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Isaiah J. Thompson – The Power of the Spirit (Blue Engine Records, 2023)

R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

A proposito di giovani, visto che recentemente Off Topic ha recensito il lavoro di diversi jazzisti attorno ai trent’anni, oggi è la volta di un pianista americano ventottenne, Isaiah J.Thompson, nativo del New Jersey. Possiamo tranquillamente sbilanciarci nel prevedere un avvenire brillante per questo ragazzo del ’95 e del resto ci vuole poco, una volta che lo si è sentito suonare. Arriva col classico vento in poppa al suo terzo disco da titolare,The Power of the Spirit, dopo aver cominciato ad incidere nel 2020 un album dedicato al pianista Buddy Montgomery fratello del più noto chitarrista Wes – Plays the Music of B.M – e aver raddoppiato con Composed in Color uscito l’anno dopo per l’italianissima Red Records. Ora Thompson si ripresenta con un quartetto live registrato quest’anno al Lincoln Center’s Dizzy’s Club di New York, dove si avventura nella fossa dei leoni per un evento dal vivo, dimostrando la qualità crescente della sua maturazione come pianista avvenuta in questi ultimi due anni. In effetti si potevano riscontrare un paio di limiti nel suo pianismo, volendo proprio essere pignoli. Il primo consisteva in un eccesso di esuberanza, una quasi maniacale devozione per l’hard be-bop cherischiavadiretrodatare il suo stile di qualche decennio, rispetto alla contemporaneità del jazz statunitense. Il secondo handicap, se così possiamo chiamarlo, consisteva nel fatto che fino a questo evento live, Thompson non si era ancora cimentato in composizioni personali, riproponendo versioni sempre eccellenti ma di brani altrui, confidando nella fantasia del proprio estro improvvisativo. Con The Power of the Spirit queste limitazioni vengono entrambe superate, sia perchè l’Autore si è arricchito di un self-control che prima non possedeva e, nonostante le sue scale be-bop vengano prese sempre in forte velocità, si avverte ora una devianza da quella eccessiva linearità manifestata nei dischi del suo recente passato. Poi i brani sono tutti scritti dallo stesso Thompson e quest’ultimo rilievo è forse ciò che testimonia maggiormente il mutamento direzionale del pianista e la propria indubbia crescita.

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Milo Scaglioni – Invincible Summer (Another Music Records, 2023)

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Recensione di Arianna Mancini

Il percorso d’esplorazione dei suoni dal prezioso sottosuolo italiano continua, ci troviamo anche questa volta con un artista lontano dalle luci della ribalta del “grande pubblico”, una realtà sincera e intima, che ha in sé la nostalgia del passato ed il verace calore dei pensieri autentici. Siamo in compagnia di Milo Scaglioni e del suo secondo lavoro solista, Invincible Summer, uscito il 5 maggio per Another Music Records, proprio nel giorno del suo compleanno e in un lasso temporale in cui si trova in tour, al basso, con i Baustelle, per la presentazione del loro nuovo lavoro, Elvis.
L’album esce a distanza di sette anni da Simple Present, uno splendido esordio controtempo e controcorrente in cui la dimensione folk psichedelica unita a un cantautorato intimo riprende corpo riportando una certa gioia nei cuori dei nostalgici delle sonorità di fine anni ’60.

Originario della bassa Lombardia si approccia al basso elettrico da autodidatta, e d’illustri autodidatti nel campo della musica se ne possono annoverare molti. Trova la sua dimensione per esprimersi con il proprio strumento con il trasferimento in Gran Bretagna dove rimarrà per dieci anni, suonando con realtà musicali dell’area di Manchester: con il suo gruppo The Beep Seals, formazione indie-folk psichedelica e accompagnando Jim Noir, parte del filone electro-pop psichedelico. Tornato in Italia, prima di focalizzarsi sul suo progetto solista, accompagna in tour Roberto Dellera, Jennifer Gentle, Thee Elephant e Sonic Jesus.

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Eugenia Canale Quartet – Risvegli (Barnum for Art, 2023)

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Recensione di Lucio Vecchio

Risvegli è il titolo del nuovo lavoro di Eugenia Canale, prodotto dall’etichetta Barnum for Art. La giovane e brillante pianista jazz, compositrice e arrangiatrice è affiancata da tre nomi altisonanti della scena jazzistica nazionale: Max De Aloe (armonica, fisarmonica in Luis e Chiquinha), Riccardo Fioravanti (contrabbasso, basso in Risvegli e Sunday Steps) e Marco Castiglioni (batteria). La tracklist è formata da nove brani originali figli della fertilità compositiva di Eugenia Canale, che ha scritto anche gli arrangiamenti di tutte le composizioni presenti nel CD. Risvegli rappresenta una fulgida summa improntata su calde nuance mediterranee, ventate scandinave ed elementi appartenenti alla musica europea (di matrice accademica), dunque un album concepito nel segno del contemporary jazz. Un disco in cui si alternano momenti dal mood tendenzialmente intimistico e impressionista, ad altri frangenti ricchi di verve comunicativa e intensa energia espressiva. Il tutto impreziosito da alcune modulazioni metriche particolarmente interessanti.

