A P P U N T I  D A  N O V A R A J A Z Z


Articolo di Mario Grella

Dopo un’edizione 2020 che ha registrato successo e partecipazione di pubblico, Novara ha accolto con entusiasmo il secondo NU ARTS AND COMMUNITY festival. Nato da un progetto del Comune di Novara, è stato realizzato dall’Associazione Rest-Art in collaborazione con la Fondazione Piemonte dal Vivo e le associazioni cittadine, con la direzione artistica di Ricciarda Belgiojoso. La manifestazione si è svolta in luoghi simbolici della città snodandosi tra teatro, danza, letteratura, arti visive e musica. Qui trovate un racconto di (quasi) tutto quanto è accaduto.

Giovedì 23, Casa Bossi – Immagini in movimento, a cura di Andrea Lissoni
Si parte nel cortile di Casa Bossi con una gemma preziosa di Tomás Saraceno, artista poliedrico, scultore, videomaker, il magnifico cortometraggio Pacha, introdotto per Nu Festival da Andrea Lissoni, direttore della Haus der Kunst di Monaco di Baviera. Raccontare un film così non è difficile, è inutile, tanta e tale è la raffinatezza della materia filmica, ma è la scrittura quello di cui dispongo e quindi tanto vale provarci. Pacha è una sorta di impalpabile spirito della natura che si manifesta nel deserto di sale andino di Salinas Grande in Argentina. È in questo deserto che una donna pilota si libra in volo grazie ad una scultura volante di Tomàs Saraceno alimentata solo da sole e aria. La performance artistico-scientifica è stata realizzata per sostenere la lotta delle 33 comunità locali il cui sostentamento è da sempre il sale prodotto dalla salina e la pastorizia; un equilibrio messo alle corde dallo sfruttamento dei giacimenti di litio che sta distruggendo l’ambiente naturale. Detto così sembra di essere in presenza del solito film documento a carattere ecologico. Invece così non è o almeno non si tratta solo di questo. Come ha ricordato Andrea Lissoni nella presentazione del film, il desiderio di volare, quasi un istinto negato, è stato alla fine realizzato grazie ai tanti tentativi individuali e alla tecnologia. Ed è proprio in questo paradigma che sta la chiave di lettura di questo poetico film: si può realizzare un sogno e si può farlo con il massimo rispetto per l’ambiente. Le sculture “aerostatiche” di Saraceno, si alzano miracolosamente in volo, senza il sussidio di alcuna combustione fossile, senza emissioni, senza batterie elettriche al litio. Cosa c’è di prezioso nella Salinas Grande, oltre al sale? C’è il Pacha, che potremmo definire come lo spirito del luogo, lo stesso che gli aborigeni difendevano dalle ruspe della compagnia petrolifera tedesca in Dove sognano le formiche verdi di Werner Herzog. Quel luogo in cui gli ingeneri tedeschi si ostinano a non vedere nulla e ai quali un aborigeno risponde “E se qualcuno volesse abbattere il duomo di Colonia voi cosa direste?” Opera singolare e delicata, Pacha è stato realizzato nel gennaio del 2020, un profetico monito a difesa del nostro maltrattato pianeta che qualche mese dopo diventava un luogo da incubo con la catastrofe della pandemia, catastrofe che da lì a poco aveva fatto scrivere a Paolo Giordano “…La nostra aggressività verso l’ambiente rende sempre più probabile il contatto con questi patogeni nuovi che fino a poco tempo fa se ne stavano tranquilli nelle loro nicchie naturali (…) Chi di noi può sapere cos’hanno liberato gli incendi smisurati in Amazzonia dell’estate scorsa? Chi è in grado di prevedere cosa verrà dall’ecatombe più recente di animali in Australia?” Inizia come meglio non poteva il festival Nu Arts & Community.

