I N T E R V I S T A
Intervista di E. Joshin Galani
Esce oggi Where water meets water: bird songs & lullabies, ultimo album di Sainkho Namtchylak, la grande performer del canto tuvano mongolo. Prosegue il suo percorso nella sacralità del suono, dove sacro è sinonimo di natura, moto che manifesta la vita. Per questi sette brani che compongono il disco l’artista non si è avvalsa di una lingua (pur parlandone quattro) ma ha esplorato la fonetica cantando con il suono dell’universo, accompagnata da uno strumento naturale: l’acqua. Mi sono approcciata all’ascolto di quest’ultimo lavoro con un incedere tattile, pervasa dall’ascolto sulla pelle, nel flusso dei suoni, senza spazio e tempo. Le canzoni risvegliano la coscienza della nostra natura sonora, pulsante, una cascata vibrante che supera i codici linguistici, diventa eco nel cuore dell’ascoltatore. Sainkho ci regala una voce più orientata verso una vocalità soffice, delicata rispetto ad espressioni cantate nei dischi precedenti che avevano anche parti urlate, scure. La seguo da molto tempo, ho avuto il piacere di ritrovarla per parlare di questo suo ultimo lavoro, realizzato attorno alle isole abbandonate di Venezia. È sempre un piacere essere accolte dalla consueta disponibilità di Sainkho che ascolta e dialoga, con disponibilità e pacatezza, senza limiti di tempo.
“Where water meets water: bird songs & lullabies” è il tuo nuovo album, hai scelto di entrare in risonanza con l’elemento acqua, usando la tua voce per parlare lo stesso linguaggio di questo elemento…
Siamo composti dal 90 per cento di acqua, io sono nata a marzo, sotto il segno dei pesci, l’acqua è il mio elemento. Attualmente l’energia dell’acqua è qualcosa di cui ognuno di noi ha bisogno, soprattutto dell’acqua di sorgente. Nel segno della modernità e della urbanizzazione sta diventando normale comprare l’acqua, per trovarla pulita dobbiamo viaggiare o andare nei parchi. Le città sono sempre più in contraddizione con la natura, non sono molte le città in grado di trovare un’armonia, un equilibrio con la natura. Ci sono alcuni esempi interessanti di città come Canberra, o alcune città in Svizzera o Vienna, che hanno già progettato questo equilibrio. A Vienna ho abitato per molto tempo, il sistema di riscaldamento per condomini, in grosse palazzine, viene alimentato dai rifiuti. Fanno una speciale raccolta differenziata che viene poi sottoposta ad un processo che lo rende un combustibile adatto. Lì è ancora possibile bere l’acqua dal rubinetto, ci sono molti esempi di città eco compatibili.
Quanto è importante in un momento di così forte disconnessione dell’uomo con la terra e gli elementi naturali, entrare nel suono della natura fino a parlare lo stesso lessico come hai fatto tu, con un approccio sciamanico?
Al momento sono focalizzata verso la voce naturale, come parte della natura che ci circonda. Voce che contiene elementi del giorno e della notte, sensazioni che possiamo avere di inverno, o sensazioni di calore, oppure quel sentimento che nasce quando si cammina da soli nella natura, sentirsi molto molto piccoli e sentire quanto la natura possa essere grande. Ho contemporaneamente cercato di esprimere una voce soft. Cantare in modo soft è qualcosa di nuovo per me, abbiamo registrato quest’album ed ora stiamo preparando dei cantati di musica soul per dei pezzi a cappella, con questa voce soft.
Tra i tanti luoghi acquatici, hai scelto di registrare questo disco in luoghi attorno alle isole abbandonate di Venezia, come hai scelto la laguna?
Questa è stata un’idea di Ian, (Ian Brennan, produttore) che conosceva la città molto bene. Avevamo programmato di farlo per i primi di marzo, ma siamo andati un mese prima, non c’erano molti turisti. Ho avuto questa sensazione di sentirmi persa. Non ho saputo come gestire questo mio sconforto nel sentirmi persa, ho ascoltato il consiglio di Ian, che mi ha detto di non pensarci troppo, di essere onesta con me stessa e rimanere nel semplice, non fare cose elaborate, questo è il modo in cui abbiamo registrato. Siamo stati in diversi posti a Venezia, sempre con acqua intorno.

