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Iosonouncane @ Balena Festival – Genova, 15 luglio 2021

L I V E – R E P O R T


Articolo di Luca Franceschini

Al Balena Festival ci ero stato un paio di anni fa ed ero rimasto favorevolmente impressionato: ottimo cartellone, location pregevole, organizzazione efficiente, suoni perfetti. Quest’anno la rassegna genovese rientra in campo e lo fa nel migliore dei modi, con una line up che include le cose più interessanti che si stanno vedendo in questi mesi in Italia. Ci sarebbero dovuti essere anche i Black Country, New Road, ma sappiamo tutti com’è andata, speriamo davvero di rifarci a fine agosto al TOdays. Detto questo, i nomi coinvolti, seppure confinati al nostro paese, rimangono ugualmente di livello.
Quest’anno c’è stato un piccolo cambio logistico: siamo sempre al Porto antico ma all’Arena del mare, cosa che garantisce un suggestivo colpo d’occhio, col tramonto e le grandi navi da crociera che arrivano e partono in continuazione. Per il resto, l’organizzazione è sempre molto efficiente, il palco è grande e la visibilità è garantita a tutti. Insomma, è quello che speravo di ottenere nel momento in cui ho deciso di vedere un’altra volta Iosonouncane, dopo la già comunque ottima data di Ferrara: lì i volumi erano decisamente bassi ed il contesto del parco risultava troppo dispersivo, ero uscito soddisfatto ma sentivo che mancava qualcosa.

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She’s Analog – What I Bring, What I Leave (Auand, 2020)

R E C E N S I O N E


Recensione di Mario Grella

Nello scorso mese di settembre è arrivato sul mercato un oggettino sonoro di tutto riguardo confezionato da Stefano Calderano (chitarra, effetti), Luca Sguera (rhodes, prophet) e Giovanni Iacovella (batteria, live electronics). Il gruppo si chiama She’s Analog e il lavoro What I Bring, What I Live, prodotto da quella piccola ma inesauribile miniera di novità che è la Auand Records. Dopo aver rimosso il cellophane, quello della bella ed inquietante copertina che riproduce un’opera di Manuela Naddeo, comincerei a parlare dell’oggettino prendendo spunto da uno dei pezzi più minimali e, a mio modo di vedere, più originali del disco, Revolution.

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Luca Sguera AKA – Berlin Sessions (Auand, 2020)

R E C E N S I O N E


Recensione di Mario Grella

Cominciamo dagli Aka. Chi sono? Sono un popolo pigmeo che vive tra le Repubblica Centrafricana e il Congo. Quindi si potrebbe pensare che Luca Sguera, valente compositore e pianista, si sia ispirato a questo popolo e che per fare l’eccentrico abbia scelto questo nome suggestivo per dare un titolo al suo ultimo lavoro. Non è così, perché, in realtà, gli Aka non sono stati scelti a caso. La loro musica è stata oggetto di moltissimi studi di musicologia anche per il suo carattere polifonico e studiata da registrazioni in loco da Simha Arom, etnomusicologo francese. Ma non basta: molti compositori hanno tratto ispirazione dalla loro musica, come per esempio Steve Reich, il pianista Pierre-Laurent Aimard e, in particolare, il compositore ungherese György Ligeti che tutti conoscono.

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Luca Sguera AKA – Io ho l’impermeabile, tu le ali [anteprima video]

 A N T E P R I M A   V I D E O


Articolo curato da Luci

Si rinnova il piacere di offrirvi in anteprima un nuovo brano (il terzo) estratto dalla sessione Berlinese del progetto AKA, tenutasi lo scorso mese di giugno all’interno dello studio di registrazione del Jazz Institut di Berlino.
Ci siamo rivolti direttamente a Luca Sguera per farci raccontare al meglio come è nato Io ho l’impermeabile, tu le ali:

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Luca Sguera AKA – Arp [anteprima video e intervista]

A N T E P R I M A   V I D E O


Articolo curato da Luci

Abbiamo il piacere di offrirvi in anteprima Arp secondo brano estratto dalla sessione Berlinese del progetto AKA, tenutasi nel mese di giugno all’interno dello studio di registrazione del Jazz Institut di Berlino, con l’ausilio del fonico Gert Muller e Jannis Bach e Leon Kuklinsky di KUBAFilm.
Il primo May, 23rd è stato pubblicato venerdì scorso da The New Noise. Il pezzo, che la formazione ha già suonato più volte dal vivo, è nato da tre suggestioni melodiche che si incastrano ritmicamente andando a formare un pattern che ricorda gli arpeggiatori della musica elettronica. Proprio per questo approccio, la parte centrale del brano, fuoriesce da un’improvvisazione timbrica iniziale, suona ripetitiva, meccanica e artificiale, creando un affascinante contrasto con una linea melodica molto semplice e tonale che chiude l’esecuzione.

Incuriositi da questo progetto musicale, che comprende anche Francesco Panconesi (sax tenore), Alessandro Mazzieri (basso ed elettronica) e Carmine Casciello (batteria), abbiamo rivolto alcune domande al pianista Luca Sguera, che ha dato origine al tutto.

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