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CINEMA

La Quattordicesima Domenica Del Tempo Ordinario – di Pupi Avati (Italia, 2023)

C I N E M A


Articolo di Barbara Guidotti

Amo Pupi Avati, la grazia con cui sa affrontare i temi del nostro vivere – nei film più intimisti – come pure le altre sfaccettature di un narratore che ha saputo attraversare con efficacia molti stili, compreso l’horror (ricordiamo il recente Signor diavolo).
Con La quattordicesima domenica del tempo ordinario torna in uno scenario ideale, la sua Bologna, per una storia autobiografica in cui troviamo tutti gli ingredienti con i quali potrebbe dar vita a un ottimo film: nel rimando continuo fra presente e passato, nostalgia e rimpianto, speranza e disillusione, sogno e fallimento, gioventù e vecchiaia la sua storia conserva tuttavia qualcosa di incompiuto, come un tentativo non pienamente riuscito, un’emozione che non riesce a dispiegarsi.

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Mon crime – La colpevole sono io – di François Ozon (Francia, 2023)

C I N E M A


Articolo di Mario Grella

Ho sempre avuto una insana passione per i film puramente estetici. Perché, se non fosse chiaro, Mon crime del bravo regista François Ozon, non è un film sulle conquiste del nascente femminismo, benché contenga, in forma sublimata ed ideale, un forte messaggio sul binomio donna-potere. Madeleine Verdier è un’aspirante attrice che viene molestata da un potente uomo d’affari che, poco dopo, viene ucciso da una sua ex. Madeleine é sbarcata a Parigi con una valigia piena di sogni e qui incontra Pauline Mauléon un’avvocatessa, poi coinquilina e amica, che l’aiuterà a trasformare quell’accusa ingiusta nel trampolino di lancio per la sua carriera.

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Il sol dell’avvenire – di Nanni Moretti (Italia, 2023)

C I N E M A


Articolo di Mario Grella

Non sembra dare nessun segno di cedimento il filone del metacinema. Dopo The Fabelmans di Steve Spielberg, Babylon di Damien Chazelle, Empire of Light di Sam Mendes, dopo il documentario Laggiù qualcuno mi ama di Mario Martone, Quando di Walter Veltroni, Il ritorno di Casanova di Gabriele Salvatores, e si badi, solo per citare film degli ultimi tre-quattro mesi, ecco l’ennesimo film che parla di cinema, Il sol dell’avvenire di Nanni Moretti che, tra i film da me appena citati, si piazza sicuramente “secondo” dietro solo all’irraggiungibile The Fabelmans. Giovanni (Nanni Moretti), è un regista, anzi Giovanni è “il” regista Nanni Moretti che sta cercando di terminare un film, ambientato in una sezione del Partito Comunista Italiano situata in una periferia romana, quando la sezione e il partito stesso sono travolti dalla notizia dell’invasione sovietica di Budapest del 1956.

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Air – La storia del grande salto – di Ben Affleck (Usa, 2023)

C I N E M A


Articolo di Mario Grella

“…La moda non vende oggetti o cose, la moda vende segni…” Questo è ciò che affermava Roland Barthes in un libro di molti anni fa che si intitolava Il sistema della moda. Non si può non partire da questo assunto per comprendere appieno la moda e, di conseguenza, anche questo film. Occorre tuttavia fare anche un altro piccolo sforzo e cioè cercare di credere nella cosiddetta logica del mercato anzi, per meglio dire, credere che il mercato abbia una logica. Forti di queste corroboranti teorie, possiamo goderci questo bel film di Ben Affleck. Siamo nel 1984 e Michael Jordan, giovane promessa della NBA americana, è alle prese con una disputa tra Converse, Adidas e Nike che si contendono, prestigiosi testimonial per il mercato delle scarpe da basket. Per dir la verità, visto la giovane età del giocatore, le tre grandi aziende cercano di conquistare il favore della madre dell’atleta, vera manager di Jordan.

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Il ritorno di Casanova – di Gabriele Salvatores (Italia, 2023)

C I N E M A


Articolo di Mario Grella

La pletora di film dedicati al cinema non sembra avere termine e così dopo The Fabelmans, Babylon, Empire of light per citare solo le ultime tre uscite, ecco la risposta italiana (non è l’unica a dire il vero) e cioè Il ritorno di Casanova di Gabriele Salvatores. La storia è quella di Leo Bernardi, regista in crisi d’identità, in forte competizione con un regista giovane Lorenzo Marino (che nome improbabile!), che non riesce a portare a termine il film che dà il titolo al film: no, non è un errore né un gioco di parole, questo gioco di scatole cinesi di film che hanno per oggetto film, sale cinematografiche che proiettano film che hanno per oggetto il cinema, sembra ormai diventato un gioco un po’ stucchevole, ma questo passa il convento. Il film di Salvatores, liberamente ispirato all’omonimo romanzo di Arthur Schnitzler, è un film girato con una certa grazia, ma forse con un po’ troppo formalismo. Due i piani di narrazione, quello del regista in crisi, delle sue relazioni affettive, dell’intenso rapporto con il montatore e dello scontro perenne col produttore, tutto questo girato in un algido b/n e l’altro piano quello del prodotto (cioè un film su Giacomo Casanova), girato a colori.

