R E C E N S I O N E
Recensione di Riccardo Talamazzi
C’è chi considera la ricerca del “senso della vita” una prigione mentale, una delle tante che l’Uomo si costruisce beandosi poi di abitarla. Così almeno la pensava l’intellettuale indiano Krishnamurti. C’è chi invece, come lo psicoanalista C.G.Jung, sostiene il contrario, per cui l’individuo veramente liberato è colui che insegue il vero sé stesso, trovando la propria essenza al di là di tutte le maschere sociali e personali che abitudinariamente indossa. Non so come la pensi Francesco Bearzatti a proposito, ma ho l’impressione che il suo metodo di ricerca sia assolutamente peculiare. Abituato a tracciare in profondità il profilo musicale di artisti dalle personalità multiformi – Tina Modotti, Malcom X, Woody Guthrie, John Coltrane o creature di fantasia come Zorro – oggi lo vediamo concentrare lo sguardo sul leggendario Tony Scott, il grande clarinettista italo-americano scomparso a Roma nel 2007. Forse, attraverso il proprio “sentire”, Bearzatti accarezza le storie personali, il carattere, le complessità individuali dei suoi “omaggiati” ed è per mezzo di loro che egli cerca di chiarire sé stesso, elaborando il tutto come uno specchio concavo che focalizzi al centro le riflessioni, i pensieri, i progetti e i sogni altrui. Per capire chi era Tony Scott al di là della sua musica, è molto utile vedere il docu-film di Franco Maresco che trovate su YouTube,“Io sono Tony Scott”. Il film ci mostra, direttamente o attraverso le interviste fatte a familiari e a musicisti americani e italiani che ebbero a che fare con lui, i lati più inquieti del suo carattere, un narcisismo esasperato, sfumato da comportamenti paranoidi e dalla gran paura di non essere valutato per ciò che è stato veramente, un musicista che ha fatto la storia del jazz.

Portrait of Tony è appunto l’ultima fatica di Bearzatti, qui accompagnato da Zeno De Rossi alla batteria – collaudata conoscenza dei Tinissima Quartet – Gabriele Evangelista al contrabbasso e Federico Casagrande alla chitarra. Ci sono anche due ospiti come Daniele Tittarelli al sax contralto e al clarinetto basso Marco Colonna. Sono rimasto molto colpito dall’approccio sonoro di Bearzatti al clarino. In verità, chissà perché, ci avevo sempre prestato poca attenzione, concentrandomi maggiormente sul timbro del suo sax. Invece il compositore di Pordenone mi ha sorpreso per la varietà di colore ottenuto dal suo legno che in questo Portrait emerge forse come mai prima. La presenza della chitarra elettrica, suonata con gusto e temperamento quasi rock da Casagrande, sottolinea l’impronta soggettiva dell’invenzione di questo lavoro, un ritratto personalizzato, quindi, non una copia pedissequa delle intenzioni di Scott. Questo è un disco di Bearzatti e compagni e come tale va percepito. Del resto la ritmica costituisce un’ossatura ruvida molto moderna, a tratti più vicina ad un’impostazione pop-rock che non alla tradizione jazzistica.
Infatti il primo brano, Bouncing with Tony si preannuncia così, con l’esordio di basso e batteria che ben presto si trasforma in uno swing. Il clarinetto vola sulle ali fornite dalla chitarra e dalla ritmica tirata a riga e compasso con una serie di scale affrontate in massima scioltezza, seguito da un assolo chitarristico molto tradizionale ed efficace. C’è spazio anche per il contrabbasso e per la batteria che si divertono a spezzare il ritmo nei margini loro concessi. Billie’s blues ricorda la relazione amichevole e professionale tra la Holiday e Scott, La traccia originale fu composta dalla stessa Holiday nel 1936 ma qui si tratta di un omaggio ed è altra cosa rispetto a ciò che già conosciamo. In realtà il brano inizia come fosse uno spiritual, con il clarino che urla di malessere prima di seguire l’accompagnamento chitarristico, giocato su un accordo in minore e successivamente sulla 5° bemolle dello stesso. È Casagrande che crea il mood giusto, con pochi, misurati interventi mentre il clarino inizialmente s’incupisce sul tema, poi, in un secondo tempo, si arricchisce di note acute dall’intenso tenore drammatico. L’assolo di chitarra è gestito dilatando e stirando gli spazi e le note come farebbe un classico chitarrista di scuola rock-blues. A curious child è un duo di clarino e contrabbasso che ci dà modo anche di percepire meglio il solido lavoro di sutura di Evangelista. La melodia ha qualcosa di sbarazzino nel suo incedere e si muove velocemente, creando una sensazione di leggerezza. Harry’s Banana rievoca una vecchia diatriba per la paternità di Banana boat, rivendicata in parte da Scott anche se il suo nome, ufficialmente, non risulta tra i compositori del brano, famosissimo e portato al successo stellare da Harry Belafonte. Ma la musica proposta qui da Bearzatti non ha alcuna valenza polemica, è un allegro excursus tra percussioni caraibiche e l’assoluta fantastica trama chitarristica suonata anche con effetti elettronici che tendono a sdoppiarla, con un clarino che di per sé è un piccolo inno gioioso. Azzeccate e misurate le percussioni di De Rossi. In Bird & Tony clarino e sax si sovrappongono in un tipico unisono in un tracciato be-bop che vuole ricordare la collaborazione tra Parker e Scott. Mi trovo però in imbarazzo nel capire se la sonorità del sax, che mi sembra un tenore, appartenga a Bearzatti (in sovra incisione?) o se invece sia dovuto all’apporto di Tittarelli. Purtroppo le note stampa non chiariscono nello specifico la natura di questi interventi e non è sempre facile cogliere le differenze.

