si è rivelata una sfida artistica emozionante e coinvolgente, riportando una splendida luce in un momento buio comune dovuto alla pandemia. La band scelta da Fresu ha nomi di calibro stellare: Petra Magoni, Filippo Vignato, Francesco Diodati, Francesco Ponticelli, Christian Meyer. Insieme hanno messo le mani su una trentina di pezzi, tra i quali Life on Mars, This Is Not America, Warszawa, When I Live My Dreams. Ogni membro della band ha dato il proprio contributo negli arrangiamenti, conferendo maggiore varietà e dinamicità al progetto, scaturito anche in un cd. Tornando alle parole di Fresu: “Bowie è un autore immortale che è sempre stato vicino al jazz. Abbiamo trattato con il massimo rispetto la sua arte pur essendo propositivi, gettando infatti uno sguardo nuovo su queste canzoni”.

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Unscientific Italians – Play The Music of Bill Frisell Vol. 1 (Hora Records, 2021)

R E C E N S I O N E


Recensione di Mario Grella

Lo dico subito, così mi tolgo il pensiero: quando mi trovo davanti ad un “Omaggio a…” oppure a un “Tributo a…” divento sempre sospettoso, preoccupato e anche un po’ svogliato. Gli omaggi e i tributi sono ormai troppi. Sono spesso inutili, altri sono ripetitivi, qualche volta stucchevoli e, solitamente, tutti lasciano in me il desiderio dell’originale. Naturalmente ci sono delle eccezioni, rare, ma ci sono, come è il caso di Unscientific Italians play the music of Bill Frisell. Istruzioni per l’uso: prendete pezzi noti e meno noti del grande musicista statunitense, dateli in mano a cinque grandi musicisti italiani, trasformate “Unscientific americans” in “Unscientific italians” ed il gioco è fatto. Scherzi a parte, il disco edito dalla nuova etichetta Hora Records, uscito il 21 maggio, ha in sé qualcosa di nuovo, di fresco e un pizzico di genio e (s)regolatezza. Si tratta di una “riscrittura intelligente” se così possiamo dire, frutto di un gioco di equilibrio e calibrature sulle partiture originali di Bill Frisell che, se da un lato ne modificano combinazioni strumentali, sfumature, colorazioni, dall’altro non stravolgono il contesto musicale friselliano, lasciandone immutato il fascino e l’ambientazione. Se per omaggiare un grande musicista, spesso occorre estro e coraggio, per fare un lavoro di questo genere occorrono due doti che, sia in campo musicale che artistico in senso lato, non sono poi così frequenti: l’intuizione e l’umiltà.

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Enzo Carniel and Filippo Vignato as Silent Room – Aria (Menace, 2021)

R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

L’aria ha qualcosa a che fare con l’anima. Anima, infatti, viene dal greco ànemos che significa vento, soffio vitale. Ogni strumento a fiato è misura, in qualche modo, di un ànemos che proviene da dentro e che dà respiro allo strumento stesso. Le pause, quindi, sono i momenti dell’attesa, della distanza tra un’emozione e l’altra. L’aria è melodia che racconta l’intimità dell’uomo, il canto che viene dalla sua interiorità. Dove c’è aria c’è però anche fuoco che da essa trae alimento e che trasforma la stessa in calore e in energia. Il fuoco s’accende infatti tra i tasti del pianoforte, le fiamme si alzano in cerca dell’etere da bruciare. Aria e fuoco hanno quindi il loro momento circolare, una ruota che si alimenta spontaneamente e che lega questi due elementi primordiali in un circuito continuo. Enzo Carniel e Filippo Vignato sono rispettivamente il fuoco e l’aria, il pianoforte e il trombone, più qualche effetto elettronico, sparso qua e là. Due musicisti poco più che trentenni, il primo francese e il secondo vicentino, che narrano dell’anima senza sotterfugi, senza maschere, attraverso note vibratili che si muovono nella trasparenza dell’aria.

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Golden variations @ Piccolo Coccia, Novara – 24 ottobre 2019

A P P U N T I  D A  N O V A R A J A Z Z


Articolo di Mario Grella

Per una volta ho avuto l’impressione che non sia stata la musica a far danzare i danzatori, ma i danzatori a far suonare il musicista. Sembravano essere il corpo flessuoso e sinuoso di Camilla Monga e quello vigoroso e duttile di Pieradolfo Ciulli a far scaturire il suono dal magnifico trombone di Filippo Vignato.

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Filippo Vignato – XY Quartet – Andrea Grossi – Enzo Favata @ EJC – Teatro Coccia, Novara – 14 settembre 2019

APPUNTI DALL’ EUROPEAN JAZZ CONFERENCE – NOVARA


Articolo di Mario Grella

Si era capito, già dalla mattina, con l’incredibile “solo” di Marco Colonna a San Gaudenzio, che non sarebbe stato un sabato qualsiasi, ed è stato proprio così, una bella giornata e soprattutto una nottata di jazz (e di molte parole ed idee), in attesa della domenica, quando tutto sarà finito. Il trombone ha qualità inaspettate soprattutto se a maneggiarlo è Filippo Vignato. Una musica notturna, discreta, quella del “Filippo Vignato Quartet”, contrappuntata dal piano di Enzo Carniel. Persino la batteria di Emanuele Maniscalco sembra silenziosa e lontana. Un jazz di atmosfera anche nei pochi sbilanciamenti dolcemente free. Essere misurati non è semplice e soprattutto non è mai segno di debolezza, spesso segno di maturità, ed anche in musica è così.

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Novara Jazz – un’eccellenza tra i festival italiani

Articolo di James Cook

Nel periodo che va da fine maggio alla prima decade di giugno, ogni anno idealmente sposto il mio domicilio per seguire la fase conclusiva di Novara Jazz. La rassegna, quest’anno giunta alla sua 15ma edizione, si distingue per originalità, qualità e varietà delle proposte, nonché per la capacità di parlare diversi linguaggi, creando al contempo un dialogo fra culture e generazioni differenti.
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