Articolo di Eleonora Montesanti, immagini sonore di Gregorio Adezati
Due violini, una chitarra, un pianoforte, una fisarmonica, un theremin, percussioni giocattolo, due clarinetti, una loop station, un mixer per manipolare il suono, un registratore rosa per bambini, una voce.
Eccola, la Grande Abarasse Orchestra di John De Leo, che torna sul palco della Salumeria della Musica di Milano dopo un anno a divertire, stupire e incantare il suo pubblico.
Questo show è una certezza. Una certezza fatta di professionalità, avanguardia, ironia e cura per i dettagli. Una certezza che lascia imbambolati, o, per parafrasare il titolo di un brano contenuto ne Il Grande Abarasse, muti (come un pesce rosso)
John De Leo è un animale da palcoscenico, nonché direttore d’orchestra eccellente, che utilizza la sua voce come strumento che arricchisce la massa sonora già di per sé sempre giocosa e sorprendente, tra onomatopee, improvvisazioni e aperture vocali da brividi.
Il concerto si apre con il tema de Il gatto persiano, condito da alcuni momenti di improvvisazione con un John De Leo ancora sconvolto per aver pagato 44 euro di taxi. E sarà proprio questa, infatti, l’Apocalissi mantra che tornerà a farsi sentire con ironia durante tutta la durata del concerto, nel quale si ripercorrono tutte le tracce de Il Grande Abarasse, tra rock, jazz e suggestioni sperimentali.
L’impatto emotivo è molto forte e non si consuma mai, anzi, il piacere e la curiosità vengono stimolati all’ennesima potenza: il più grande talento di John De Leo è quello di far sembrare tutto spontaneo e naturale, anche se, per far funzionare una performance del genere, nulla viene mai lasciato al caso.
La musica diventa il mezzo per fidarsi dell’imprevedibilità e per valorizzare le sfumature dell’esistenza: John De Leo ci ricorda che ogni aspetto delle relazioni, della quotidianità e delle emozioni può essere un’esplosione con cui possiamo giocare.
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