CARL BRAVE X FRANCO 126

Articolo di Luca Franceschini, immagini sonore di Maria Macrì

Le mie riflessioni su trap, it pop e compagnia bella le ho scritte qui, nell’articolo che parla del concerto di Coez.
Ora invece vi racconto la seconda serata…

Per quanto riguarda Carl Brave x Franco 126 c’è da fare un discorso diverso. Carlo Luigi Coraggio e Franco Bertollini, hanno iniziato una collaborazione che avrebbe dovuto limitarsi ad un paio di pezzi appena, hanno finito per scrivere un intero disco, “Polaroid”, uscito lo scorso anno e uno dei casi più eclatanti nel campo dell’Indie Pop del nostro paese. Rispetto a Coez, qui c’è una maggiore ricerca sonora, un muoversi attraverso influenze diverse, che possono pure prendere l’Hip Pop come punto di riferimento ma che poi piano piano si allargano fino ad abbracciare un panorama più ampio, fatto di chitarre acustiche, fiati, di un gusto mediterraneo che mescola con disinvoltura la musica latina al Pop da classifica, il cantautorato col cazzeggio all’autotune tipico della Trap.
Il tutto condito da testi impressionistici, istantanee fulminee e profondamente generazionali, per raccontare una Roma vissuta strada per strada, tra amori adolescenziali, feste e scorribande in motorino. Linguaggio ultra contemporaneo, sia come riferimenti culturali, sia come utilizzo delle espressioni gergali ma una capacità di descrivere il proprio tempo che, a mio parere, nessuno aveva ancora fatto così bene.

CARL BRAVE X FRANCO 126

Più che comprensibile, dunque, se anche questa sera a Collegno, nell’ambito dell’ottimo Flowers Festival, è pieno di tantissimi ragazzi giovani che cantano entusiasti, anche se la data non è sold out come quelle di questo inverno.
Il loro live è corposo (21 pezzi per quasi due ore di durata) e credibile quanto basta, con una band di sei elementi comprendente anche tromba e sassofono, un ampio utilizzo di chitarre, sia acustiche che elettriche, con due o tre momenti in cui sono comparsi addirittura degli assoli, in uno sconfinamento nel rock classico per la verità piuttosto inusuale.
Una band solida, dicevamo, composta da musicisti che si conoscono a memoria e che, pur senza strafare, riproducono i brani in maniera frizzante e dinamica. Carl e Franco, sono invece dei simpatici caciaroni che si muovono allegramente per il palco, interagiscono molto con il pubblico e utilizzano l’autotune in modo tutto sommato discreto, perché alla fine, nonostante tutto, sanno cantare o comunque hanno imparato a farlo (chi c’era ai primi concerti ha detto che non se la cavavano proprio benissimo).
Ci sono però due problemi. Il primo sono i volumi: fin troppo confuso l’impasto degli strumenti (è migliorato in corso d’opera ma non tantissimo), troppo alto il livello delle voci rispetto al resto. Il secondo, ahimè, riguarda l’interazione tra i due: se su disco, complice il lavoro di produzione, il rapporto tra le due voci appare fluido e senza soluzione di continuità, qui il vizio di cantarsi sempre sopra, con uno che fa una strofa e l’altro che doppia tutte le ultime frasi, spesso senza armonizzare, dà parecchio fastidio, soprattutto perché le due voci sono allo stesso livello di bilanciamento. L’impressione, dunque, è di gran casino, come se i testi fossero urlati per le strade, utilizzati come pretesto per fare un po’ di caciara e non messi davvero al servizio della musica.

