Articolo di Giovanni Tamburino
Carlo Corallo è un artigiano della parola. È giovane e ha lo sguardo del mastro siciliano, che nella ruvidezza spoglia del tronco e della pietra sta già tracciando architetture e forme che passano da ieri a oggi con la semplicità di un bambino che cresce giorno dopo giorno.
È quasi possibile, col tocco del polpastrello, sentire la levigatura, gli angoli, come ogni parola sia presa, piegata dolcemente e adattata alla forma, al compito che ha all’interno dell’opera.
Le impressioni che già nel 2019 avevano accompagnato il suo primo album Cant’Autorato diventano certezza con l’uscita del suo secondo progetto. Quando le canzoni finiscono è la risposta di Carlo alle sue esigenze personali di narrazione, ma anche una presa di posizione al mondo che lo circonda. In un contesto musicale in cui a cambiare è prima di tutto la modalità di ascolto, la premura di Carlo non è il successo mainstream, ma anzi impone di sedersi con lui. Rallenta, esplora, assapora il gusto di ogni brano, scoprendo livelli di narrazione sempre nuovi, in cui la riflessione, il vissuto, l’onirico e l’istinto coesistono e mutano all’unisono.