Venerdì 24, Arengo Broletto – XY Quartet e John De Leo – Strabordante
Quando John De Leo comincia a recitare in maniera, quasi completamente distorta, il primo canto della Divina Commedia, il ricordo di chi ne ha anagraficamente la possibilità, potrebbe correre a Carmelo Bene, alla Voce, alla sua concezione di Voce che fonda il Teatro. Ma la Divina commedia è un puro affare di Voce? È questa la domanda che possiamo porci all’inizio di questo spettacolo, StraborDante. Certo la selva (sonora) in cui l’XY Quartet ci introduce è piuttosto inquietante e rende bene l’idea del tormento che si può essersi impossessato dei due viaggiatori danteschi. È innegabile che il testo, il puro testo, ne esca forse un po’ sacrificato, a tutto vantaggio dell’effetto fatto di “suono” più che di “parola”. Per uno spettacolo multimediale è giusto che sia così, anche se viene comunque da domandarsi se la parola dantesca sia idonea ad una trasposizione elettronica, che poi è la stessa domanda che si poneva André Bazin per il cinema di carattere storico: cosa ci faceva lì la macchina da presa? Domande superflue, il reale è razionale come ricordava Hegel. Allora lasciamoci trasportare dai due poeti. Se l’elettronica la fa da padrone, è certo che qui, tra una terzina e l’altra, sax e vibrafono costruiscono commenti sonori molto suggestivi : “io sentivo d’ogni parte trarre guai…” dice Dante-De Leo mentre attorno il corposo commento sonoro sembra condurre lo spettatore in un girone dantesco vero, anche grazie alle proiezioni di Francesco Lopergolo su una schermatura della scena, forse non originalissima, ma confacente ad una certa idea di multimedialità. Come avrete capito non si è trattato di uno spettacolo di facile digeribilità. La selva resta oscura e, se possibile, diviene sempre più oscura col procedere del cammino, grazie soprattutto agli artifici elettronici che però finiscono col frantumare il testo, tanto che quando la voce riaffiora per descrivere Malebolge “di ferrigna pietra”, sembra tornare alla superficie da un mondo infero e poco intellegibile. Toccare la materia dantesca ed uscirne indenni è indubbiamente difficile, anche se è stato molto ardimentoso provarci. Nota di merito agli intrepidi interpreti ovvero Saverio Tasca al vibrafono, Luca Colussi alla batteria, Alessandro Fedrigo al basso, Nicola Fazzini al sax e Franco Naddei all’elettronica.

Sabato 25, Canonica del Duomo – Giacomo Menegardi
Un veloce Bach, un riflessivo Scarlatti, l’intimo e tempestoso Chopin (si può dire altro per Chopin?), l’inatteso Casagrande (con il suo Zodiaco), il rumoroso Prokof’ev (tra guerre futuriste e guerra vera), e di seguito il bis con le tavole-concerto di Rachmaninov e poi il tocco attento del giovane pianista Giacomo Menegardi, tutto ciò in una fresca mattina di inizio autunno nel silente Chiostro della Canonica del Duomo di Novara, ed ecco che la piccola Magia di Nu Arts & Commmunity si ripete anche oggi. La magia non è solo nelle bellissime interpretazioni di Menegardi, la magia è anche quella di Corrado Beldì e Ricciarda Belgiojoso che quest’anno, pur tra mille difficoltà, hanno saputo mettere insieme un festival poliedrico, sfaccettato e di grande qualità, segno di amore e di stima per questa città. E se Corrado è stato pur sempre “novarese dell’anno”, Ricciarda è una novarese acquisita e quindi ancor più meritevole di un particolare ringraziamento.

Sabato 25, Arengo Broletto – Virgilio Sieni con Claudia Caldarano – Annotazioni sul Preistorico
Una raccolta di piccoli frammenti di macerie e di piccole cose sistemate in forma sinuosa a ricordare una colonna vertebrale, e la danzatrice Claudia Caldarano accovacciata ad una delle due estremità della fila di schegge e oggetti, accolgono il pubblico che entra nel salone dell’Arengo del Broletto. C’è attesa nell’aria e una volta fatto accomodare il pubblico, lo spettacolo ha inizio. Solo che non si tratta propriamente di uno “spettacolo”, si tratta piuttosto di una “meditazione corporale” di questa danzatrice contemporanea che si cimenta su un tema doloroso, quello del ricordo e lo fa con lo strumento della danza, il corpo. Annotazioni su preistorico su coreografia di Virgilio Sieni, prodotto dal Centro Nazionale di Produzione della Danza Contemporanea “Luigi Pecci” di Prato, è l’appuntamento del tardo pomeriggio di Nu Arts & Community. Claudia Caldarano percorre la lunga fila di detriti ingaggiando un combattimento corporale col ricordo, poiché quelli non sono detriti qualsiasi, ma sono piccoli resti delle case dell’Aquila e del loro contenuto raccolti dopo il terremoto che distrusse la città. Il corpo della danzatrice si pone in un rapporto di partecipazione dinamica ed empatica con queste tracce di “preistoria” del ricordo. La preistoria è in fondo un enigma moderno e il titolo della performance utilizza proprio questo termine, quasi a sancire il luogo dove è collocato il ricordo che appartiene sempre a qualcosa avvenuto ”prima”, quasi a ribadire la volontà di evocarlo, ma anche di iniziare una nuova storia e la partecipazione emozionale di Claudia Caldarano ci porta oltre il virtuosismo artistico. Il contorcersi del corpo sulle corde del ricordo e l’interazione lenta, solenne con gli oggetti, fanno di questa performance, quasi una preghiera laica sul dramma vissuto e mai dimenticato da quelle popolazioni. La musica è un discreto e indistinto sussurro elettronico che accompagna il movimento lento e meditato. La danzatrice percorre tutta la lunga teoria di schegge e frammenti, riposizionandoli leggermente, col gesto di chi depone e dà nuova dignità ad un frammento di vita.

