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AC/DC

Giuda @ Parco Tittoni, Desio (MB) – 24 luglio 2022 (opening The Nuv)

L I V E – R E P O R T


Articolo e immagini sonore di Stefania D’Egidio

Che nessuno sia “profeta in patria” lo sapevamo da tempo, ma quando vedi dei talenti nostrani spopolare all’estero e non fare, invece, sold out in casa fa davvero male, non per campanilismo, ma perché non si capisce più quale sia il metro di giudizio della gente. Domenica 24 ad esempio c’erano due gruppi davvero esplosivi al Parco Tittoni di Desio, reduci dai successi delle tappe europee, The Nuv in apertura e i Giuda come headliner e saremmo stati poco più di un centinaio. Fa male, scusate se mi ripeto, fa tanto male quando vedi “prodotti di laboratorio” riempire i palazzetti e gente che sa suonare davvero snobbata alla grande. Sarà colpa del caldo torrido, sarà forse che adesso la promozione prevale sulla sostanza, sarà che sto invecchiando e sono diventata intollerante a tutto, ma a volta mi sembra davvero che il mondo vada al contrario.

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Udo Dirkschneider – My Way (Atomic Fire, 2022)

R E C E N S I O N E


Recensione di Stefania D’Egidio

Quello che ad una prima occhiata potrebbe sembrare un tranquillo nonnetto di provincia è in realtà uno dei maggiori rappresentanti del metal teutonico: all’anagrafe Udo da Wuppertal conta ben settanta candeline e non ha nessuna intenzione di appendere il microfono al chiodo; cofondatore nel 1968 del gruppo The Accept, anche dopo il primo scioglimento della band, si è sempre lanciato a capofitto nei progetti paralleli come gli U.D.O. e i Dirkschneider. Fulminato all’età di dodici anni da un album dei Beatles, abbandonati poi per i rivali Rolling Stones, più vicini per temperamento alle sue inclinazioni, da allora non ha mai lasciato il mondo della musica. Voce particolarissima la sua, come ce ne sono poche nel panorama heavy metal e hard rock (forse la più somigliante è quella di Brian Johnson), gracchiante, ma al tempo stesso potente, tanto da essere insignito da Metal Hammer Germania del prestigioso premio Maximum Metal nel 2016, per aver contribuito alla diffusione del genere musicale, niente male per uno come lui che, agli inizi di carriera veniva sbeffeggiato per una pronuncia non proprio impeccabile. Se il suo fisico ha subito i fisiologici cambiamenti legati al trascorrere del tempo, la voce è rimasta invece quella di sempre e l’ultima uscita discografica, My Way, per l’etichetta Atomic Fire (la stessa di Helloween, Opeth, Meshuggah, ecc…) ne è una prova lampante.

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Cypress Hill – Back in Black (BMG, 2022)

R E C E N S I O N E


Recensione di Stefania D’Egidio

Le leggende del hip pop latino, i Cypress Hill, tra i più rappresentativi e premiati gruppi degli anni ’90, sono tornate lo scorso 18 marzo con il decimo album in studio, Back in Black. Molti di noi li ricordano per il famoso singolo Insane In The Brain, in cui B-Real e Sen Dog si alternano sopra un break beat incalzante e ballabile, ma è con il successivo arrivo di Eric Bobo alle percussioni e grazie alla partecipazione ad eventi live, come il Lollapalooza Tour, che cominciano a scalare le classifiche R&B e pop. Considerati tra i pionieri del crossover, per le contaminazioni rock, reggae e punk dei loro brani, hanno finito per conquistare una più larga fetta di pubblico, apprezzati non solo dagli amanti del hip pop, ma anche dai metallari (celebri le collaborazioni con Tim Armstrong dei Rancid e gruppi quali Prodigy, Mobb Deep e The Alchemist). Dopo essersi presi una pausa tra il 2005 e il 2009, in cui i vari componenti si sono dedicati a progetti solisti, nel 2009 hanno di nuovo incrociato le loro strade, sfornando nel 2010 Rise Up, nel 2018 l’acclamato Elephant On Acid e, finalmente, Back in Black.

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The Darkness – Motorheart (Cooking Vinyl, 2021)

R E C E N S I O N E


Recensione di Stefania D’Egidio

La band più irriverente del britrock torna il 19 novembre con l’album Motorheart per Cooking Vinyl/Egea Music/The Orchard, a distanza di due anni dal precedente Easter Is Cancelled, entrato nella top 10 inglese con un buon riscontro di critica. Anticipato dalla titletrack e dai singoli Nobody Can See Me Cry e Jussy’s Girl, il disco è stato registrato, prodotto e mixato da Dan Hawkins nei Gateway Mastering Studios di Portland; copertina stravagante, con un rimando ai cartoons anni ’70, per la presenza di una sexy robot circondata da simboli fallici, il settimo lavoro in studio è stato annunciato dalla band come “l’album che spacca più forte di qualsiasi cosa fatta finora”, nove tracce (dodici nella versione deluxe) “per essere trasportati immediatamente da questa valle di lacrime lamentose ai campi elisi del rock dove tutte le mani sono alzate”. E Motorheart non tradisce le aspettative dei fans, forse il migliore prodotto negli ultimi anni.

