Un progetto interessante quello del Batti 5 di oggi, tra elettronica e disincanto, l’amore per il surreale, il fiorire del declino: ecco Vinnie Marakas con la sua uscita discografica Giovane Cagliostro, il primo EP prodotto da Richard Floyd per Dischi Sotterranei. Questa la sua presentazione: “Performer eclettico, baro giocatore di dadi e operatore del sottosuolo… alchimista e mago metropolitano, il nome della sua Opera è scritto sul manto delle tigri. Secondo alcuni esegeti non sarebbe un uomo ma un essere demoniaco che da sempre attraversa i secoli…” L’abbiamo incontrato in occasione dell’uscita del suo singolo Rrose Sélavy.
‹‹Ci sono così tante artiste di cui vorrei parlare ancora!›› Anna Rollando
Avere tra le mani il nuovo libro di Anna Rollando mi ha procurato quella confortevole sensazione che si prova normalmente quando si è ospiti a casa di amici che di tanto in tanto si ha il desiderio di andare a visitare, per un pomeriggio di conversazioni piacevoli e garbate riguardo a quegli argomenti e comuni passioni che vivificano e rinsaldano le amicizie, rendendo al contempo più bella la vita al di là delle sue inevitabili amarezze. Questo è il convenevole senso di ospitalità col quale mi ha accolto il terzo volume scritto dall’autrice per la Graphofeel Edizioni e pubblicato sul finire del 2021, che rinnova l’appuntamento e i discorsi avviati a partire dai due precedenti per lo stesso editore – Applaudire con i piedi. Segreti e curiosità della musica colta(2018); Applaudire con i piedi 2. Il difficile e meraviglioso mestiere della musica (2019). Sebbene nel titolo, Le invisibili signore della musica. Storie vere di artiste di talento, sembra discostarsi dai primi due, questo libro prosegue il racconto del mondo della musica attraverso aneddoti e storie che attraversano e incontrano epoche, generi e protagonisti.
I Solchi della storia nasce dall’intuizione di raccontare avvenimenti storici, epocali, legati a fatti, storie, cronache e date importanti abbinandoci altrettante musiche e canzoni sul tema. Il libro dedica 22 capitoli ad altrettanti avvenimenti che servono per raccontare una lunga colonna sonora rock con tanto di ricordi, reminiscenze e tappe esistenziali. Capitoli agili e stuzzicanti con dovizia di particolari e dettagli in cui Maurizio Galli ha davvero trovato episodi d’importanza mondiale che hanno segnato il mondo intero. Avvenimenti tragici, di crisi, deportazioni, guerre, assassini, stragi, massacri, golpe, tregua e liberazione ma in tutti Galli ha trovato il lieto fine oppure un messaggio di solidarietà per farci sentire uniti o più forti per uscire da questi buchi neri.
Da tempo mi ero ripromessa di recensire Faccio la mia cosa di Frankie Hi-Nrg Mc edito da Mondadori nella collana Strade Blu, in primis perchè ho un debole per l’autore, non lo nascondo, lo stimo molto perchè rappresenta forse il lato più autentico del rap, quello di musica di protesta, poi perchè, pagina dopo pagina, ho ritrovato parte della mia infanzia e di quella di un’intera generazione. Di qualche anno più grande di me, il suo racconto inizia con il giorno della nascita, coincidente con la conquista della luna da parte degli astronauti americani, e prosegue poi con varie peripezie in giro per l’Italia, a causa del lavoro del padre e per le sue origini, per metà siciliano e per metà piemontese. In tutto questo la vita di Frankie si intreccia con le vicende della cronaca italiana di quegli anni, dagli attentati terroristici ai delitti di mafia e, in mezzo, la scoperta della musica, dallo Zecchino d’oro fino al hip pop, nei primi anni ’80, il genere che gli cambierà l’esistenza.
L’anno scorso Doriana Tozzi, scrittrice e giornalista musicale, ha pubblicato il suo primo libro “B-Side – L’altro lato delle canzoni – Autunno”, pianeta immaginario in cui, si è scatenata la fantasia dell’autrice per racconti che portano titoli di canzoni. “B-Side – L’altro lato delle canzoni: Inverno”, è il secondo volume della tetralogia di racconti ispirati a canzoni dei cantautori italiani tra i più recenti, da Levante a Brunori Sas, da Diodato a Nada, da Umberto Maria Giardini a Cristina Donà, introdotto da una brillante prefazione a cura del noto giornalista e critico musicale Ernesto Assante. Entrambi i libri sono editi da Arcana. Un piacere incontrarla di nuovo per scambiare quattro chiacchere su queste canzoni della vita e del cuore, trasformate in racconti.
