R E C E N S I O N E
Articolo di Cinzia D’Agostino
“I mostri della ragione generano il sonno”.
Se avete seguito Giorgio Canali sui social da Marzo ad oggi non vi stupirete di certo del contenuto di questo nuovo disco Venti (di nome e di fatto) uscito il 4 dicembre per La Tempesta Dischi. Nulla da dire, la coerenza non è certo quel che gli manca e, a sessant’anni suonati, è un bel pregio. Se in passato i suoi album non nascevano “come fiori sugli alberi” ma solo quando lui aveva qualcosa che valesse la pena esternare, oggi una pandemia mondiale, a soli due anni dalle sue Undici canzoni di merda, ha fatto tornare il vecchio immortale a bestemmiarci nelle orecchie la sua incazzatura senza sconti per nessuno, come nel suo immancabile stile.
Volevo partire con un approccio estremamente critico, visto che lo seguo da una vita intera, prima nelle chitarre disturbate dei C.S.I. e poi nella sua famiglia Rossofuoco. Ma, sebbene quell’anarchico saccente spesso non trovi la mia condivisione nelle sue esternazioni estreme ed anche un po’ fuori moda, devo arrendermi alla sua innegabile perfezione artistica. Ma chi te lo sforna un disco di venti pezzi senza (quasi) annoiarti oggi? Dai avanti… fatevi sotto e ditemi un nome. Nonostante sia piacevolmente eterogeneo, non mancano di certo “liaisons” con brani di precedenti produzioni, Morire perché mi sembra un pezzo “scartato” dal penultimo album, Acomepidì è una “Solita tempesta” cantata senza Angela Baraldi, Cartoline Nere è una perla che sembra una b-side delle Undici Canzoni di merda; così come ci sono i sequel Dodici e Come quando non piove più.

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