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Roberto Bonati ParmaFrontiere Orchestra – La fòla de l’oca / Overtime (ParmaFrontiere, 2023)

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Recensione di Mario Grella

Il tempo è un’antica ossessione delle arti, di tutte le arti, dalla letteratura alla poesia, al teatro. Ma è nella musica che il tempo gioca davvero un ruolo fondamentale. Musica e tempo sono assai più simbiotici, almeno quando si tratta del tempo con la “t” minuscola. Quando si tratta del Tempo con la maiuscola, la questione si complica ulteriormente. Qui la letteratura ha prodotto capolavori assoluti, come ne ha prodotti il cinema. E la musica? Ci sono molti musicisti che hanno posto il tema, ma non tantissimi. Saluto quindi con grande gioia ed altrettanta curiosità, l’uscita La fòla de l’oca, magnifico cd di Roberto Bonati, riflessione musicale sul Tempo, prodotto da ParmaFrontiere e al quale hanno collaborato prestigiose accademie musicali, quali quelle di Oslo, Nürnberg, Hamburg, Göteborg, Stavanger e Glasgow. Il progetto, partito nel 2018, vede finalmente la luce dopo i tempi travagliati della pandemia. Il raffinato cd (anche da un punto di vista grafico) contiene sette intensissimi brani con i testi di Sant’Agostino, Eraclito, Marco Aurelio, Walt Whitman con loro riflessioni sul Tempo. Stranamente le prime parole che si incontrano in apertura non sono di nessuno di questi autori, ma vengono dalla saggezza popolare e sono sotto forma di filastrocca, “La fòla de l’oca” appunto, un “nonsense”, degno di Edward Lear, che viene dalla tradizione orale padana e che, come ricorda lo stesso Roberto Bonati, “ha l’odore della terra” e un ritmo verbale ancestrale che, oltre che costituire le radici dell’autore, rimanda alla circolarità del Tempo.

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Elias Lapia – Tough Future (Emme Record Label, 2023)

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Recensione di Riccardo Talamazzi

Il coerente universo propositivo della Emme Record Label si arricchisce di un nuovo album, Tough Future, del sassofonista contraltista nuorese Elias Lapia, ventottenne alla seconda prova discografica. Così com’è accaduto per il suo collega di scuderia, il quasi coetaneo esordiente Lorenzo Bisogno (potete leggere una sua recensione proprio qui), non posso fare a meno di meravigliarmi di fronte alla maturità e all’ammirevole sapienza tecnico-espressiva di questi due giovani musicisti. Diversi, certamente, nello stile e nelle intenzioni, ma accomunati da quella capacità di riassumere decenni di jazz nelle loro battute con la voglia di proporre tutta una gamma di nuove sfumature all’interno di una dimensione per altro molto praticata, quella della classica formazione a quartetto. Leggendo poi il curriculum di Lapia che mi sembra particolarmente esemplificativo, mi trovo a riflettere su come le storie personali dei musicisti jazz italiani più giovani siano non solo simili tra loro, ma radicalmente cambiate nel giro di quest’ultimo trentennio rispetto a quelle dei loro padri. La crescita e la maturazione musicale passa oggigiorno attraverso la dimensione obbligata del viaggio, delle esperienze internazionali e di quelle collaborazioni con artisti d’ogni parte del mondo che stanno diventando abituali, soprattutto nell’ambito di una musica complessa e apparentemente in ascesa di consensi com’è il jazz. I giovani percorrono l’Europa e se ne vanno anche oltreoceano per affinare ed arricchirsi di esperienze musicali eterogenee e infatti, nello specifico che riguarda Lapia, ci sono stati soggiorni proficui in Francia e Olanda più una borsa di studio nel famoso bostoniano Berklee College. Il quartetto ben si adatta alla solidità strutturale di una forma musicale che preveda, in quest’occasione, il sax come strumento solista robustamente sorretto da due elementi che collaborano ad una ritmica compatta, insieme al ruolo armonizzante della chitarra elettrica.

