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Bruce Nauman – Neons Corridors Rooms @ Pirelli HangarBicocca, Milano

A R T E – M O S T R E


Articolo di Mario Grella

Forse non tutti sanno che Bruce Nauman, da giovane, aveva intrapreso studi matematici, ma invece di un razionalissimo matematico è diventato un razionalissimo artista, sfatando, ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, che arte e razionalità, spesso, molto più spesso di quanto si ami credere, non possano convivere. Ed è proprio applicando il metodo rigoroso dell’indagine scientifica che verità, spesso indiscusse e tramandate, possono non bastare a fornire una percezione univoca e rassicurante della realtà. Visitare la magnifica mostra Neons Corridors Rooms del Pirelli Hangar Bicocca di Milano conferma ampiamente questa tesi ed è quindi fortemente consigliato, fino al 26 febbraio, costringere il vostro corpo a visitarla, visto che anche il vostro corpo diventerà parte della ricerca del grande artista americano. Bruce Nauman usa il corpo (soprattutto quello del visitatore), come materiale scultoreo umano e le sue installazioni non potrebbero vivere senza il corpo di chi le attraversa e le percorre. Il corpo del visitatore si trova a vivere in una sorta di “dasein” per usare un termine caro all’esistenzialismo, nell’opera stessa. “Esserci” questa potrebbe essere la traduzione del termine tedesco: esserci per esperire ed essere esperiti.

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Dineo Seshee Bopape – Born in the first light of the morning [moswara’marapo] @ Pirelli HangarBicocca, Milano

A R T E – M O S T R E


Articolo di Mario Grella

Non è solo da oggi, che sono attratto dagli artisti africani molto più vivaci, molto più motivati, molto più attenti è molto più prolifici dei cosiddetti artisti occidentali (sempre che queste definizioni significhino ancora qualcosa). Allora se amate l’arte africana contemporanea (ma anche se non sapete neppure cosa sia e/o come sia) non dovreste perdervi Born in the first light of the morning di Dineo Seshee Bopape, allestita nello “Shed” del Pirelli HangarBicocca a Milano. Di solito a questo punto sarebbe d’uopo presentare l’artista. Mi limiterò a dire che Bopape è nata a Polokwane, in Sudafrica, nel 1981 ed è proprio il luogo di nascita, più che il prestigioso curriculum di studi, che dà profondissimo senso alla sua arte che, inutile negarlo, ha necessariamente a che fare con molte avanguardie artistiche della seconda metà del Secolo breve, nonostante queste ancestrali e remote radici. Video, installazioni, Land Art, sono i mezzi coi quali la Bopape costruisce il suo universo segnico e i “resti” di un mondo fattuale, costruito spesso da terra, roccia, fuoco e acque che, quasi invariabilmente, ritornano al tema più caro all’artista africana: il colonialismo e l’Apartheid. Ispiratrici di Dineo Seshee Bopape sono state numerose figure di scrittori e attivisti anti coloniali del sud del mondo, come lo psichiatra e attivista Frantz Fanon, lo scrittore Sol Plaatje, la scrittrice femminista afro-americana Audre Lorde, il sociologo Stuart Hall, l’attivista anti-Apartheid Winnie Mandela.

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Steve McQueen – Sunshine State @ Pirelli HangarBicocca, Milano

A R T E – M O S T R E


Articolo di Mario Grella

Se appartenete alla vasta categoria di persone che credono che l’arte sia in fondo un passatempo, o solo “la ricerca” del bello come dicono ministri, sottosegretari, docenti di liceo e assessori, allora fate a meno di leggere questo pezzo e, soprattutto, fate a meno di andare al Pirelli Hangar Bicocca per vedere Sunshine State, la magnifica ed inquietante esposizione video di Steve McQueen. Se al contrario, appartenete agli “altri”, alle teste matte come me (chiamiamoli così per comodità e brevità), allora andateci con convinzione, poiché i sei video e un’opera plastica del grande film-maker britannico, sono di valore assoluto. È inutile dire che entrare in uno spazio come quello dell’Hangar Bicocca è di per sé, una esperienza esistenziale, anche se lo spazio fosse privo di opere, perché qui è l’horror vacui, provocato dal gigantesco edificio, ad essere già sempre protagonista. E Steve McQueen questo lo sa, e proprio per questo, i video sono distribuiti in maniera assolutamente magistrale all’interno dell’Hangar: a proiezioni gigantesche si alternano proiezioni minuscole, a schermi semplici se ne accosta uno a doppia faccia.

