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Giulia Cianca, Marco Colonna, Lorenzo D’Erasmo – Nuda Pelle (NES, 2023)

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Recensione di Mario Grella

Quando si intitola un brano Ballata del silenzio si va incontro ad un certo rischio, magari calcolato, ma pur sempre un rischio. E così succede per il primo brano del lavoro che vede Marco Colonna (clarinetto basso), Giulia Cianca (voce) e Lorenzo D’Erasmo (percussioni), cimentarsi sul tema del silenzio, ma anche della Nuda Pelle titolo dell’album, uscito per l’etichetta romana New Ethic Society, che inanella un’altra gemma nel suo già prezioso catalogo. Un percorso musicale dentro il corpo e nelle sue misteriose dinamiche psichiche, ma anche un viaggio grazie al corpo, quello che dà vita alla bellissima voce di Giulia Cianca e quello che diventa esso stesso strumento tra gli strumenti di Marco Colonna e Lorenzo D’Erasmo. Nuda Pelle dà il senso della essenzialità, ma anche della verità e della sincerità di una composizione musicale che ha espunto tutto ciò che sembra superfluo o comunque accessorio, per far posto alla emozioni prime. “Danzerò in questa ballata del silenzio” canta la voce di Giulia Cianca, il che apparentemente può sembrare un bel paradosso, ma di silenzi effettivamente si tratta.

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Marco Colonna – Terra (NES, 2022)

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Recensione di Mario Grella

Non ci sarebbe molto da aggiungere alle parole di Marco Colonna che accompagnano questo nuovo, suggestivo album intitolato Terra, ed uscito per l’etichetta The New Ethic Society: “Costruire un villaggio. La materia principale per costruire un villaggio non è il fango o la pietra, la roccia o il legno, ma lo spirito che crea le relazioni fra i suoi singoli abitanti.” Invece poi da dire di cose ce ne sarebbero moltissime oppure nessuna, poiché qui il suono dice già tutto il necessario, non di meno e non di più. Però per chi come me non ha altri strumenti a disposizione, se non la parola (il più delle volte scritta, non parlata), non resta che cimentarsi in questo difficilissimo compito di descrivere una costruzione sonora estremamente delicata, col timore di poterne rovinare l’intima essenzialità. Come in ogni rito tribale che si rispetti, anche la descrizione di questa Terra, incomincia con una danza, anzi con Dance, primo pezzo dell’album giocato su un fitto dialogo tra il clarinetto basso di Marco Colonna e il delicato suono di un tamburello con campanelli. Si può fare musica con così poco? E, si badi bene, non un solo pezzo, ma un intero album? Si può. 

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Marco Colonna | Giulia Cianca | Luca Corrado – Le Ceneri Del Mio Tempo (NES, 2022)

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Recensione di Mario Grella

A “Le ceneri di Gramsci”, la raccolta di poesie di Pier Paolo Pasolini, mi lega un ricordo molto personale che mi piace raccontare in questo commento. La prima volta ne sentii parlare dal mio professore di lettere al liceo artistico statale di Novara. Era il 1978 e il professore ci lesse alcune poesie della raccolta che ricordo distintamente: erano “Picasso” e, appunto, “Le ceneri di Gramsci”. Ne ho un ricordo vivissimo, anche se sono passati quasi quarantacinque anni. Ricordo il pomeriggio piovoso e il libro che teneva in mano il professore era tutto bagnato, tanto che lui lo asciugò con un fazzoletto. Il professore era Sebastiano Vassalli. Come potete immaginare sono ricordi difficili da cancellare e, come altrettanto potete immaginare, ritrovarmi a commentare questo magnifico lavoro musicale e vocale di Marco Colonna mi emoziona non poco. Le ceneri del mio tempo, è un disco edito dall’etichetta New Ethic Society, di una profondità rara, un raggio di luce di musica jazz, nel senso lato del termine, che scruta dentro la materia poetica di Pasolini. 