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Baustelle – Elvis (BMG, 2023)

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Recensione di Nadia Cornetti

Sai quando a Natale vedi sotto l’albero il regalo dalla forma che ti ha già lasciato intendere il contenuto e non vedi l’ora di scartarlo perché sai già che lo adorerai? Ecco, Elvis è stato un po’ questo, nei giorni che hanno preceduto la sua uscita, avvenuta a mezzanotte del 14 aprile 2023. Non è necessario ripercorrere la storia musicale del gruppo, non basterebbe un articolo e, soprattutto, c’è talmente tanto da raccontare su questo nuovo lavoro che non voglio sprecare parole. Prima di iniziare la nostra immersione musicale premetto che, per sentirmi raccontare Elvis direttamente dalla bocca di Rachele, Francesco e Claudio, ho assistito alla presentazione del disco proprio nella loro Milano (come hanno dichiarato in più occasioni, i Baustelle hanno trovato in Milano una casa accogliente, benché le loro origini siano da ricondurre a Montepulciano): ebbene, ho assistito a una chiacchierata genuina e umile, dove questi nuovi Baustelle non vogliono piacere a tutti i costi, e non ti dicono ciò che vuoi sentirti dire, ma ti raccontano con sincerità chi sono diventati e con che intenti è nato questo loro ultimo lavoro.
Partiamo proprio dal titolo, Elvis: il nome del protagonista del rock&roll per antonomasia ci preannuncia forse un album brillante e vincente, penso. Invece no: non dimentichiamoci che Elvis ha avuto anche una fase decadente, da “loser”, ed è questa che interessa mostrare al gruppo.

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Sick Tamburo – Non credere a nessuno (La Tempesta Dischi, 2023)

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Recensione di Stefania D’Egidio

Non credere a nessuno è il sesto disco dei Sick Tamburo, uscito lo scorso 21 aprile per La Tempesta Dischi e distribuito da Believe. Per chi non li conoscesse la band nasce da un’idea di Elisabetta Imelio e Gian Maria Accusani, già accomunati da quello splendido progetto chiamato Prozac+ che con Acida del 1998 diede un bello scossone al panorama musicale nostrano. Ben riconoscibili dall’estetica, legata all’uso di passamontagna, camicia rossa e gilet nero, si affidano da subito a La Tempesta Dischi, collettivo di artisti indipendenti capitanato dai Tre Allegri Ragazzi Morti, anche loro di Pordenone.

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Dominic Miller – Vagabond (ECM Records, 2023)

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Recensione di Riccardo Talamazzi

Come sottolinea il suo autore Dominic Miller, Vagabond non è un disco incentrato sulla chitarra. Questo musicista nato a Buenos Aires ma vissuto per molto tempo tra USA e Inghilterra, tiene a rimarcare come il suo strumento, appunto la chitarra, sia solo uno tra gli altri che si esprimono in questo meditato album dai toni riflessivi e trasognati. Miller, da molti ricordato per aver condiviso palchi ed incisioni con Sting – fu coautore di alcune sue canzoni tra le più belle, come ad esempio Shape Of My Heart – sembra quasi un apolide dell’anima per essersi pienamente coinvolto con le narrazioni di molti musicisti con cui ha lavorato, tutti diversi tra loro, come Phil Collins, Bryan Adams, Peter Gabriel, Katie Melua, Nigel Kennedy e molti altri. Sicuramente Miller è uomo poliedrico e dalla numerose sfaccettature espressive ma i momenti con ECM – questo è il terzo album per l’etichetta tedesca, dopo Silent Light (2017) e Absinthe (2019) – sono forse quelli più rappresentativi che meglio riescono a tradurre le dinamiche più recondite dell’artista. Il lavoro di Miller è effettivamente una sorta di crepuscolare vagabondaggio attraverso un mondo malinconicamente accostumato e rarefatto. Il titolo dell’album allude anche ad una lirica del poeta inglese John Massfield, morto nel 1967, che rende bene il senso della musica che scorre su versi come questi “…Il paradiso per me è un bel tratto azzurro di cielo, la Terra è solo una strada polverosa”. E probabilmente oggi Miller è un cantore che si è scavato la sua zona di solitudine, un artista di stampo quasi romantico e dallo spirito errabondo che, arrivato ai sessant’anni, ha eletto come luogo adottivo il sud della Francia. Ma invece di restare abbacinato, come accadde per Van Gogh, dal sole accecante dell’estate, Miller pare prediligere colori più evanescenti, le primavere alla Odilon Redon per esempio, con quelle melodie che sembrano spesso tracciate in punta di pennello. Le sue letture del mondo, a prima impressione, appaiono sibilline ma il simbolismo è lieve e gentile, facendo trasparire la sua indole da raconteur affascinato, come lo fu Massfield – poeta amatissimo dal padre dell’Autore – dalla Natura nel suo quieto manifestarsi.

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Cristiano Calcagnile Anokhi – Inversi (We Insist! Records, 2022)

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Recensione di Aldo Del Noce

Non certo nuovo alle esperienze in trio (lo avevamo recentemente lasciato nella differente piattaforma Cats in the kitchen, facente capo alle visioni di Alberto Braida, ma molto più a ritroso nella personale combinazione Chant) il batterista Cristiano Calcagnile allestisce un nuovo repertorio per questa formula a partire dalle forti suggestioni stilistiche del pianista Hasaan Ibn Ali, non particolarmente celebrato ma considerato influente da diversi solisti, e fissato almeno in una storica incisione in trio con Max Roach.


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