R E C E N S I O N E
Recensione di Riccardo Talamazzi
A proposito di giovani, visto che recentemente Off Topic ha recensito il lavoro di diversi jazzisti attorno ai trent’anni, oggi è la volta di un pianista americano ventottenne, Isaiah J.Thompson, nativo del New Jersey. Possiamo tranquillamente sbilanciarci nel prevedere un avvenire brillante per questo ragazzo del ’95 e del resto ci vuole poco, una volta che lo si è sentito suonare. Arriva col classico vento in poppa al suo terzo disco da titolare,The Power of the Spirit, dopo aver cominciato ad incidere nel 2020 un album dedicato al pianista Buddy Montgomery fratello del più noto chitarrista Wes – Plays the Music of B.M – e aver raddoppiato con Composed in Color uscito l’anno dopo per l’italianissima Red Records. Ora Thompson si ripresenta con un quartetto live registrato quest’anno al Lincoln Center’s Dizzy’s Club di New York, dove si avventura nella fossa dei leoni per un evento dal vivo, dimostrando la qualità crescente della sua maturazione come pianista avvenuta in questi ultimi due anni. In effetti si potevano riscontrare un paio di limiti nel suo pianismo, volendo proprio essere pignoli. Il primo consisteva in un eccesso di esuberanza, una quasi maniacale devozione per l’hard be-bop cherischiavadiretrodatare il suo stile di qualche decennio, rispetto alla contemporaneità del jazz statunitense. Il secondo handicap, se così possiamo chiamarlo, consisteva nel fatto che fino a questo evento live, Thompson non si era ancora cimentato in composizioni personali, riproponendo versioni sempre eccellenti ma di brani altrui, confidando nella fantasia del proprio estro improvvisativo. Con The Power of the Spirit queste limitazioni vengono entrambe superate, sia perchè l’Autore si è arricchito di un self-control che prima non possedeva e, nonostante le sue scale be-bop vengano prese sempre in forte velocità, si avverte ora una devianza da quella eccessiva linearità manifestata nei dischi del suo recente passato. Poi i brani sono tutti scritti dallo stesso Thompson e quest’ultimo rilievo è forse ciò che testimonia maggiormente il mutamento direzionale del pianista e la propria indubbia crescita.
