Ricerca

Off Topic

Solo contenuti originali

Tag

Emme Record Label

Barba Negri Ziliani – Orpheus In The Underground (Emme Record Label, 2022)

R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

Certo non si può parlare di musica impolverata dal Tempo, riguardo a questa che ascoltiamo dal trio Riccardo BarbaNicola ZilianiFederico Negri. Prima di tutto per la giovane età dei tre protagonisti – nessuno di loro raggiunge la quarantina – e in secondo luogo perché anche se il loro ultimo album Orpheus in the Underground è una sorta di fenditura spazio-temporale attraverso cui sbirciare gran parte della storia della Musica – mi rifaccio ad un’intervista condotta al trio da Carlo Cammarella e apparsa su Jazz Agenda nel maggio di quest’anno – ai tre musicisti riesce comunque un’operazione indovinata, pur decisamente ambiziosa, di cui tutto si può dire tranne che rispecchi tout court il passato. Si tratta di composizioni di ardua collocazione, dato che in questo disco si ascolta tutto, jazz, rock, musica sinfonica, classica contemporanea, con riferimenti espliciti a gruppi come Radiohead, E.S.T., Genesis, Bad Plus ed altro ancora. L’atteggiamento globale è quello della ri-composizione della forma musicale in genere, frazionando, ricucendo, inserendo suoni e suggestioni di svariato assetto e impronta al fine di ottenere un risultato veramente insolito a cui tutto si può rimproverare tranne che annoiare. In effetti momenti di Bellezza ce ne sono a volontà, così come peraltro frangenti confusivi in cui sembra che si proceda un po’ a tentoni, come quando s’imbocca un labirinto in cui si perda temporaneamente l’orientamento. Ma quando si recupera il verso giusto beh allora è veramente una sorpresa. L’ipotesi di delineare un’idea di jazz contemporaneo ci può stare, a patto di attribuire al termine jazz un significato molto più ampio di quello che abitualmente intendiamo. Non si tratta di valutare il ruolo di qualche effetto elettronico o la resa di un certo strumento o quel passaggio armonico più o meno audace, quanto la percezione fondante alla base di questa musica, ormai profondamente mutata da almeno vent’anni a questa parte. Riccardo Barba & soci sembrano consapevoli di questi cambiamenti e sono convinto pensino al jazz non come ad un insieme di canoni collaudati ma ad una forma mutevole, una creta malleabile a cui dare ogni volta un aspetto diverso. A partire dal fatto che l’equilibrio tra le parti musicali scritte ed improvvisate, all’ascolto, appare a favore delle prime – che è già piuttosto insolito per dei jazzisti – i linguaggi utilizzati si sovrappongono, si mescolano in un’interessante babele di significati che in fondo rispecchiano la struttura della società contemporanea dove tradizioni e modernità si mescolano in un abbraccio ambiguo, dai fini non sempre prevedibili. Un po’ come l’inclassificabile musica di questo Orpheus, il personaggio del mito greco, in grado sia d’incantare le sirene – moderne – ma anche di smarrirsi nell‘underground londinese piuttosto che nell’Ade della tradizione classica. La ripartizione strumentale vede Barba al piano, alle tastiere a al synth, Ziliani al contrabbasso e Federico Negri alla batteria. In un brano è presente anche un organico di dieci elementi – i loro nomi, come sempre, li elencherò alla fine della recensione – più la tromba di Flavio Sigurtà.

Continua a leggere “Barba Negri Ziliani – Orpheus In The Underground (Emme Record Label, 2022)”

Max Giglio – Cities and Lovers (Emme Record Label, 2022)