Una traccia è stata realizzata all’interno dell’ex manicomio di Poveglia, un posto che viene chiamato “l’isola dei morti” un luogo di dolore che è stato luogo di cremazione per le vittime della peste e nel ‘900 di morti suicidi nell’ospedale psichiatrico. C’è il suono della voce che, come una ninna nanna ristora tutte le anime che hanno perso lì la vita, che esperienza è stata cantare lì?
Avevo questa sensazione di presenza di fantasmi, non dico una città fantasma ma luoghi fantasma. Venezia ne ha passate tante: epidemie, guerre, incendi. Adesso è una cosa positiva avere tutta questa acqua intorno, ed avere tutta questa storia alle spalle, ed allo stesso tempo avere acqua, acqua natura e vite umane. La città è passata attraverso così tante situazioni e ancora sopravvive. Penso che Ian sia stato molto saggio con il suo consiglio di semplificare. In qualche modo negli ultimi due anni ho imparato a calmarmi, a trovare quiete interiore e provare anche a pensare in maniera quieta. Non solo cantando ad alta voce, gridare, ma avere anche dei semplici e quieti pensieri perché prima o poi l’essere umano inizia a comprendere che la vita non è solo un paradiso, che la vita è sempre un continuo cambiamento, da periodi difficili a periodi più felici, e poi ancora difficili. La speranza è che sia sempre paradiso, ma io credo che molta gente la pensi come me, che il pianeta terra sia stato creato come paradiso, la nostra continua lotta da quando nasciamo fino all’ultimo giorno deve essere accompagnata dalla ricerca di questa idea di paradiso, che c’è nella loro immaginazione; nel paradiso c’è tutto, il giorno la notte, la neve il sole, è la natura! Siamo testimoni di tempi molto difficili, si può iniziare a capire la semplicità della vita, attraverso la voce quieta. Questa voce è già una meditazione, fa parte di questa armonia, o inizio dell’armonia che viene da dentro, non da quando vedi cose belle fuori, nasce dentro. Molti sono circondati dalla bellezza ma non se ne accorgono, penso che molta gente stia scoprendo questa idea di rimanere in osservazione, semplicemente respirare, inspirare ed espirare, bere una goccia dell’acqua pulita è un regalo, meditare su questo, non cercare cose più grandi. L’album è sulla voce soffice, sul cantare come un uccellino, anche in tempi difficili, quando c’è la guerra e sparano, gli uccelli non cantano. Forse è il momento di stare in tranquillità.
Le registrazioni sono state fatta in presa diretta, e senza l’utilizzo di sovraincisioni, per celebrare la simultaneità. Celebrare la coincidenza degli elementi mi sembra anche questo un sintonizzarsi con la natura attraverso l’improvvisazione, hai avuto dei rimandi mentre accadeva questa sintonia?
Oh sì c’è stato un momento, ma bisogna stare da soli e farsi una lunga camminata, ad un certo punto si inizia ad aprire qualcosa di molto molto soffice, tenero, inizia ad emergere qualcosa che si apre, che rilassa. Molti di questi momenti sono accaduti anche in montagna, quando non c’è nessuno intorno inizi a sentire la tua mente, le tue emozioni più calme e tutte le tue paure spariscono; ti senti nel qui e ora, tu e la realtà intorno. Questo in città è molto difficile quando devi prendere l’autobus che sta arrivando o il treno, quando cammini per le strade in città ci sono molte cose a cui prestare attenzione, e ci sono molte cose programmate che devi fare, devi essere bravo, svolgere i diversi compiti. Ma quando sei nella natura, i sentimenti cambiano, le persone sono esposte in città, quando stai nella natura in po’ più a lungo, non devi rispondere a nessuno, ti dai a te stesso.

Mi fai pensare che in diverse tradizioni meditative ci sono pratiche in cui si fa meditazione camminata, anche nella natura, realizzando qualcosa di profondo dentro…
Sì, anche loro hanno qualcosa di simile, cercano come prima cosa di fare il vuoto nella loro mente, e quando ci riescono, non c’è paura di questa mente vuota. La maggior parte delle persone non sono pronte a trovare il silenzio, perché la meditazione porta in questo stato della mente. Quando sei in questa disposizione mentale non c’è rabbia, perché non rimane nulla. La mente vuota fa sentire che non c’è rabbia né emozioni, perché sei completamente vuoto. Semplicemente non hai quel senso dell’io. Quando arriva questo momento, toccare la natura e lasciare che la natura tocchi te, può portare a scoperte molto interessanti, e senti la vera natura dentro di te.
In Italia abbiamo avuto un grande sperimentatore e ricercatore vocale, Demetrio Stratos, cosa pensi del suo percorso vocale?
