Ricerca

Off Topic

Solo contenuti originali

Tag

Reflections

Alina Bzhezhinska & HipHarpCollective – Reflections (BBE Music, 2022)

R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

Su Off Topic ci siamo occupati diverse volte di uno strumento come l’arpa e di alcuni di quei musicisti che ne hanno fatto il proprio mezzo espressivo. Pensiamo ad esempio a Vincenzo Zitello, recensito qui, alle prese con l’arpa celtica, o ad altre due artiste che utilizzano l’arpa classica suonata però nell’ambito del jazz – vedi Brandee Younger e Amanda Whiting, rispettivamente recensite qui e qui. Questa volta, la nostra attenzione la dedichiamo ad un’altra interessante arpista ucraina ma residente a Londra, dal cognome ostico, Alina Bzhezhinska. Formatasi all’Accademia Chopin di Varsavia, a cui deve l’evidente matrice classica, specializzatasi poi nell’ambito della musica jazz in Arizona, la Bzhezhinska ha insegnato arpa al Royal Conservatory of Scotland ma è a Londra che la sua carriera comincia veramente a decollare. Tutto accadde nel 2017, dopo la sua esibizione in quartetto al Centro Teatrale Barbican, all’interno di un contesto in cui erano presenti anche altri famosi jazzisti come i sassofonisti Denys Baptiste e Pharoah Sanders. La performance del gruppo della Bzehezhinska non passa inosservata e da lì comincia l’ascesa di questa arpista, allora praticamente sconosciuta e oggi giunta al suo secondo album Reflections, dopo l’esordio Inspirations del 2018. Per l’occasione di questa nuova uscita discografica, l’arpista si presenta con un nuovo quartetto, l’Hip Harp Collective, costituito dal veronese Michele Montolli al basso elettrico, Joel Prime alle percussioni, Adam Teixeira alla batteria, Ying Xue al violino e alla viola. In aggiunta ci sono Tony Kofi al sax contralto – già presente nel primo Inspirations con Joel Prime – Jay Phelps alla tromba, Vimala Rowe alla voce e Julie Walkington al contrabbasso. La Bzehezhinska, nonostante le notevoli credenziali del suo curriculim, si guarda bene dall’esibirsi con un atteggiamento ostentatamente tecnico, anzi, potremmo dire che il suo rapporto con lo strumento si basa su una oculata scelta di note, quasi suonasse al risparmio. Niente turbinii di suoni, quindi – tranne quando le mani scivolano fluttuando sulle corde nel classico arpeggio – ma un’attenta selezione di pizzichii e stimoli sonori, il tutto assemblato in un regime di assoluto equilibrio. Non ci sono nemmeno particolari carambole d’invenzioni ritmiche, neanche quando il progetto va a pescare ispirazione nei provocatori murales sonori dell’hip-hop. Un ordine superiore regna sovrano, una limpida scacchiera in cui, come ormai è diffusa abitudine generale, vari climi musicali tendono a mescolarsi anche senza confondersi troppo come in quest’occasione. Ricordi di matrice classica, ritmi urbani, jazz, downtempo, blues e persino interventi pop si sovrappongono mantenendosi comunque sufficientemente distinti gli uni dagli altri. Tra composizioni dell’autrice e riproposizioni di brani “storici” – non sono da considerarsi veri e propri standard in quanto appartengono ad un repertorio più elitario, in termini di notorietà – la Bzehezhinska e i suoi musicisti tratteggiano un’atmosfera per lo più rassicurante, oserei definirla quasi “leggera”, se non temessi di essere frainteso utilizzando questo termine. Si tratta ad ogni modo di un album fresco, frizzante, disinvolto, non privo di autunnali momenti languidi che mostra una brillante policromia di suoni, rendendo il lavoro complessivamente molto piacevole all’ascolto.

Continua a leggere “Alina Bzhezhinska & HipHarpCollective – Reflections (BBE Music, 2022)”

Al Foster – Reflections (Smoke Sessions Records, 2022)

