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Rob Mazurek & Exploding Star Orchestra – Lightning Dreamers (International Anthem, 2023)

R E C E N S I O N E


Recensione di Mario Grella

Non so se qualcuno di voi, soprattutto i diversamente giovani, si ricordi ancora (ma è molto difficile dimenticarsene) di Brian Sweeny Fitzgerald, noto come “Fitzcarraldo”… Immagino di sì e immagino, soprattutto, che pochi si siano potuti dimenticare del folle film girato da Werner Herzgog su questo sognatore peruviano che, per portare la voce del grande Enrico Caruso nel cuore dell’Amazzonia, fece costruire un teatro a Iquitos. Ebbene, proprio a lui mi hanno fatto pensare le note del comunicato stampa che accompagnano l’uscita di Lightning Dreamers ultima fatica di Rob Mazurek e della sua Exploding Star Orchestra. In quelle righe, Mazurek ricorda i tre anni trascorsi sul Rio Grande a Manaus (ed è proprio a Manaus, nel teatro della città amazzonica, che Fitzcarraldo ascolta per la prima colta “Il Trovatore” di Giuseppe Verdi). È in quel luogo, alla confluenza del Rio Negro e del Rio delle Amazzoni, che Rob ha cercato una sorta di ispirazione che ha poi trasformato nell’energia magnetica che si ritrova in questo lavoro.

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Lonnie Holley – Oh Me Oh My (Jagjaguwar, 2023)

R E C E N S I O N E


Recensione di Andrea Notarangelo

La bellezza della musica sta nel fatto che quando ritieni di aver scoperto tutto e quando pensi che difficilmente proverai una particolare emozione, ecco spuntare qualcosa di nuovo ad attenderti dietro l’angolo. A volte hai a che fare con una bella sorpresa, altre meno, ma non è questo il punto. La musica è quel tipo di arte che ti fa immaginare colori e sfumature là dove ci sono solo note e che ti mostra paesaggi paradisiaci o sobborghi disagiati di una metropoli ad ogni cambio di melodia. La musica è il viaggio più lungo che potrai mai fare nella tua vita senza esserti mosso di casa o dalla scrivania del tuo ufficio. Ed è in questo modo che ho abbracciato la proposta di Lonnie Holley, un artista anomalo e completamente fuori dagli schemi. Non voglio fare l’esperto dai gusti ricercati, mi piacerebbe raccontarvi che circa dieci anni fa ascoltai il suo esordio e ne rimasi folgorato, ma in verità, fino ad oggi non ero a conoscenza di questo portento e per questo motivo mi limito solo a introdurvi nel suo mondo. Desidero infatti raccontarvi la storia di un settantatreenne che solo nel 2012 è arrivato al traguardo del suo primo disco e che oggi presenta il settimo lavoro in studio dopo aver passato una vita come artista concettuale dedito alla creazione di opere di assemblaggio realizzate con materiali di recupero. Mister Holley ha visto di tutto, da bambino quando è stato venduto per una bottiglia di whisky, per passare a lavorare come scavatore di tombe fino al dedicarsi alla raccolta del cotone nel suo Alabama. Tutta l’esperienza l’ha concentrata nei suoi dischi e azzarderei dire che questo nuovo Oh Me, Oh My corrisponde alla summa e all’essenza del suo messaggio.

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NovaraJazz Weekender – Fall Edition @ Spazio Nòva, Novara – 12 e 13.11.22

