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Alberto Calandriello

Agnese Valle – I miei uomini (Maremmano Records / I.R.D., 2023)

R E C E N S I O N E


Recensione di Alberto Calandriello

È un mondo di uomini, ma non sarebbe nulla senza le ragazze e le donne. Lo diceva il padrino del soul, James Brown, condendo questa verità con la teatralità di cui era maestro inarrivabile. Lo pensa anche Agnese Valle, che si concede e ci regala un disco “al maschile”, dimostrando però che senza il tocco femminile, la musica, le emozioni, il mondo, la vita stessa sarebbero incompleti. Quarto lavoro per la cantautrice e musicista romana, primo esclusivamente da interprete, dopo un decennio di carriera nel quale si è tolta diverse soddisfazioni, come ad esempio il Premio della critica Amnesty International Emergenti 2020, il Premio Panseri 2018 ed il Premio della critica al Bianca d’Aponte 2016.

Quarto disco, come dicevamo di cover, con la caratteristica comune di essere tutti brani portati al successo da uomini e rivisitati da Agnese secondo la sua sensibilità. Uno sguardo attento, acuto e profondo, quello che propone tra le note de I miei uomini, pezzi che nelle sue mani acquistano sfumature e significati nuovi, in alcuni casi rifiorendo e scrollandosi di dosso un po’ di polvere.

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Pearl Jam – Dark Matter (Monkeywrench Records / Republic Records, 2024)

R E C E N S I O N E


Recensione di Alberto Calandriello

Dark Matter, o di quando una delle tue band del cuore smette di parlarti.

Ebbene si è successo ed onestamente non pensavo sarebbe successo con loro. Dark Matter, il nuovo recente album dei Pearl Jam, che sto ascoltando con insistenza dal giorno della sua uscita, non mi dice niente. Zero. Ma non nel senso classico, cioè che lo trovo brutto, insipido, no, nessuna valutazione tecnica, ma nel senso che lo ascolto, lo riascolto ed ogni volta che arrivo alla fine mi chiedo: e quindi?

Il mio maniacale e probabilmente poco sano rapporto con la musica ha in questo passaggio un punto fondamentale, una “conditio sine qua non”, soprattutto quando in ballo ci sono artisti con cui sono cresciuto; i Pearl Jam sono il gruppo della “mia” generazione, il gruppo dei miei 20 anni, quelli che ho scoperto in diretta, senza andare a ritroso come ho fatto per altre mie grandi passioni musicali.

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Ivan Graziani – Per gli amici (Numero Uno / Sony Music, 2024)

R E C E N S I O N E


Recensione di Alberto Calandriello

La soffitta è buia e polverosa, un bambino tiene per mano un giovane uomo, entrambi sono intimoriti da quel buio e da quella polvere, ma allo stesso modo emozionati perché stanno cercando un tesoro.

Anzi, il bambino lo sa bene dove sia il tesoro e sta accompagnandoci il giovane uomo, che pian piano inizia a crederci davvero e a fidarsi di quel bambino che gli ricorda qualcuno, qualcuno conosciuto anni prima, qualcuno che ora che lo guarda meglio, gli assomiglia un bel po’.

Entrambi i protagonisti di questa storia si chiamano Filippo e hanno il cognome di un famoso calciatore del Torino, ma anche di un cantautore, chitarrista e compositore che giusto 30 anni fa pubblicò il suo ultimo album in studio, per andarsene pochi anni dopo.

Fuor di retorica, mi immagino l’uomo Filippo Graziani farsi convincere dal bambino Filippo Graziani, quello che saltava sulle gambe del padre Ivan mentre era nel suo studio casalingo, ad approfondire quel “qualcosa” che era saltato fuori, magari non da una soffitta buia e polverosa, ma che aveva tutto l’aspetto di un tesoro.

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Michele Gazich e Federico Sirianni – Domani si vive e si muore (Nota, 2023)

R E C E N S I O N E


Recensione di Alberto Calandriello

Per approcciarsi in modo corretto al disco di Michele Gazich e Federico Sirianni dedicato ai testi inediti di Michele L. Straniero, bisognerebbe avere la voglia ed il tempo di approfondire la figura di Straniero e così facendo si entrerebbe in un vortice di conoscenza, cultura, storia e arte che ci farebbero quantomeno intuire una verità spesso taciuta o trascurata: la “canzone popolare” italiana, se proprio dobbiamo trovarle una definizione, è un tesoro inestimabile che andrebbe riscoperto come gesto rivoluzionario e di rispetto verso coloro che ne sono attori protagonisti.

E Straniero è sicuramente tra questi.

Ecco allora che provando ad affrontare queste righe, mi sono accorto di quanto ogni nome, ogni riferimento, aprissero capitoli sempre più interessanti della nostra Storia.

