R E C E N S I O N I
Articolo di Giovanni Carfì
Note di merito per album passati distrattamente in secondo piano, ma meritevoli di un loro piccolo spazio. Nell’impossibilità di raccontare tutto ciò che viene prodotto, una selezione di dischi con confronti senza vincitori, né punteggi; ma con la presunzione di restituire una sensazione il più immediata possibile, attraverso un’analisi che va oltre le solite stellette.

Un disco di debutto bello e raffinato; lei si chiama Mayi e bastano pochissime note per capirne l’attitudine musicale. Le sonorità e le influenze sono molteplici, soul di base, con ramificazioni nu, jazz, afro, r’n’b e dintorni. Interessante il titolo, che rivela la matrice autobiografica del lavoro, dove vengono raccolti tutti questi “stadi/stati di crescita”, riuscendo a raccontare traccia dopo traccia le proprie emozioni.

Dopo il primo lavoro uscito nel 2017 ed un conseguente tour, torna in studio a metà 2018 per comporre questo secondo lavoro. Scritto avvalendosi degli stessi musicisti con cui ha collaborato, e aggiungendone altri all’occorrenza, ecco un album dal tono rassicurante e narrativo, un folk delicato che mantiene tutto il suo calore, amplificato dagli arrangiamenti molto più ricchi e dal sapore orchestrale.

Nonostante il nome, arrivano dalla Trinacria e sono Laura Messina, Sergio Schifano e Vincenzo Schillaci. Dopo l’Ep del 2014 ecco un lavoro dove riescono a trarre e rielaborare varie influenze, riuscendo a plasmare sonorità synth anni ’80 togliendovi artificiosità, unendo atmosfere di stampo nord europeo e coniugandole con la melodia e la rotondità della voce, che scivola attraverso cerchi elettronici e ritmi pop rock.

Torna la cantautrice originaria del New Jersey, e lo fa in maniera differente; un album forte e maturo, dalle tinte delimitate in uno spettro che difficilmente sfocia in ballate o momenti “allegri”. Le sonorità sono chiuse e claustrofobiche, conferendone autorevolezza e affermazione, rotonde e compresse pronte ad esplodere, nascondendone o preservando una sorta di energia nascosta.

Progetto giovane del cantautore Vittorio Romito, che insieme ad altri musicisti cercano di mescolare la tradizione e la peculiarità della tradizione sonora napoletana, con suoni che guardano più al mondo anglosassone. Il risultato è una lavoro semplice e genuino, dove traspare il tipico romanticismo e calore del sud, che ben si adatta alla morbidezza della parte strumentale.

Dopo l’esordio nel 2017 con l’Ep “Cover my Own”, ecco il nuovo lavoro del compositore e polistrumentista Ben Cramer. Un album nato tra una data live e l’altra, nel quale cerca di porre equilibrio tra il passato e il suo presente. Tornando in studio, giocherà sperimenterà con synth e perfino un pianoforte scordato, per poter caratterizzare o più semplicemente per poter uscire dagli schemi/comfort zone.

Dopo un primo disco, ed un conseguente Ep che li ha portati a girare molto nell’est-Europa, tornano con un nuovo disco dove sono molte le sonorità e sensazioni che nascono dal suo ascolto. Ci sono suoni che aprono a paesaggi sonori aperti, ma che conservano una sorta di malinconia di fondo, creando un terreno empatico con l’ascoltatore di sicuro effetto, dal sentore estraneante.

Progetto molto interessante, dalle sfumature volutamente oscure; si affidano ai tarocchi per rappresentare ogni traccia, e non potevano fare associazione migliore. Una distorsione della realtà che convive e alimenta la stessa, sostituendosi e imponendosi in una visione acida e provocatoria della vita. “L’apparenza è ormai assimilabile alla realtà, le opinioni alla conoscenza…” (ctz.)
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