Lo spazio del Batti 5 di oggi è dedicato ad Andrea Notarangelo, milanese, chitarrista, bassista e redattore di Off Topic. Da oggi è anche scrittore, esordisce con il suo primo romanzo autoprodotto Un buon inizio, nato durante il lockdown. Claudio, il protagonista, dopo la scomparsa della nonna materna rinviene delle lettere che gli aprono un mondo sulla figura umana della donna, suscitando molta curiosità. Da qui un viaggio a suon di musica, verso un sogno da esaudire. Abbiamo voluto saperne di più, ecco le nostre 5 domande.
Sintetizzare o commentare un libro ciclopico è un esercizio vano, poiché un post altrettanto ciclopico non servirebbe a nulla e certo non potrebbe sostituire la lettura di questo tomo fondamentale per la comprensione di un monumento vivente della storia della musica quale è Bob Dylan. E allora, cercando di essere parchi e misurati, vi dirò che, se non leggerete questo libro, difficilmente potrete avere la misura esatta della complessità del menestrello di Duluth. Del resto il suo autore, Alessandro Carrera non è nuovo a simili imprese: vale la pena ricordare le traduzioni di tutti i testi di Bob Dylan in più volumi, editi qualche anno fa sempre per Feltrinelli. Bastava leggere quei volumi di testi, ma soprattutto le note (che occupano ben più dei testi stessi delle canzoni), per rendersi conto che ogni parola scritta da Mr. Zimmerman è una piccola monade, in un universo di riferimenti di estrema complessità. Questo libro non fa che confermare quei riferimenti con l’aggiunta che si tratta di una magnifica narrazione, che oltre coinvolgere la poesia dylaniana, racconta fatti, relazioni, aneddoti e riporta interviste, dichiarazioni e discorsi che Carrera ha “confezionato” con ineguagliabile rigore, precisione e logica.
Nelle prime pagine del suo affascinante saggio dedicato alla figura di Parmenide e alle origini della sapienza greca, Peter Kingsley scrive che ‹‹la cultura occidentale è la cultura della rimozione››[1].
Ora, che si tratti o meno di un meccanismo di rimozione, è possibile osservare come la nostra sia una cultura che pratica attivamente la dimenticanza. Al di là di un atteggiamento talora retrospettivo ed espositivo nei riguardi della dimensione artistica umana – e quando si tratta della cultura degli altri, di un atteggiamento curioso più del folklore e dell’espressionismo dell’arte che non della comprensione dei diversi livelli di percorso e di significato – la nostra società si rivolge mal volentieri al proprio passato e tiene in poco conto la Storia nel cui alveo si è prodotta; col suo “procedere in avanti” (pro-gradior) ripiegato sul mero sviluppo tecnologico che non si interroga sulle proprie ripercussioni, e rivolto al risultato economico più immediato e irresponsabile – essa proietta un’immagine tautologica di se stessa verso il futuro, sembrando non avere più gli strumenti, men che meno la volontà, di elaborare e proporre una visione complessa insieme ad un’escatologia positiva riguardo all’uomo e al suo destino.
‹‹Avere una perla come il RITRATTO DI SIGNORA di Klimt avrebbe certamente aiutato il turismo piacentino… Una tela unica come quella del pittore austriaco, che ha la caratteristica di nascondere un altro dipinto ritenuto scomparso… Un richiamo assoluto. Abbiamo preferito non rimpiazzarlo con una copia e anche le guide, quando arrivano nella sala degli stranieri, giustificano la sua assenza spiegandone l’insostituibilità. Aspettiamo che ci venga restituito l’originale per poterlo mettere al suo posto, speriamo presto.››
Le amare considerazioni dell’allora direttore Stefano Fugazza, riportate nel libro di Ermanno Mariani Il mistero del doppio ritratto di Klimt (2018, edizioni PONTEGOBBO) insieme al racconto degli incredibili accadimenti di quegli anni a partire dal furto del quadro dipinto dal maestro della Secessione viennese, trafugato dalla Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi di Piacenza nel febbraio 1997, esprimono in buona sintesi il vissuto e le implicazioni anche psicologiche, oltre che economiche e sociali, che hanno visto coinvolte una città e la sua comunità: una vicenda che aveva avuto ampia risonanza e destato all’epoca grande scalpore per le modalità con le quali si era verificata, e che, tra luci e ombre, ha continuato negli anni a generare leggende e sobillare misteri; misteri che del resto non paiono del tutto dipanati neanche oggi, ancorché gli auspici dell’ex direttore Fugazza si siano realizzati e il “doppio ritratto” di Gustav Klimt, rinvenuto nel 2019 e restituito alla galleria, è tornato nella disponibilità di Piacenza e dei suoi visitatori.