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Sharon Van Etten

Lonnie Holley – Oh Me Oh My (Jagjaguwar, 2023)

R E C E N S I O N E


Recensione di Andrea Notarangelo

La bellezza della musica sta nel fatto che quando ritieni di aver scoperto tutto e quando pensi che difficilmente proverai una particolare emozione, ecco spuntare qualcosa di nuovo ad attenderti dietro l’angolo. A volte hai a che fare con una bella sorpresa, altre meno, ma non è questo il punto. La musica è quel tipo di arte che ti fa immaginare colori e sfumature là dove ci sono solo note e che ti mostra paesaggi paradisiaci o sobborghi disagiati di una metropoli ad ogni cambio di melodia. La musica è il viaggio più lungo che potrai mai fare nella tua vita senza esserti mosso di casa o dalla scrivania del tuo ufficio. Ed è in questo modo che ho abbracciato la proposta di Lonnie Holley, un artista anomalo e completamente fuori dagli schemi. Non voglio fare l’esperto dai gusti ricercati, mi piacerebbe raccontarvi che circa dieci anni fa ascoltai il suo esordio e ne rimasi folgorato, ma in verità, fino ad oggi non ero a conoscenza di questo portento e per questo motivo mi limito solo a introdurvi nel suo mondo. Desidero infatti raccontarvi la storia di un settantatreenne che solo nel 2012 è arrivato al traguardo del suo primo disco e che oggi presenta il settimo lavoro in studio dopo aver passato una vita come artista concettuale dedito alla creazione di opere di assemblaggio realizzate con materiali di recupero. Mister Holley ha visto di tutto, da bambino quando è stato venduto per una bottiglia di whisky, per passare a lavorare come scavatore di tombe fino al dedicarsi alla raccolta del cotone nel suo Alabama. Tutta l’esperienza l’ha concentrata nei suoi dischi e azzarderei dire che questo nuovo Oh Me, Oh My corrisponde alla summa e all’essenza del suo messaggio.

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Sharon Van Etten – Remind Me Tomorrow (Jagjaguwar, 2019)

R E C E N S I O N E


Articolo di Alessandro Berni

Che Sharon Van Etten fosse già un nome percepito da molti in questi anni come esempio di alta qualità a livello musicale nel cantautorato contemporaneo, è vicenda nota. Non più di cinque anni fa una tappa cruciale, un album di pregevole fattura come “Are We There” riscuote consensi pressoché unanimi quale ulteriore tassello alla lunga stagione del folk-rock revival rivisto in codice millennial. Melodie grondanti musicalità e malinconia, ora pulite ora squarciate di elettricità. Liriche che ne assecondano il mood tra sofferenza e rivisitazione esistenzialista, mix smagliante di arrangiamenti pronunciati e produzione forbita.
Il ritorno agognato e meditato a lungo, sorprende una Van Etten riveduta e ridefinita nel suo sistema di pensiero dagli studi di psicologia e dalla nascita del figlio, evento incisivo e non casuale nella stesura della trama del disco e delle visioni che lo accompagnano sin dall’immagine di copertina. “Remind Me Tomorrow”. Cos’è questo domani evocato e rappresentato dal titolo? Il pretesto, come suggerito dall’autrice, è l’uso scherzoso dell’avviso di aggiornamento del software “ricordamelo in seguito”, ma la Van Etten lo rigioca nel suo lato profondo ovvero “dare la priorità a quello che è veramente importante per te”.

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Gli Scordati di Joe – Vol. 42

R E C E N S I O N I


Articolo di Giovanni Carfì

Note di merito per album passati distrattamente in secondo piano, ma meritevoli di un loro piccolo spazio. Nell’impossibilità di raccontare tutto ciò che viene prodotto, una selezione di dischi con confronti senza vincitori, né punteggi; ma con la presunzione di restituire una sensazione il più immediata possibile, attraverso un’analisi che va oltre le solite stellette.

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