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New Ethic Society Sextet – Post Colonial Blues (NES, 2022)

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Recensione di Mario Grella

Thomas Sankara, fu un leader rivoluzionario dello stato del Burkina Faso, ma per estensione fu leader di tutta l’Africa Occidentale. Le parole che pronunciò davanti all’Assemblea della Nazioni Unite, il 4 ottobre 1984, passarono alla storia: “Non pretendo qui di affermare dottrine. Non sono un messia né un profeta; non posseggo verità. I miei obiettivi sono due: in primo luogo, parlare in nome del mio popolo, il popolo del Burkina Faso, con parole semplici, con il linguaggio dei fatti e della chiarezza; e poi, arrivare ad esprimere, a modo mio, la parola del grande popolo dei diseredati, di coloro che appartengono a quel mondo che viene sprezzantemente chiamato Terzo mondo. Sankara, poneva l’accento su un tema sotto gli occhi di tutti, ma sempre volutamente ignorato, quello della diseguaglianza tra il nord e il sud del mondo e non solo. L’enorme ed incolmabile debito dei paesi africani aveva, secondo Thomas Sankara, una origine precisa: il colonialismo, poiché i creditori, sono gli stessi colonizzatori, in un cortocircuito tanto tragico, quanto evidente. 

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Silvia Bolognesi | Marco Colonna – EraorA (Fonterossa Records, 2022)

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Recensione di Mario Grella

Era ora che Silvia Bolognesi e Marco Colonna si incontrassero, e lo dice chiaramente Il titolo del disco edito da Fonterossa uscito a gennaio. L’incontro tra i clarinetti e il contrabbasso, non sarà così bizzarro e sublime come quello “tra un ombrello e una macchina da cucire su di un tavolo anatomico”, come suggeriva Isidore Ducasse, ma è pur sempre qualcosa che sa di fresco. Il viaggio incomincia stranamente ad un’ora inconsueta, alle sei della sera, il primo brano si intitola proprio 6pm e termina Ad una certa ora, titolo espresso nella sua forma estesa e non con la terribile abbreviazione della vulgata. Alle sei della sera anche un clarinetto abituato alle più mirabolanti acrobazie come quello di Marco Colonna, è forse più incline alla meditazione minimale e delicata; il brano è confezionato da un rapporto stretto e continuo tra i due strumenti, quasi un “rapporto sessuale” se mi è consentita una metafora un po’ ardita.

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Francesco Bearzatti – Portrait of Tony (Parco della Musica Records, 2021)

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Recensione di Riccardo Talamazzi

C’è chi considera la ricerca del “senso della vita” una prigione mentale, una delle tante che l’Uomo si costruisce beandosi poi di abitarla. Così almeno la pensava l’intellettuale indiano Krishnamurti. C’è chi invece, come lo psicoanalista C.G.Jung, sostiene il contrario, per cui l’individuo veramente liberato è colui che insegue il vero sé stesso, trovando la propria essenza al di là di tutte le maschere sociali e personali che abitudinariamente indossa. Non so come la pensi Francesco Bearzatti a proposito, ma ho l’impressione che il suo metodo di ricerca sia assolutamente peculiare. Abituato a tracciare in profondità il profilo musicale di artisti dalle personalità multiformi – Tina Modotti, Malcom X, Woody Guthrie, John Coltrane o creature di fantasia come Zorro – oggi lo vediamo concentrare lo sguardo sul leggendario Tony Scott, il grande clarinettista italo-americano scomparso a Roma nel 2007. Forse, attraverso il proprio “sentire”, Bearzatti accarezza le storie personali, il carattere, le complessità individuali dei suoi “omaggiati” ed è per mezzo di loro che egli cerca di chiarire sé stesso, elaborando il tutto come uno specchio concavo che focalizzi al centro le riflessioni, i pensieri, i progetti e i sogni altrui. Per capire chi era Tony Scott al di là della sua musica, è molto utile vedere il docu-film di Franco Maresco che trovate su YouTube,“Io sono Tony Scott”. Il film ci mostra, direttamente o attraverso le interviste fatte a familiari e a musicisti americani e italiani che ebbero a che fare con lui, i lati più inquieti del suo carattere, un narcisismo esasperato, sfumato da comportamenti paranoidi e dalla gran paura di non essere valutato per ciò che è stato veramente, un musicista che ha fatto la storia del jazz.