Penso che lui fosse in qualche modo uno sciamano, aveva visioni molto forti, aveva la capacità di esprimere in modo molto forte la natura, attraverso la voce e la creatività. Era abbastanza forte per assorbire il potere della natura, ed esprimerla attraverso la voce, in emozioni umane. Qualche volte sembrava veramente un titano, all’inizio non sapevo descrivere il modo in cui lo faceva, o meglio in generale si può descrivere ma in profondità c’era qualche cosa di potente, indescrivibile. Penso che fosse un genio. Nella sua voce c’era qualcosa di angelico, di divino, e anche qualcosa che appartiene alla natura, qualcosa di selvaggio.
Ci siamo incontrate anni fa in occasione dell’uscita di “Like A Bird Or Spirit, Not A Face”, mi ha colpito che nel titolo dell’ultimo album ci fosse di nuovo un riferimento a “Bird”, perché “bird songs”? Sei tu “bird”?
Sono una cantante, un uccello, volo, viaggio e canto quello che provo, quello e che vedo intorno a me; provo a condividere questo con la gente, qualcosa che forse è oltre la possibilità di spiegare, qualcosa oltre le parole. Questo penso che significhi essere un cantante, un artista, cantare per le persone che ascoltano, non solo per me stessa. Ho iniziato a cantare quando ho sentito questo momento; sono stata chiamata per qualche concerto, se ti invitano puoi condividere tutto questo per una o due ore, o un momento di questa meditazione del suono, attraversare il suono e arrivare a ciò che è oltre tutto questo, raggiungere probabilmente ogni essere umano; io spero sempre di aiutare qualcuno. Gli uccelli probabilmente hanno la natura di cantare ed esprimersi attraverso il suono. Io scrivo poesie, qualche volta scrivo dei testi di canzoni che mi vengono fuori, a volte mi piace danzare, ma cantare mi aiuta ad esprimere dei momenti passati, che vanno oltre le categorie, oltre le parole. Esprimere momenti che vanno oltre i concetti. ogni parola che tu utilizzi si richiama ad un concetto, o l’interpretazione di determinate cose, ma ci sono cose che non è possibile esprimere con le parole, o non le si possono interpretare. Probabilmente Demetrio Stratos queste cose le sapeva. Lui era un grande uccello mistico, lui sapeva urlare un’energia incredibile.

L’ultima volta che ci siamo incontrate è stato ad un tuo live, due anni fa, all’interno dello sleeping concert degli Enten Hitti. Dopo Torino e Bologna, sono previsti tuoi live in Italia prossimamente?
È stato difficile pianificare dei concerti con i vari lockdown, per via del covid diversi concerti sono stati cancellati. Per fortuna ora la situazione si sta stabilizzando. La mia famiglia è là, e in parte anche qua, ciò che ho imparato da tutto questo è di essere felice ogni giorno e sono grata per ogni mattina, ogni sera, qualunque cosa accada sono grata di esistere; ringrazio padre cielo, ringrazio madre terra e la natura intorno, le persone vicine, i genitori, gli amici. Ci sono dei giorni in cui mi sento molto stanca, vedo tutto scuro, non sai come sarà domani, cerco di essere contenta di quello che ho adesso. Ascoltare della musica, oppure sedersi in tranquillità e cercare di lasciare andare questa sensazione di come sarà domani. Quando è iniziata la guerra e hanno iniziato a bombardare avevo questa memoria di Chernobil. All’epoca mi trovavo in unione sovietica e mi ricordo come la gente si scambiava le informazioni durante il controllo del regime, ma comunque qualcosa trapelava tra la gente; questa energia non è visibile, c’era qualcosa che uccideva la gente e non sapevamo cosa aspettarci, non sapevamo nulla, sono dovute passare diverse settimane. Quando ho iniziato a capire, mi sono chiesta: riuscirò a vedere i miei parenti? Come con Chernobyl c’è stata questa reazione psicologica di chiedermi se sarei riuscita a vedere i miei parenti. Io penso che questo album esprima in maniera indiretta l’essere nudo, senza avere fronzoli o decorazioni, come rimanere da soli nel deserto del Sahara o del Gobi; ti siedi, sei senza niente, magari senza la possibilità di accendersi un fuoco e cerchi di intrattenerti. Però puoi ancora cantare. Molte persone in questo momento sono sedute dentro delle celle e se hanno una penna possono scrivere qualcosa, e se non possono scrivere, possono ancora cantare…

Foto © Marilena Umunoza Delli
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