R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

Quando un musicista diventa in un certo qual modo riconoscibile, significa che ha elaborato un proprio stile differenziandosi da tutti gli altri. Facendo riferimento proprio al sassofono, ad esempio, ultimamente mi è capitato di ascoltare lo strumento di Melissa Aldana – vedi qui – ricco di frequenti, arditi intervalli e di glissati a rimarcare quel certo scivolamento tra le note che ha caratterizzato il suo ultimo album e che rende identificabile la voce del suo tenore. Rimanendo nell’area riservata al sax, un altro musicista già passato sotto la lente di Off Topic come l’israeliano Oded Tzur, conferma oggi quel carattere molto peculiare che era già una prerogativa evidenziata nei suoi precedenti album, come ad esempio nel penultimo Isabela – leggi qui – uscito circa due anni fa. E infatti Tzur si presenta con la sua ultima fatica, My Prophet, sempre per l’etichetta ECM, continuando a lavorare sullo strumento così come aveva imparato dal suo importante maestro, l’indiano Hariprasad Chaurasia. L’uso di microtoni, cioè dei quarti di tono caratteristici di molta musica orientale, ha senz’altro contribuito attivamente a creare all’ancia di Tzur una forma strumentale ricca di quegli elastici, sottili sconfinamenti sonori che paiono slittare tra le note come lievi ondulazioni, quasi ad imitare alle volte il suono di un flauto. Il gruppo che accompagna il sassofonista israeliano è per i due terzi lo stesso di Isabela. Si riconferma infatti al pianoforte il sempre più poetico, debussyano Nitai Hershkovits (ne avevamo scritto anche qui) e al contrabbasso il greco Petros Klampanis. Stavolta, però, non c’è più lo statunitense Jonathan Blake – altra vecchia conoscenza di Off Topic – alla batteria, bensì il brasiliano Cyrano Almeida.

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