R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

Il termine crooner, in italiano, viene abitualmente tradotto come “cantante confidenziale” anche se il verbo “to croon”, in inglese, significa “canticchiare, cantare sottovoce”. Si allude quindi ad un’espressione delicata, non aggressiva, in cui valga molto di più la comunicazione emotiva che non la pura potenza vocale. Possiamo ricordare facilmente alcuni grandi cantanti del passato, crooner che hanno contribuito alla storia del jazz, come Sinatra, Tony Bennett, Dean Martin, Nat King Cole per citarne alcuni tra i più famosi. Ed anche alcuni nomi risonanti ai giorni nostri, come Michael Bublè, Kurt Elling, così come le voci femminili di Diana Krall o Patricia Barber ed altri ancora. In Italia, chi come me ha qualche anno in più sulle spalle, si ricorderà di Nicola Arigliano, Johnny Dorelli, Teddy Reno, passando per Fred Bongusto fino al contemporaneo Paolo Conte. Insomma, la tradizione di questa tipologia di canto “riservato”, pur cedendo palmi di terreno all’avvento del soul e del rock, non è mai scomparsa ed ha continuato a sussistere adattandosi spesso a vivere anche sottotraccia sostenuta da tutti coloro che hanno contribuito a crederci e ad appassionarsi a questa morbida forma di espressione musicale. Chi certamente ci scommette ancora molto è Max Giglio, cantante, musicista e compositore torinese, che ha vissuto gran parte della sua formazione e della crescita artistica tra la propria città natale e Genova. Questo nuovo album Cities and Lovers è laseconda prova discografica in assoluto di Giglio, dato che il suo vero esordio è stato all’interno del Progetto Sabià, con un lavoro, Arco-Iris (2018), dedicato alla musica brasiliana. In questo ultimo disco si racconta una sorta di meta-mondo in cui gioie e tristezze vengono mitigate e rese piacevolmente sostenibili, dove gli eccessi sono banditi a favore di una visione un po’ romantica della vita ma non ingenua né condotta con languori eccessivi e nella quale l’onestà e la sincerità intellettuale sono riferimenti ineludibili. In questa dimensione ideale dell’esistenza, Giglio si muove attraverso un’interpretazione delicatamente demodè, con una voce intrigante condotta su timbriche medio-scure, senza toni cavernosi e capace anche di salire d’intensità quando occorre. Naturalmente l’intonazione è quella precisa di chi il canto l’ha studiato a lungo e non lo ha solo sperimentato istintivamente. In alcuni momenti, soprattutto quando il testo è scritto in italiano, nel modo in cui Giglio insiste arrotondando certe vocali, mi sembra di cogliere delle inflessioni che mi hanno fatto pensare al modo di cantare di Luigi Tenco.

Continua a leggere “Max Giglio – Cities and Lovers (Emme Record Label, 2022)”

Andrea Cappi Multibox – Eleven Tokens (Emme Record Label, 2022)

R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

Il primo aspetto che mi ha coinvolto di questo album è stata la copertina. Mi ha ricordato i dipinti di Josef Albers, il pittore tedesco astrattista che venne più o meno direttamente influenzato da Albert Einstein e dagli studi sulla relatività assoluta riguardanti il nuovo concetto dello “spazio-tempo”. Le forme pittoriche geometriche assumevano con Albers uno slittamento di stabilità, perdendo gli usuali contatti con la dimensione dello spazio, scivolando così non solo verso nuove prospettive ottiche ma creando l’illusione di un’oscillazione temporale, qualcosa che insomma minasse alla base le certezze delle strutture formali fino ad allora accettate. Cosa possiamo invece raccontare della musica che si ascolta in questo lavoro del tastierista Andrea Cappi, Eleven Tokens? Se i Soft Machine, invece di formarsi alla fine dei ’60, si fossero organizzati in questi anni, probabilmente avrebbero suonato come A.C. Multibox, tenendo conto di tutti i cambiamenti – come nel caso dei dipinti di Albers – che certe innovazioni apportano nel mondo della cultura e dell’Arte. L’inserimento di ritmi dub, l’affacciarsi dei campionamenti nu-jazz, una certa tendenza a reiterare le frasi musicali, l’esordire della “fusion” e naturalmente l’evoluzione propria della musica jazz, hanno sicuramente modificato i connotati di quella cangiante forma sonora che veniva chiamata, un tempo molto più che ora, jazz-rock o rock-jazz – invertendo l’ordine degli addendi il risultato non cambia. L’album di A.C. Multibox è talmente pregno di influssi, derivazioni, ricordi, idee rielaborate e naturalmente di jazz moderno – nonché di richiami rock e funky – che pur non brillando di originalità si dimostra essere molto interessante e stimolante, un ottimo esempio di come la musica odierna possa percorrere molte strade contemporaneamente, restando però sempre disposta a riassettarsi e ad adattarsi ai tempi in continua evoluzione. Nonostante Eleven Tokens sia il primo album che veda Cappi come titolare, il musicista emiliano non è un esordiente. Se si escludono, infatti, un paio di passate autoproduzioni, possiamo ascoltarlo in due precedenti lavori sia con i Flown, un trio che fece uscire un disco omonimo nel 2019 dal contenuto più “essenziale” rispetto a Eleven sia con il quartetto Noctua che nel 2020 pubblicò Wrapped in a lush dream, consigliatissimolavoro di cui ricordo la compartecipazione, tra l’altro, degli ottimi interventi vocali di Lucia Dall’Olio.