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Marco Colonna | Dario Miranda | Fabrizio Spera – N-Est (Fundacja Słuchaj, 2021)

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Recensione di Mario Grella

Vorrei cogliere l’occasione dell’ascolto dell’ultimo lavoro di Marco Colonna (clarinetto basso, sax alto e flauto), Dario Miranda (contrabbasso) e Fabrizio Spera (batteria), intitolato N-Est,  prodotto dall’etichetta polacca Fudacja Slukaj, per interrogarmi e riflettere su qualcosa (“anche” su qualcosa), che apparentemente non ha strettamente a che fare con la musica, ma che essendo nel novero delle mie grandi passioni, come le arti visive, non posso fare a meno di notare: la grafica di una copertina di un cd. Potrebbe non sembrare così importante, ma lo è. Se la copertina di un cd non fosse importante, nessuno impedirebbe ai musicisti di produrre dischi e cd (o tracce elettroniche) con copertine monocrome, anonime, senza illustrazioni. C’è sempre qualcosa che lega la “cover” al contenuto musicale del cd e non si tratta necessariamente di creare allegorie visive del contenuto musicale; magari si tratta solo di una evocazione ideale, di una allusione, di un riferimento semantico. La copertina di N-Est è illustrata con un disegno di Zusa Ustjam che rappresenta uno strano albero, le cui radici attorcigliate formano un nido (del resto il titolo lascia anche pochi dubbi che si tratti proprio di un nido). Anche i rami dell’albero sono “sui generis”, poiché anziché dare frutti, producono un gigantesco uovo. 

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Enzo Favata – The Crossing (Niafunken, 2021)

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Recensione di Mario Grella

Non poteva che intitolarsi così, The Crossing appunto, l’ultimo intenso e denso lavoro di Enzo Favata e del suo gruppo che ha scelto di chiamarsi con lo stesso nome, e non credo per mancanza di fantasia, ma per affinità concettuale con il disco stesso. Si tratta di Pasquale Mirra al vibrafono, marimba midi e Fender Rhodes, Rosa Brunello al Fender Bass, Marco Frattini, batteria e percussioni ed Enzo Favata al sax, theremin, samples e arrangiamenti.
Un altro “caso non fortuito” è che il brano di apertura si intitoli Roots (radici), nell’album che si intitola “Incroci” (Crossing). Qualche volta i titoli sono anche qualcosa di più che didascalie, sono mappe concettuali e questo ne è certamente un caso. Di quali radici parliamo? Di quelle jazz- rock, visto che Roots è un brano di Ian Carr’s Nucleus, grande interprete del genere, o di quelle elettroniche, l’altra componente fondamentale del lavoro? Potremmo rispondere alla fine, dopo aver ascoltato le sei tracce musicali tutte d’un fiato e che sembrano finire in un battibaleno, tanto il disco è ben costruito e intensamente popolato di suggestioni musicali.

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Marco Colonna – Offering. Playing The Music Of John Coltrane (Niafunken/Setola di Maiale, 2021)

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Recensione di Mario Grella

Vorrei incominciare questo commento al suggestivo lavoro di Marco Colonna, dal titolo Offering. Playing the Music of John Coltrane uscito per Niafunken, con una considerazione molto personale. Ho sempre amato soffermarmi nelle chiese, nella basiliche, nelle cattedrali, ma anche nelle pievi o nelle chiesette di campagna, al di là della mia fede personale, anche per poterne gustare i silenzi. Ognuna ha un suo silenzio particolare, come sapevano John Cage e tantissimi altri grandi compositori e musicisti, anche i silenzi “suonano”. Un tempo nelle chiese si poteva ascoltare praticamente un solo ed unico strumento, l’organo insieme a canti liturgici e gregoriani. Qualcuno poi però ha cominciato ad usare le chiese per i concerti, riconoscendone un luogo anche di “spiritualità” in senso lato e non solo in senso strettamente religioso. Sono comparsi i violini, qualche flauto, persino tromba, trombone e saxofono. Non posso anche qui fare a meno di citare, i tanti concerti della rassegna NovaraJazz di Corrado Beldì e Riccardo Cigolotti che si sono tenuti (e speriamo si tengano ancora), nella grande  basilica di San Gaudenzio, sotto l’imponente e misteriosa Cupola antonelliana, luogo, come confermano i musicisti, dall’acustica eccezionale. 

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