R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

Gli inossidabili “anziani del jazz” che sono passati nel tempo sotto la lente di Off Topic sono parecchi. A memoria citerei Andrew Cyrille, Pharoah Sanders, Archie Shepp, Charles Lloyd, il nostro Enrico Rava, ma probabilmente ho l’impressione di sottostimarne il numero totale. Tutti ultra ottantenni con in comune la lucidità dei tempi migliori e una scelta musicale che non tradisce pesantezze né rimpianti eccessivi. Così come ora s’allinea a questo gruppo Al Foster, grandissimo batterista che vanta oltre sessant’anni di carriera e che forse non ha avuto la notorietà di parecchi altri suoi colleghi ma che ha contribuito direttamente alle pagine più importanti della storia del jazz a fianco di Miles Davis, Ron Carter, Herbie Hancock, Joe Henderson, Sonny Rollins, Mc Coy Tyner e l’elenco potrebbe continuare a lungo se non avessi timore di annoiare il lettore. Più misurato rispetto all’esplosivo Art Blakey, meno “rivoluzionario” di Max Roach, non così raffinato se confrontato con Jack De Johnette – quest’ultimo più anziano di sei mesi, grosso modo – ma comunque animato da una vigorosa vivacità, Foster ha sempre saputo riconoscere il suo posto all’interno delle formazioni in cui ha suonato. Del resto uno come lui che è riuscito a convivere per una decina d’anni con un musicista dal caratterino complicato come Miles Davis, qualche qualità aggiuntiva, oltre a quella tecnica, doveva pur averla avuta. Ha scritto di lui lo stesso Davis: “Foster mi colpì perché aveva un bellissimo groove ed era esattamente quello che cercavo…lasciò il gruppo – siamo nell”85- N.d.R. – perché il rock non gli era mai piaciuto e io gli avevo chiesto di suonare un certo backbeat…” (Miles – The Autobiography). Foster ha sempre dimostrato di possedere la sensibilità che forse non tutti i batteristi hanno, cioè quella di ascoltare e seguire gli altri musicisti senza l’ansia dell’assolo a tutti i costi.

Continua a leggere “Al Foster – Reflections (Smoke Sessions Records, 2022)”

Vincent Lê Quang – Everlasting (La Buissonne, 2021)

R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

Si racconta che il sassofonista francese Vincent Lê Quang, quand’era adolescente, rimase colpito dalla visione del film “Bird” che narrava la vita e la musica di Charlie Parker. Non so se questo sia vero ma di sicuro quella pellicola deve aver contribuito, in qualche modo, ad innescare il suo interesse per lo studio del sax. Tuttavia, a giudicare almeno da questo suo primo disco da titolare, pare avere poche cose in comune con Parker. Un sassofono suonato quasi con la stessa delicatezza di un flauto ci trasporta in una dimensione di eterea, intima profondità, lontano anni luce dalle intransigenti, nervose velocità di Bird. La meditazione che sta alla base di questo Everlasting parte dal conflitto presente in ogni essere umano nel cercare di realizzarsi e di proiettare le proprie speranze in un futuro che si vorrebbe eterno e immutabile. Davanti alla prova evidente, invece, di come la realtà sia impermanente e mutevole, questo desiderio recondito di eternità resta nascosto in un angolo della coscienza e quasi ci si vergogna di esibirlo, come fosse un capriccio infantile… Sublimando questa pulsione, Lê Quang va alla ricerca delle tracce nascoste, dei segni lasciati da un’eternità di carattere divino, seguendo un percorso fatto di memorie, di segni ambigui, spesso misteriosi ed onirici con cui la Realtà alle volte ama mescolarsi. Un’ermeneutica che attraverso gli impulsi sonori e l’ordine armonico cerca di interpretare la vita nel suo senso più profondo. Un altro illuso alla ricerca del significato dell’esistenza? Di certo, quello che so è che ogni Parsifal che si metta in cerca del Sacro Graal, che lo trovi oppure no, mostra di sé il suo lato migliore, le più luminose qualità che possiede, vivendo fino in fondo l’intensa epopea della propria vita.

Continua a leggere “Vincent Lê Quang – Everlasting (La Buissonne, 2021)”

Ugljesa Novakovic – Reflections (A.Ma Records, 2021)

R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

A noi, divoratori di musica, piace tanto trovar la pappa pronta. Così non ci preoccupiamo di cose di cui, invece, dovremmo interessarci. Per esempio, chi permette ai musicisti di esibirsi, di incidere dischi o pubblicarli sui vari streamer. Chi produce il loro lavoro, chi ci scommette sopra e soprattutto chi si industria per farceli conoscere. Allora permettetemi di elevare dei peana a tutte quelle etichette discografiche (e sono incredibilmente più di quanto si sospetti) che come questa A.Ma si prende la briga – ma io la chiamerei piu “missione” – di promuovere musica poco conosciuta ad un pubblico vasto. Mentirei se vi dicessi di conoscere il sassofonista Ugljesa Novakovic. Prima d’ora confermo che non ne avevo mai sentito parlare. Questo artista viene dalla Serbia, terra di cui ricordo solo qualche nome di musicisti che mi stanno comodamente sulle dita di una mano: Dusko Gojkovic (ma questo è troppo facile!), Bojan Z. (altrettanto semplice) Dusan Bogdanovic, (per le sue eterogenee esperienze nella musica classica e jazz) e Sanja Markovic, peraltro pubblicata da questa stessa etichetta pugliese A.Ma. So inoltre del festival di Nisville che si tiene ad agosto da quelle parti ma solo perché me ne parlò l’amico d’un amico che vi era andato a curiosare. Manifestando perciò la mia ignoranza ne approfitto, come si suol dire, per mettere le mani avanti ed espormi ad una recensione un po’ senza rete per la quale non potrò avere che pochissimi riferimenti precisi.

Continua a leggere “Ugljesa Novakovic – Reflections (A.Ma Records, 2021)”

Sito web creato con WordPress.com.

Su ↑