CARL BRAVE X FRANCO 126

L’effetto generale quindi è confusionario, come se la band andasse da una parte e loro dall’altra. La gente non se ne accorge, comunque, e continua a partecipare con grande entusiasmo ma sempre molto composta, senza quelle scene di isterismo collettivo che mi sarei aspettato di vedere.
Devo dire la verità: all’inizio ero un po’ scettico poi, col procedere dell’esibizione, mi sono un po’ abituato a questo andazzo e mi sono ritrovato ad ondeggiare anch’io al ritmo della musica e a cantare i ritornelli dei pezzi.
Il concerto si apre con “Solo guai” e vede presenti tutti i brani di “Polaroid”, compresi i singoli che sono stati pubblicati in seguito ed inclusi nella versione “2.0” del disco. A metà c’è anche uno spazio dedicato all’esordio solista di Carl Brave, “Notti brave”, uscito un mese e mezzo fa, che ancora non era stato portato dal vivo. Ne vengono eseguiti cinque pezzi e qui forse si poteva scegliere meglio, perché gli episodi coi featuring (penso soprattutto a “Fotografia”, con Fabri Fibra e Francesca Michielin e a “Camel Blu”, impreziosita da un cameo di Giorgio Poi) appaiono fortemente penalizzati dall’assenza dei diretti interessati, con le loro voci registrate che hanno solo peggiorato la situazione. Molto meglio “Pub Crawl”, allora, un gran bel pezzo con un andamento spagnoleggiante, probabilmente una delle migliori del disco.
Nel finale arriva anche “Interrail”, realizzata assieme a Frenetik & Orang3 e “Barceloneta”, con la parte che fu di Coez riprodotta grazie al contributo del pubblico. Si chiude, come è giusto che sia, con una “Pellaria” il cui ritornello viene ripetuto fino all’ossessione, in un’atmosfera di festa e cazzeggio che ha ormai raggiunto l’apice.
A conti fatti bisogna dirlo: sia Coez che Carl Brave X Franco 126 stanno meritando in pieno di stare dove stanno e se sapranno giocare bene le loro carte, potremmo vederli arrivare anche più in alto. Dal vivo però, nessuno dei due è ancora riuscito a mettere in piedi un live totalmente efficace ed esente da critiche. Col tempo potrebbero riuscirci, per carità. Al momento però, almeno per quanto mi riguarda, l’ascolto dei loro dischi rimane un’esperienza migliore del vederli dal vivo.

THE ANDRE’

Menzione particolare per The André, la divertente invenzione delle canzoni Rap, Trap e It Pop rilette alla maniera di Fabrizio De André. Nato come scherzo su YouTube, gli esperimenti di questo ragazzo la cui identità è al momento ancora segreta (in alcune interviste ha dichiarato di venire dal Friuli ma non ne sappiamo molto di più) sono stati infine portati dal vivo e ha aperto il concerto di Collegno. Sono in due, voce e chitarra, tastiere e cori, ogni tanto c’è qualche inserto di armonica. Fa un effetto strano, sentire le canzoni di Marracash, Lo Stato Sociale, Dark Polo Gang, Carl Brave X Franco 126 (lo show si apre proprio con la loro “Pellaria”) rilette in chiave acustica, con un’inflessione vocale che è in effetti mostruosamente simile a quella del grande autore genovese.
In alcuni casi, addirittura, il testo risalta in maniera tutta particolare e ci si rende conto che questi artisti, per quanto vituperati, sanno anche scrivere cose interessanti, utilizzando un linguaggio fin troppo appiattito sullo standard da social network ma non privo di guizzi di originalità.
Il pubblico ascolta, ride, applaude, qualcuno urla loro di smettere. In generale, non ci pare abbia ricevuto una brutta accoglienza.
Ecco, forse potrebbe essere questa la morale della storia: musica “vecchia” e musica “nuova” sono due categorie obsolete, forse anche irrealistiche. È solo un problema di linguaggi, dopotutto: e se uno come The André può diventare un fenomeno virale fino al punto da convincere qualcuno ad organizzargli un tour, è perché un punto di incontro tra questi linguaggi può essere trovato. Che non vuol dire che adesso, di punto in bianco, tutti gli adolescenti si metteranno ad ascoltare “Storia di un impiegato”. Ma almeno qualcuno di loro si renderà conto che esiste una tradizione e che quel che ascoltano non è così slegato da essa.

CARL BRAVE X FRANCO 126
CARL BRAVE X FRANCO 126
THE ANDRE’
CARL BRAVE X FRANCO 126
CARL BRAVE X FRANCO 126
CARL BRAVE X FRANCO 126