Noltalgia si muove in un’aura malinconica, dall’aria vagamente sognante che pare di trovarsi in un vecchio film di Pupi Avati. Ampio spazio al contrabbasso che melodizza tra le reti della chitarra e della batteria. Anche Casagrande si concede un assolo molto pulito prima della chiusura condotta dal clarino che riprende il tema, con qualche felice libertà sul finire. Zen Aphorism ricorda la suggestione di Scott per il Giappone e l’Indonesia, regione dove per altro subì una brutta disavventura essendo stato scambiato per una spia americana, con conseguente prigionia e, si dice, anche tortura. Fu proprio però in Giappone che Scott incise Music for Zen Meditation, probabilmente il suo più grande successo di vendite. Memories s’introduce con la chitarra elettrica effettata ma la successiva progressione con accordi pieni e un accompagnamento ritmico decisamente di matrice rock disorienta un po’ le aspettative fin qui create. Il brano è bello e vitale e il clarino può volare in cielo, grazie anche alle scale che in alcuni punti forzano un po’ i limiti della tonalità. Anche qui grande spazio per il contrabbasso. Nel brano seguente, A night in Salemi, l’incedere iniziale è orientaleggiante, molto suggestivo, fino a quando un primo fiato imposta una base costruita su intervalli di sesta mentre un secondo imbastisce una melodia quasi irridente d’aspetto popolare. La chitarra, poi, si sostituisce ad uno dei due fiati, verso un finale d’anarchica libertà, permettendo ad entrambi gli strumenti soffiati la loro corsa conclusiva. Descending è un breve intermezzo che introduce Under the bridge, sorretto da un iniziale, pervasivo solo di contrabbasso. Qui, probabilmente, è il clarino basso di Colonna che imposta una melodia tra le più malinconiche dell’intero disco. Forse alludendo ad un periodo poco felice della vita avventurosa di Scott, soprattutto durante la parentesi milanese, che lo vide errabondo e senza casa ad elemosinare un alloggio ed un sostegno da qualche amico. Chiude il clarino solo in Lush Life di Strayhorn, brano che Scott rifece e incise molte volte, sottoponendolo a molteplici varianti.
Portrait of Tony ci racconta un po’, in termini sonori, parte della tribolata carriera di Scott, passato dalla fama e dalla gloria dei ’50’-60 – la sua prima incisione da leader risale al ’56 – fino alla decadenza, aggravata anche dalla sua condizione psichica non sempre lineare. Bearzatti, come suo solito, offre un’interpretazione sincera, energetica con qualche momento di introversione malinconica che cerca quell’equilibrio segretamente fluido tra la musica e il sentimento di vicinanza artistica provato per Tony Scott. Un uomo problematico, quest’ultimo, con qualcosa dentro che spesso lo costringeva a scelte poco felici – trasmissioni tv nazional-popolari, apparizioni in locali non consoni – e che anche per questo si ridusse spesso a vivere ai margini di sé stesso.
Tracklist:
01. Bouncing With Tony
02. Billie’s Blues
03. A Curious Child
04. Harry’s Banana
05. Bird & Tony
06. Noltalgia
07. Zen Aphorism
08. Memories
09. A Night In Salemi
10. Descending
11. Under The Bridge
12. Lush Life
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