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The Whale – di Darren Aronofsky (USA, 2022)

C I N E M A


Articolo di Barbara Guidotti

La stanza è in penombra, disordinata. Se avesse un odore sarebbe di aria viziata, satura di sentori di cibo e di sudore. Sul divano siede un uomo enorme, una montagna di carne dagli occhi azzurri, che lì trascorre la maggior parte della propria esistenza, immobilizzato dalla propria mole. Respira a fatica, e per calmarsi nei momenti di panico legge o si fa leggere una tesina su “Moby Dick”. La messa in scena è teatrale, come teatrale è la pièce di Samuel D. Hunter da cui la pellicola è tratta, che ci fa percorrere gli ultimi giorni di vita di Charlie – un professore d’inglese che insegna online -, la cui obesità rappresenta l’approdo di un’esistenza vissuta nell’irrimediabile segno della perdita. Una perdita così lacerante da necessitare una compensazione bulimica che faccia tacere il dolore, la mancanza, il vuoto incolmabile lasciato da un lutto mai elaborato, in nome del quale è stata sacrificata anche la famiglia, e con essa il rapporto con la figlia (Sadie Sink, che dopo la prova in “Stranger Things” si riconferma come una delle più promettenti giovani attrici del panorama cinematografico contemporaneo).

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Seeyousound e la celebrazione della musica

C I N E M A


Articolo di Claudia Losini

Mi fa sorridere che, mentre sto concludendo l’articolo per la nona edizione di Seeyousound, sia uscita la notizia del mancato accordo tra SIAE e Meta per la diffusione di musica sulle piattaforme della società americana, riaccendendo il dibattito sull’importanza della musica e delle piattaforme di fruizione e promozione. Questa vicenda rafforza ancor più l’esigenza di parlare di eventi e iniziative che celebrano la musica, in questo caso un festival che fa del cinema il mezzo per raccontare, far conoscere e indagare su questa arte.
L’edizione di Seeyousound di quest’anno ha raccolto il 50% di presenze in più rispetto al 2022. Che l’unione di musica e cinema sia vincente lo hanno dimostrato le sale sempre piene, l’attenzione del pubblico, l’emozione che trapelava durante le visioni e i live.
Il primo pienone è stato per il documentario su Cesaria Èvora, di Ana Sofia Fonseca. La storia della leggendaria cantante parte dall’infanzia nell’isola di Cabo Verde e arriva fino alle grandi esibizioni davanti a migliaia di fan in tutto il mondo, senza distogliere l’attenzione dalla sua infanzia travagliata, dai decenni di povertà, dalle sue lotte con l’alcol e dai lunghi attacchi di depressione.

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Empire of Light – di Sam Mendes (USA, 2022)

C I N E M A


Articolo di Mario Grella

Dopo le prime tre-quattro sequenze di Empire of Light di Sam Mendes, ho temuto che si trattasse dell’ennesimo omaggio al cinema, simile a uno di quelli che in questi ultimi anni si sono succeduti come, per citare i due ultimi esempi, il toccante The Fabelmans di Steven Spielberg o l’indigesto Babylon di Damien Chazelle. Invece oltre ad un omaggio al cinema, Empire of Light fa parte anche di quel filone del cinema proletario e di lotta, che annovera nel proprio repertorio grandissimi film a cominciare da quelli di Ken Loach, insuperato maestro del genere (Neorealismo a parte, naturalmente), fino all’Emmanuel Carrère di Tra due mondi del 2021. La vicenda racconta di Hillary, (Olivia Colman), vicedirettrice dell’Empire of Light, vecchia multisala cinematografica affacciata sulla manica, a Margate, cittadina del Kent, che viene sistematicamente plagiata sessualmente dal direttore della sala, Mr. Ellis (Colin Firth) nonché del suo rapporto sentimentale con un giovane neo assunto come addetto alla biglietteria, Stephen (Michael Ward), uomo di colore, vittima della discriminazione razziale, ancora ben viva in UK negli anni Ottanta, tanto da essere pestato a sangue da un gruppo di aderenti al gruppo di estrema destra del National Front che durante una manifestazione dà l’assalto al cinema.

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L’ombra di Goya – di José Luis López-Linares (Francia, Spagna, Portogallo, 2022)

C I N E M A


Articolo di Riccardo Provasi

Primo marzo, la primavera alle porte (nonostante il freddo invernale sia tornato a irrigidire le nostre giornate) e le solite, comode, poltrone del cinema Arcobaleno ci assistono mentre le luci si spengono e viene proiettato L’Ombra di Goya, docu-film diretto da José Luis López-Linares e scritto da Jean-Claude Carrière e Cristina Otero Roth. Dodici esperti, un corale e multidisciplinare cast cercano di trovare una risposta ad apparentemente semplice quesito: com’è possibile che un artista come Francisco Goya abituato a realizzare ritratti dolci, luminosi, sensuali e curati, fosse lo stesso in grado di realizzare opere così oscure e grottesche come l’affresco Crono che divora i suoi figli? Quanto doveva essere spiccata e significativa la sua sensibilità per cogliere tutto questo male nel mondo?

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