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Grandmaster Flash @ JazzMi, Conservatorio Verdi, Milano – 31 ottobre 2021

L I V E – R E P O R T


Articolo e immagini sonore di Stefania D’Egidio

Credo che una bolgia così non si sia vista mai al Conservatorio Verdi di Milano e, del resto, la serata è di quelle destinate a entrare nella storia, lo si capisce dalla grande affluenza di spettatori e dal tipo di utenza, non solo giovani e meno giovani, che la nascita del rap l’hanno vissuta in prima linea, ma anche grandi nomi del panorama radiofonico e dello spettacolo, da Linus a Luca De Gennaro, da Massimo Oldani fino alla bellissima Elodie. Non capita tutti i giorni di poter assistere alla performance di una leggenda vivente come Grandmaster Flash, io stessa lo inseguo da tempo, ma le volte precedenti si era sempre esibito lontano da Milano. Cosa posso dire di un personaggio così senza cadere nella retorica? Ci pensa lui stesso, all’inizio dello show, a ricordarci che, in un tempo neanche troppo lontano, quando non esistevano gli mp3, Serato Dj, i social e i computer, la musica veniva suonata con i dischi e, sullo sfondo, passano delle bellissime immagini del Bronx dei primi anni ’80, quando le feste venivano improvvisate rubando la corrente elettrica dalle colonnine per strada e la musica bastava per far ballare tutti e per far dimenticare, anche solo per pochi attimi, i problemi di un’intera comunità, quella afroamericana.

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Electronomicon – Age of Lies (Elevate Records, 2021)

R E C E N S I O N E


Recensione di Stefania D’Egidio

Vi starete domandando chi sono gli Electronomicon, è capitato anche a me quando ho aperto il comunicato stampa, così sono andata a rovistare nell’etere e ho scoperto che il gruppo, americano, ma sparso in giro per il mondo, è attivo dal 2013, anno della pubblicazione di Unleashing The Shadows e che, da poco, è entrato a far parte della scuderia Elevate Records, etichetta discografica laziale, specializzata dal 1996 in produzioni metal (DGM, Heimdall, Morgana, Secret Sphere e Gravestone per dirne alcuni). La band è composta da Diego Valdez, già cantante del supergruppo dei Dream Child con membri di Ozzy Osbourne, AC/DC, Dio e Michael Schenker Group, Diego Rodriguez al basso, in precedenza con il gruppo folk metal Triddana, Alex Emerson alla chitarra, Owen Bryant al pianoforte e alla batteria, Mauro Tranzaciones alla chitarra. Divisi tra Spagna, Argentina e U.S.A., già con l’album del 2013 avevano ottenuto i favori della critica, raggiungendo la posizione n.7 della rivista Burn! insieme a gente del calibro di Metallica, Motorhead, Kiss e Dream Theater…un bel traguardo!

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AC/DC – Power Up (Sony Music, 2020)

R E C E N S I O N E


Articolo di Stefania D’Egidio

Sono passati 40 anni da quel 29 giugno in cui Brian Johnson si esibì per la prima volta in Belgio con gli AC/DC. Quella sera era tesissimo, aveva sulle spalle un’eredità pesante, quella lasciata pochi mesi prima dal compianto Bon Scott, e probabilmente si chiedette quanto sarebbe durata. Quasi mezzo secolo dopo, invece, sono ancora qua, nonostante gli sfortunati eventi degli ultimi anni: li avevamo lasciati trionfanti sul palco di Imola, poi la morte di Malcolm Young, la perdita di udito di Brian, che lo ha allontanato dalle scene per un pò, i guai giudiziari di Phil Rudd, ma si sa che quando sono ad un passo dalla fine, risorgono dalle ceneri e pubblicano un nuovo album con gli attributi. Back in Black è tuttora uno dei migliori lavori rock’n’roll di sempre, con oltre cinquanta milioni di copie vendute in tutto il mondo, difficile, se non impossibile, sfornarne uno altrettanto leggendario, ma anche Power Up non scherza mica. Prodotto da Brendan O’Brien, tra il 2018 e il 2019, nel Warehouse Studio di Vancouver è la diciassettesima fatica del gruppo australiano, la prima dopo la perdita di Malcolm, sostituito da Stevie Young; se Back in Black si presentava con una cover nera per rendere omaggio all’iconico Scott e iniziava, non a caso, con il suono di una campana, per Power Up è stata scelta una copertina rossa con il logo della band al centro e il palco sullo sfondo, con una fila di amplificatori schierati a dichiarazione di intenti. L’album uscirà il 13 novembre in diversi formati, digitale, CD standard, Deluxe Limited Edition e vinile in cinque versioni di colore; la versione Deluxe prevede una special box in cui, premendo un bottone laterale, si illuminerà il logo e si attiveranno gli altoparlanti integrati, all’interno del cofanetto, oltre al CD, ci saranno un booklet di venti pagine, con foto esclusive, e un cavo usb per la ricarica della scatola.

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