Intervista di E. Joshin Galani
Esce oggi Where water meets water: bird songs & lullabies, ultimo album di Sainkho Namtchylak, la grande performer del canto tuvano mongolo. Prosegue il suo percorso nella sacralità del suono, dove sacro è sinonimo di natura, moto che manifesta la vita. Per questi sette brani che compongono il disco l’artista non si è avvalsa di una lingua (pur parlandone quattro) ma ha esplorato la fonetica cantando con il suono dell’universo, accompagnata da uno strumento naturale: l’acqua. Mi sono approcciata all’ascolto di quest’ultimo lavoro con un incedere tattile, pervasa dall’ascolto sulla pelle, nel flusso dei suoni, senza spazio e tempo. Le canzoni risvegliano la coscienza della nostra natura sonora, pulsante, una cascata vibrante che supera i codici linguistici, diventa eco nel cuore dell’ascoltatore. Sainkho ci regala una voce più orientata verso una vocalità soffice, delicata rispetto ad espressioni cantate nei dischi precedenti che avevano anche parti urlate, scure. La seguo da molto tempo, ho avuto il piacere di ritrovarla per parlare di questo suo ultimo lavoro, realizzato attorno alle isole abbandonate di Venezia. È sempre un piacere essere accolte dalla consueta disponibilità di Sainkho che ascolta e dialoga, con disponibilità e pacatezza, senza limiti di tempo.