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Maurizio Cattelan – Breath Ghosts Blind @ Pirelli HangarBicocca, Milano

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Articolo di Mario Grella

Non andate a vedere questa mostra perché potreste rimanere delusi, oppure andateci perché non vi deluderà. Dipende da quali emozioni cerchiate nell’arte. Anzi dipende da quali emozioni cerchiate tout court. La mostra che propone Pirelli Hangar Bicocca, è una mostra per tutti e per nessuno, come disse del suo “Also Sprach Zarathustra”, Friderich Nietzsche. In uno spazio colossale sono esposte “solo” tre opere-installazioni di Maurizio Cattelan, se vogliamo legate tra loro dall’idea del ciclo della vita, come affermano Roberta Tenconi e Vincente Todolì nella piccola e preziosa brochure; anche se non sono sicurissimo che Maurizio Cattelan la pensi necessariamente allo stesso modo. La prima è un’opera-installazione creata con un materiale nobile come il marmo di Carrara: Breath è composta da una figura umana in posizione fetale e dal suo cane (o forse da “un” cane), sdraiato accanto. Sono due piccole figure nell’immenso e buio atrio dell’Hangar. Chi sono? Sono una figura umana e un cane. Cosa rappresentano? Una figura umana e un cane. Forse si tratta di un clochard con il suo cane che ha trovato rifugio in un capannone industriale. Forse riposano. Forse no.

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Cerith Wyn Evans – ….the Illuminating Gas @ Pirelli HangarBicocca, Milano

A R T E – M O S T R E


Articolo di Mario Grella

Ci sono luoghi che sembrano costruire l’opera. Che figura farebbero le statue di Lorenzo il Magnifico, quella di Giuliano de’ Medici, quella del Giorno, della Notte, del Crepuscolo e dell’Aurora fuori dalla Sagrestia Nuova di San Lorenzo? Certo conserverebbero il loro pregio, ma ci sembrerebbero “fuori contesto”. Anche le ciclopiche installazioni di tubi al neon di Cerith Wyn Evans, fuori dal mistico spazio del Pirelli HangarBicocca, non sarebbero la stessa cosa.
Scultura allo stato gassoso, se vogliamo, la grandiosa installazione di Evans, che dopo le scorribande nella cultura underground e post-punk, della seconda metà degli anni Ottanta, nel corso dei quali il suo interesse è rivolto alla sperimentazione video, oggi sembra puntare verso le installazioni, utilizzando materiali più vari quali specchi, neon, piante, fuochi d’artificio, proiettori, strobosfere che gli consentono di intraprendere un lungo viaggio di natura sinestesica, attraverso luce, suono, tempo, materia/e.

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Daniel Steegmann Mangrané – A Leaf-Shaped Animal Draws The Hand @ Pirelli Hangar Bicocca, Milano

A R T E – M O S T R E


Articolo di Mario Grella

Non è poi così enigmatico il titolo della mostra al Pirelli Hangar Bicocca (fino al 20 gennaio), se si conosce Daniel Steegmann Mangrané. Anche in questa mostra (dopo “Broken Nature”della Triennale, dopo Nous les Arbres de la Fondation Cartier di Parigi, ma anche di tante altre più piccole), è la natura al centro dell’attenzione. Non è un caso e chi crede, che solo Greta Thunberg stia battendo la grancassa ambientalista, si sbaglia di grosso. Nel mondo dell’arte contemporanea le cose si stanno muovendo da almeno tre anni, ma si sa, secondo la vulgata corrente, l’arte contemporanea è riservata allo snobismo delle elites; può darsi sia vero, ma i veri indifferenti a me sembrano essere coloro che si chiamano fuori da questo cimento. Opinioni.

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Sheela Gowda – Remains @ Pirelli Hangar Bicocca, Milano

A R T E – M O S T R E


Articolo di Mario Grella

Solo qualche mese fa, in questo stesso ambiente, la prima campata dell’immenso spazio del Pirelli Hangar Bicocca, era installato un celebre igloo di Mario Merz. Anche oggi, in questo luogo, che sarebbe banale definire “magico”, ma che si è molto vicini al vero definendolo mistico, ancora un rifugio, una “shamiana”, una tenda della tradizione indiana, liberamente interpretata dalla grandissima artista Sheela Gowda, della quale l’hangar ospita una incantevole esposizione, Remains.
“Remains” significa rimanere, ma anche perdurare nel tempo e le opere di Sheela Gowda perdurano da sempre, dalla notte dei tempi, in una terra antica e misteriosa, per noi quasi incomprensibile.

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