Continua a leggere “Andrea Cappi Multibox – Eleven Tokens (Emme Record Label, 2022)”

Rosario Giuliani, Pietro Lussu – Tribute to Bird (Emme Record Label, 2021)

R E C E N S I O N E


Recensione di Aldo Pedron

Tribute To Bird è un viaggio nell’immaginario e nella poetica di uno dei più grandi musicisti di tutti i tempi, Charlie Parker. Si tratta del più recente lavoro del sassofonista Rosario Giuliani e del pianista Pietro Lussu, due tra i musicisti più rappresentativi del Jazz italiano, uniti da oltre due decenni (dal 1996) di collaborazioni e di amicizia. Un sodalizio artistico fra il sassofonista e il pianista assai duraturo, di vecchia data, figlio non solo dell’immensa stima reciproca, ma anche di un profondo rapporto umano, tanto che condividono un’infinità di palchi a tutte le latitudini e numerosissimi studi di registrazione.
Non un semplice omaggio al genio di Charlie Parker, bensì un tuffo nell’intelletto di un grande artista che parte dal rispetto per la tradizione. Il sassofonista di Terracina (Latina), noto anche per la sua presenza ad Umbria Jazz Winter ha deciso di dedicare un album al grande sassofonista e icona del Bop, Charlie “Bird” Parker. Charlie Parker raccontò di avere accidentalmente “creato” il bebop mentre improvvisava suonando Cherokee, un brano di Ray Noble. I brani di Charlie Parker sono standard ma fuori da ogni convenzione.
Un progetto che nasce nel centenario della sua nascita (Charlie Parker è nato il 29 agosto 1920 a Kansas City). La musica di Parker è già stata suonata da chiunque, per cui questo progetto senza basso e batteria prende un significato speciale nella rilettura e nuova interpretazione e con uno stimolo inedito per il duo che propongono la sua musica con grande rispetto.

Continua a leggere “Rosario Giuliani, Pietro Lussu – Tribute to Bird (Emme Record Label, 2021)”

Sophia Tomelleri 4tet – These Things You Left Me (Emme Record Label, 2021)

R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

Non mi vengono in mente molti nomi di sassofoniste in ambito jazzistico, almeno per quel che riguarda l’Italia. A parte la grande Carla Marciano, tra i più grandi interpreti coltraniani che abbia mai ascoltato, la scoperta di questa giovane musicista milanese, non ancora trentenne, mi ha decisamente incuriosito. Generalmente le musiciste jazz sono più impegnate nel canto o in strumenti come il pianoforte e, ultimamente, anche nel contrabbasso – penso, ad esempio, a Federica Michisanti e ad Antonella Mazza. A prendere possesso di questo feticcio tipicamente maschile, cioè il sax, è Sophia Tomelleri, nipote di Paolo Tomelleri, affermato saxofonista jazz ma che fu molto attivo anche nel campo della musica leggera, soprattutto nell’area milanese. Sophia ha iniziato dal sax contralto e dalla musica classica, spostando via via i suoi interessi al jazz e al sax tenore, attraverso un percorso di crescita che, dopo il diploma di Conservatorio, ha visto perfezionare la sua formazione prima a Monaco di Baviera e poi a Parigi, ponendo infine le proprie basi a Milano. Diciamo subito, a scanso di equivoci, che ci troviamo di fronte ad una sassofonista tradizionale ma non troppo, avendo radici nell’hard bebop più classico ma che non disdegna certe fioriture sonore più contemporanee, rimanendo però distante da increspature atonali e forzature free. Quello che colpisce è la voce del suo sax, molto morbida e personale. Una timbrica “mellow”, a tratti decisamente scura, che da un lato accende in parte il ricordo di Johnny Hodges e talora si avvale dell’impronta di gente come Gene Ammons o Sonny Stitt.

Continua a leggere “Sophia Tomelleri 4tet – These Things You Left Me (Emme Record Label, 2021)”

Sito web creato con WordPress.com.

Su ↑