Sia detto subito quindi un enorme grazie a Michele Gazich e a Federico Sirianni ed uno forse ancora più grande a Giovanni Straniero (“nipote di”) che ha avuto l’intuizione vincente di affidare a loro una manciata di poesie inedite, intime, riflessive, affinché venissero musicate.

foto © Flavio Dal Molin

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Sabrina Napoleone – Cristalli sognanti (Lilith Label, 2023)

R E C E N S I O N E


Recensione di Alberto Calandriello

È uscito a metà ottobre scorso il terzo album di Sabrina Napoleone, cantautrice ed artista genovese, colonna portante dell’Associazione Culturale Lilith insieme alla sodale Cristina Nico, entrambe punti di riferimento ormai conclamati della scena musicale ligure.

Cristalli sognanti è un album nato in modo solitario ed introspettivo e poi via via apertosi a collaborazioni e scambi. Un percorso che trae spunto dalle esperienze personali e collettive di questi ultimi, particolarissimi, tre anni; un percorso che affronta il mettere in discussione le proprie certezze, il tradimento, la perdita della fiducia e la consapevolezza di poter contare solo su sé stessi.

Il tutto immerso in una atmosfera onirica come suggerisce il titolo, cristalli che riflettono immagini cangianti, mentre si cerca di capire se la dimensione in cui ci troviamo sia reale o di sogno.

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Il giorno prima dell’uscita del disco dei Rolling Stones

R E C E N S I O N E


Recensione di Alberto Calandriello

Girovagando tra i vari social network, mi capita spesso di leggere post che raccontano momenti passati (dalla merenda “pane olio e sale” al giorno in cui si facevano i lavoretti di Natale e si stava tutti attorno alla cattedra) e si concludono con “eri felice e non lo sapevi”.

Ecco, una cosa che non sopporto dei social, ma soprattutto di chi li usa ed ha passato i 45 anni di età, è questo continuo voler rivangare i “Bei tempi andati” come se il presente facesse schifo e il futuro fosse se possibile ancora peggiore; perché il vero senso di tutte ste parole è che “noi” (qualunque sia il noi di riferimento, da un punto anagrafico, basta che si sia diversamente giovani) siamo stati meglio di “loro” (i veramente giovani).

Che palle.

Premessa sui generis per una riflessione che mi frulla in tempo da un po’ e che si è concretizzata e definita giovedì 19 ottobre, ossia “il giorno prima dell’uscita del nuovo disco dei Rolling Stones”.

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Marino Severini – Quel giorno Dio era malato (Milieu Edizioni, 2023)

L E T T U R E


Recensione di Alberto Calandriello

“Quel giorno dio era malato
In un paese di pane e pietre
Nacque il figlio di un vulcano
E di un fiocco di neve”

Inizia così Le radici e le ali, brano che dà il titolo all’omonimo disco dei Gang del 1991 e che contiene più di un caposaldo non solo della loro discografia, ma anche e soprattutto del loro pensiero politico e sociale. Da questa strofa Marino Severini, fondatore della band insieme al fratello Sandro, estrae l’incipit e lo sceglie per il suo primo libro, scritto insieme ad Alberto Sebastiani, e pubblicato da pochi mesi per Milieu Edizioni.

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Filippo Andreani – Detto tra noi (Hellnation/Ammonia Records, 2023)

R E C E N S I O N E


Recensione di Alberto Calandriello

La musica è fondamentalmente uno strumento per esprimersi, per raccontare, inventare, denunciare, trasmettere. Ognuno può farne ciò che vuole, da creatore e da fruitore. Ognuno può prendere e dare ciò che desidera, che vuole, che riesce dalla musica, dalla sua scrittura o dal suo ascolto.

Filippo Andreani ha scelto e deciso che per lui la musica fosse il modo per trasmettere valori e testimonianze e più o meno consciamente, lo fa da artista e, date le sue radici e le sue passioni, immagino anche da appassionato ascoltatore.

I dischi di Filippo sono pieni di persone, di modelli, di testimoni, di eroi, magari non sempre riconosciuti come tali; sono pieni dei valori in cui Filippo crede e che non dimentica mai di assorbire nelle sue note e nelle sue strofe.

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Bruce Springsteen @ Circo Massimo, Roma – 21.05.23

L I V E – R E P O R T


Articolo di Alberto Calandriello

Il concerto di Bruce Springsteen al Circo Massimo, dovessi e sapessi raccontarlo in pochissime parole, lo racconterei con la strofa di Letter to you: «Le cose che ho trovato attraverso i tempi difficili e i buoni, le ho scritte tutte con inchiostro e sangue. Ho scavato nel profondo della mia anima e ho firmato col mio nome vero e le ho inviate nella mia lettera a te».

Una sensazione, che accompagna da tempo le sue novità discografiche, è che sia il momento dei bilanci, dei rendiconti e, con calma e senza fretta, ma con la consapevolezza che siano inevitabili, degli arrivederci.

Non sarà un addio, perché, sempre citando un pezzo dal penultimo album, «Quando tutte le nostre estati saranno finite ti rivedrò nei miei sogni; ci incontreremo, vivremo e rideremo di nuovo», ma è innegabile che la Grande Storia Americana che Bruce più di ogni altro ha contribuito a cantare e raccontare stia arrivando alle pagine conclusive ed è giusto che nel farlo non si perda nemmeno una briciola di tutto il bello che c’è stato, nei precedenti capitoli.

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