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Clean Feed Records

Avram Fefer Quartet – Juba Lee (Clean Feed Records, 2022)

R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

Il fiero cipiglio musicale del cinquantasettenne sassofonista Avram Fefer si è strutturato attraverso la musica R&B apprezzata in età giovanile per poi consolidarsi tecnicamente attraverso studi regolari al Berklee di Boston e al New England Conservatory. Suggestionato dalla personalità di fiatisti come Sonny Rollins, John Coltrane, Ornette Coleman e Stanley Turrentine su tutti, Fefer ha arricchito il suo sound poderoso con influenze africane e medio-orientali assorbite durante il soggiorno a Parigi, verso la fine degli anni ’80, a contatto coi musicisti neri di provenienza coloniale. Dopo una dura – ma proficua in termini di crescita musicale – gavetta francese a base di esibizioni per strada e conseguenti arresti da parte della polizia, nella seconda metà degli anni ’90 Fefer torna negli USA, stabilendosi a New York. Col tempo acquisisce una sonorità brillante sia al sax tenore che al contralto e dimostra tutto il suo personale debito non solo verso la tradizione ma anche verso il sound intricato e debordante del free. Il suo primo album da solista, Calling All Spirits, esce nel 2001 e da qui ne seguiranno altri dieci fino ad arrivare a questo ultimo Juba Lee. Accanto al trio collaudato dal 2009 con Eric Revis al contrabbasso – membro permanente del Brandford Marsalis Quartet – e Chad Taylor alla batteria, si aggiunge l’estroso chitarrista Marc Ribot, già presente nel precedente Testament del 2019, il cui stile eclettico – che personalmente tendo ad accomunare a quello di un altro chitarrista come Nels Cline – sembra consegnare una maggior simmetria ed un pizzico di equilibrio in più rispetto al suono rigoglioso del trio stesso. Lo stile di Fefer si muove da un post hard-bop fino al free transitando però nel mezzo di quelle parentesi modali tipiche della musica africana con le quali venne in contatto in Francia, elementi, questi ultimi, che concorrono a delineare in modo più completo il suo profilo stilistico.

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Roots Magic – Take Root Among the Stars (Clean Feed Records, 2020)

R E C E N S I O N E


Recensione di Mario Grella

In Frankiphone Blues di Phil Cohran, pezzo che apre questo gustoso lavoro, dal titolo Take Root Among the Stars prodotto da Roots Magic, si può ben dire che “in nuce” siano già presenti tutti gli stilemi del disco. Un groove “di spessore”, con una vena di forte spiritualità che pesca direttamente nella tradizione “afro”, ma anche nelle vibrazioni del blues. Del resto che le “radici” siano nelle stelle è un pensiero intimamente blues, oltre che una allusione metaforica piuttosto evidente. In realtà il titolo all’album è mutuato dalle parole di Octavia Butler, scrittrice americana e inventrice, se così si può dire, della “fantascienza malinconica”.

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