R E C E N S I O N E
Recensione di Riccardo Talamazzi
Ci sono due tipi di solitudine. Quella ricercata e desiderata come un rifugio temporaneo per proteggersi dalle distorsioni del mondo e quell’altra invece subita, conseguente all’incapacità di trovare un’adeguata collocazione alla nostra esistenza, con l’impossibilità di creare una rete soddisfacente di legami con gli altri. Ma se la prima prelude ad un più vigoroso e rinnovato esame di realtà la seconda ci condanna a un monocorde ripiegamento su noi stessi, predati da improbabili e irrealizzabili sogni. È questo, in estrema sintesi, il succo di un racconto di F. Dostoevskij, Le notti bianche, pubblicato nel 1848, sulla cui traccia Luchino Visconti diresse un film che uscì nel 1957, in cui il protagonista – Marcello Mastroianni – vive il suo incontro con Natalia – Nasten’ka nel racconto dello scrittore russo – vagando nottetempo in preda alle sue fantasie per Livorno, anziché nella originaria San Pietroburgo. Anelando un’improbabile storia d’amore, il sognatore notturno si vedrà sfuggire la speranza tra le dita, incapace di superare le proprie convinzioni limitanti che lo trascinano all’interno di un illusorio mondo fittizio. The White nights suite è appunto il titolo di questa nuova uscita di Danilo Blaiotta, giovane pianista calabrese di trentaquattro anni, che presenta un lavoro in trio con gli stessi compagni d’avventura del precedente album Departures del 2020, e cioè Jacopo Ferrazza al contrabbasso e Valerio Vantaggio alla batteria. C’è anche da segnalare, in questo nuovo contesto, la preziosa collaborazione di Achillle Succi ai fiati – con il quale Blaiotta ha inciso Crabs nel 2019 – e di Stefano Carbonelli alla chitarra insieme a Fabrizio Bosso alla tromba. L’idea di un commento musicale delineato sulla sceneggiatura di un romanzo o di un racconto non è certo nuovo e a Dostoevskij si ispirò ad esempio anche Bob Dylan nella stesura di numerosi suoi testi.

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