Sabato 25, Nòva – Ninos Du Brasil
Il festival è proseguito in serata allo spazio Nòva com l’esibizione (e il contrasto con quanto visto nel pomeriggio è piuttosto stridente), dei Ninos Du Brasil alias Nico Vascellari e Nicolò Fortuni, figure di musicisti che propongono un’immersione totale tra samba ed elettronica, “batucada” e “noise”. Il risultato è un pandemonio ritmico che lascia poco spazio a ciò che non sia liberazione dinamica (e tribale) del corpo che il pubblico composto da giovani o non più giovani che fanno finta di esserlo ancora, sembra apprezzare molto. Figure leggendarie e mitologiche, così le definisce la rivista Rockit, forse anche perché nobilitate dalla loro presenza in occasioni di un certo rilievo come il festival Dissonanze o la Biennale Architettura di Venezia. Io mi sono limitato ad ascoltare, anzi a sentire…

Domenica 26, Nòva – Rosa Brunello e Siro Guglielmi – Wonder Louder
Un contrabbasso è posato al centro di uno spazio vuoto; il pavimento è bianco e le pareti sono bianche. Dall’ampia vetrata dello Spazio Nòva, si intravedono le prime brume dell’autunno. Fanno il loro ingresso Rosa Brunello e Siro Guglielmi. Sono silenziosi vestono con dei pantaloni corti color coloniale e una canotta bianca, non calzano scarpe, ma hanno calzini neri. È tutto molto, molto minimale; lo sono anche i gesti ritmici delle mani che incominciano a muoversi e a schioccare le dita, ma è tutto un crescendo; i corpi cominciano ad incrociarsi e ad interagire, non solo tra loro, ma anche con lo strumento in una sorta di tentativo di accordatura. Lisa, pizzica le corde, Siro abbraccia lo strumento fino a farlo roteare in una girandola che sembra infinita. Da lì la danza prende corpo, anzi “prende i corpi”, fino a diventare un gioco di geometrie asimmetriche e di gesti sincronici e diacronici, sempre su suoni appena accennati e mai nei canoni armonici e melodici tradizionali. Il pubblico è attento e rapito. Siro si contrappone allo strumento e, come un acrobata, sembra esibirsi davanti a lui che, abbracciato, accarezzato e percosso da Lisa, emana suoni che assomigliano a voci. Raggiunta la climax, la tensione si stempera in una magnifica e dolcissima melodia, sussurrata a labbra serrate da Lisa. Dalle vetrate si vede ormai solo buio e nella sala scoppia poi l’improvviso e convinto applauso che riscalda i cuori. Grandissima l’interpretazione di Wouder Louder, una produzione Zebra curata da Enrico Bettinello, del Centro per la Scena contemporanea di Bassano del Grappa.

Domenica 26, Nòva – Julian Sartorius
Sempre allo spazio Nòva, l’ultimo appuntamento serale è con il percussionista Julian Sartorius che presenta la sua ultima produzione in solo. Se vi capiterà di trovare, nei vostri vecchi armadi, indumenti o oggetti di qualsiasi tipo da buttar via, conservateli e mandateli in Svizzera a questo geniale percussionista che sembra proprio saper percuotere tutto, ma proprio tutto, tamburi e tamburelli, grancasse, piatti, rullanti, pezzi di alluminio e pezzi di legno, coperchi di pentole, ma che sa poi attenuarne i suoni con l’aiuto di coperte, tessuti, pelli; alla fine si aiuta anche con una specie di organetto manuale e con una cannuccia con cui insuffla aria nella pancia del rullante… Avrete capito che si tratta di un artista straordinario, ma non certo di un fenomeno da baraccone, poiché il risultato che sortisce da tutto questo “ambaradan”, è una “forma-sonata” ritmico-rumoristica da lasciare incantati. Ritmi intensi, con minime variazioni modulari, che si alternano a sollecitazioni minimali e a tintinnii ricercati, che si mescolano in un apparente caos. In realtà tutto è molto studiato e molto equilibrato, poiché nelle mani di Julian la “batteria preparata” diventa un’orchestra intera e gli scroscianti ed entusiasti applausi del pubblico sono lì a dimostrarlo. Come ha ricordato Corrado Beldì, in apertura di performance, Sartorius è certamente un percussionista degno della massima attenzione.

Si chiude così il festival 2021. Dopo questa seconda edizione post pandemia (si spera), sembra si possa certamente affermare che la kermesse messa in moto da Corrado Beldì deus-ex machina di NovaraJazz e da Ricciarda Belgiojoso, tra le curatrici di Piano City Milano, avrà un futuro certo. Un’occasione di inizio autunno per ritemprarsi lo spirito con appuntamenti di grande qualità.

Photo Credits:
1,2,4,5,6,9 © Emanuele Meschini
3,7,8,10 © Mario Grella