C I N E M A


Articolo di Claudia Losini

Mi fa sorridere che, mentre sto concludendo l’articolo per la nona edizione di Seeyousound, sia uscita la notizia del mancato accordo tra SIAE e Meta per la diffusione di musica sulle piattaforme della società americana, riaccendendo il dibattito sull’importanza della musica e delle piattaforme di fruizione e promozione. Questa vicenda rafforza ancor più l’esigenza di parlare di eventi e iniziative che celebrano la musica, in questo caso un festival che fa del cinema il mezzo per raccontare, far conoscere e indagare su questa arte.
L’edizione di Seeyousound di quest’anno ha raccolto il 50% di presenze in più rispetto al 2022. Che l’unione di musica e cinema sia vincente lo hanno dimostrato le sale sempre piene, l’attenzione del pubblico, l’emozione che trapelava durante le visioni e i live.
Il primo pienone è stato per il documentario su Cesaria Èvora, di Ana Sofia Fonseca. La storia della leggendaria cantante parte dall’infanzia nell’isola di Cabo Verde e arriva fino alle grandi esibizioni davanti a migliaia di fan in tutto il mondo, senza distogliere l’attenzione dalla sua infanzia travagliata, dai decenni di povertà, dalle sue lotte con l’alcol e dai lunghi attacchi di depressione.

Tra tutti, il live audio visual di Khompa, un lungo solo di batteria connessa a un algoritmo che creava immagini, in un racconto esperienziale che parte da un’idea e arriva alla riflessione su cosa sia reale e cosa no, ha ammaliato me per prima, e tutta la sala 1 del Massimo.
Non di meno è stata l’esibizione degli Gnu Quartet, che non hanno bisogno di presentazioni, ha accompagnato la visione di “Snodi”, una mini serie scritta da Vieri brini e Alessandro Zorio, che parla del rapporto tra artista e strumento. Gli Gnu Quartet, protagonisti del corto, hanno portato in sala 40 minuti di riarrangiamenti di musica classica, quasi a dimostrazione dal vivo di ciò che abbiamo visto su pellicola qualche minuto prima.

Vincitore della categoria “Long Play Doc” è What you could not visualize di Marco Porsia, un film che racconta dei Rema-Rema, la band no future per eccellenza, con uno stile documentaristico non nostalgico, per raccontare una storia che parte dal passato, ma che rimane assolutamente contemporanea.
A proposito di nostalgia, penso che il premio del cuore del pubblico (vista anche la folta coda all’ingresso e le numerose persone rimaste fuori) sia andato a pieno titolo a Meet me in the bathroom. Il documentario di Dylan Southern e Will Lovelace basato sull’omonimo libro di Lizzie Goodman, si costruisce su video amatoriali dei gruppi dell’epoca d’oro dell’indie rock, gli inizi del Duemila. Quel periodo magnifico che parte dal 2001, dove anche se tutto pareva distruggersi, tutto era allo stesso tempo possibile. Il film racconta una parte della scena, quella dell New York dei Modly Peaches, degli Strokes di Casablancas, degli Yeah Yeah Yeahs, dei Rapture e di James Murphy. In quegli anni non c’era Instagram, le band non facevano successo con TikTok e se volevi potevi vivere di musica, potevi esplodere e implodere, in un percorso di successo e autodistruzione sempre al limite.

Il premio per il Long Play feature – Concorso lungometraggi di finzione è stato invece assegnato a Country Gold di Mickey Reece, un film in bianco e nero che mette prepotentemente il “mondo musica” al centro della sceneggiatura.
Tra i cortometraggi, Mission Diversity e Dream Diver sono quelli che più mi hanno colpita. Il primo, curato da Music Innovation Hub, parla proprio del lancio di Mission Diversity, un progetto dedicato alla rappresentazione e valorizzazione della diversità di genere all’interno dell’industria musicale. 6 storie di sei diverse realtà raccontano la diversità, tra intersezionalità e interculturalità, creando narrazioni attraverso linguaggi audiovisivi e arti espressive, tenendo traccia del bisogno sociale di connettere tutti identificando la diversità come valore. Il secondo, diretto da Jonas Bang, parla dei Dream Diver, un gruppo di liceali con disabilità che ci accoglie nella propria routine fatta di arte e musica, per il loro primo e unico concerto. Una storia dai contorni onirici, piena di pura emozione per la musica.

Ogni visione, dai videoclip ai film, ai documentari, ci parla delle infinite possibilità della musica, della sua magia, della sua importanza nella vita di tutti noi. La musica deve continuare a suonare, deve continuare a farlo anche sulle piattaforme social, è una forma di unione, di avvicinamento, di comunione e comunità.

Photo © Simone Cagnazzo