A P P U N T I  D A  N O V A R A J A Z Z


Articolo di Mario Grella

Nj Weekender Fall Edition è la “due giorni” autunnale di NovaraJazz che si è tenuta sabato e domenica scorsi presso lo Spazio Nòva, ricavato all’interno della gigantesca ex Caserma Passalacqua nel cuore della città e abbandonata da anni al suo destino. Nòva, una volta si sarebbe chiamato “centro sociale” e del centro sociale ha tutte o quasi le caratteristiche: laboratori, biblioteca, spazi per incontri, dibattiti, proiezioni e concerti, piccolo punto ristoro. Manca forse solo la politica, almeno quella tradizionalmente intesa, poi c’è tutto (persino un posteggio a pagamento, questo magari non in stile col centro sociale anni Settanta-Ottanta). Ed è qui che Mr. Corrado Beldì, Mr. Riccardo Cigolotti ed anche Mr. Enrico Bettinello, stanno cercando di compiere il miracolo, ovvero quello di smuovere i giovani trascinandoli verso qualcosa che non sia solo lo spritz o i riti, un po’ ritriti della movida. E così eccoci qui, a quasi sessantacinque anni, in piedi (i concerti nei centri sociali et similia, si seguono rigorosamente in piedi e con una birra in mano, come mi ha rammentato più d’una persona dello staff), ad ascoltare un programma di gran qualità che comprende brevi concerti alternati a dj set di grande impatto per il pubblico più giovane che si alternano nelle due sale che permettono, grazie alla doppio allestimento, un veloce alternarsi dei musicisti e gruppi. Questo è il format di NJ Weekender Fall Edition (che lascia presumere anche una edizione primaverile o estiva…)

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Anteloper – Pink Dolphins (International Anthem, 2022)

R E C E N S I O N E


Recensione di Mario Grella

Cominciamo dal Pink Dolphin e non solo perché è il titolo o perché è raffigurato in maniera psichedelica e naif sulla copertina del disco (continuo ostinatamente a chiamare disco ogni prodotto musicale anche su altri supporti), ma anche perché è una creatura incredibile, nel senso che è difficile credere alla sua esistenza e, non so perché, mi sembra somigliare molto a Jaimie Branch. Un delfino di acqua dolce che vive (almeno per ora) e risale i fiumi dell’Amazzonia. A dire la verità Jason Nazary e Jaimie sembrano anche loro essere “bestie rare“: entrambi hanno una “militanza” nella musica e nella cultura punk ed entrambi sembrano “pesci fuor d’acqua”. Sì, lo so il delfino è un mammifero, ma diversamente la metafora non stava in piedi. Nuotano in acque che stanno tra il jazz e qualcos’altro, anzi tra qualcos’altro e il jazz, ma questo importa solo a chi vende i dischi e non sa dove collocare lo splendido Pink Dolphins loro ultima fatica, con Jaimie Branch alla tromba, elettronica, percussioni e voce, Jason Nazary alla batteria e synth e Jeff Parker al basso e chitarra. L’antilope è un’altra creatura che per ragioni diverse attrae i due musicisti, che detto per inciso saranno al Teatro dell’Arte di Milano il prossimo ottobre. L’antilope è meno socievole del delfino, ma è anch’esso un animale gentile.

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Greg Spero – The Chicago Experiment (Ropeadope Records, 2022)

R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

Non potrei dire che la musica di Greg Spero & Co. sia completamente nuova perché in questo The Chicago Experiment, dove si ascolta un po’ di tutto, ogni cosa è stata masticata e ben digerita, dall’hip hop al soul, dal nu jazz al funky groove fino al free jazz che proprio a Chicago ha vissuto momenti gloriosi con l’Art Ensemble e l’AACM. Comunque sia, sarà l’impressione rilassata che questo album riesce a trasmettere o la mia personale convinzione ma questa musica potrebbe essere, in un certo senso, molto rappresentativa di questo secolo. The Chicago Experiment ha un fascino ammaliante, insinuante ed etereo che s’appropria dei nostri sensi pian piano senza un’apparente ragione strategica. Perché è certo che questo lavoro, una volta che proviamo a smontarlo, mostra delle singole parti che già conosciamo e che abbiamo ascoltato e metabolizzato da tempo. Però, una volta ricomposto l’intero, ci accorgiamo che la totalità ha un significato maggiore della somma dei frammenti ricomposti. L’interessante figura di Greg Spero, pianista di Chicago a cui è stato affidato il compito di organizzare questo Experiment, non è solo musicista compositore maanche proprietario a sua volta di una piccola etichetta musicale, la Tiny Room. Inoltre è un esperto di tecnologie digitali e di NFT (Token non fungibili), cioè strumenti assolutamente virtuali in grado però di certificare l’appartenenza e il copyright digitale di artisti che lavorano sul web. Occorre spendere due parole sulle motivazioni presenti alla base di questo album. La casa discografica americana Ropeadope – in realtà originata da un consorzio tra diverse etichette – ha ideato un progetto a largo raggio circa vent’anni fa con l’intento di dedicare una serie di “esperimenti” musicali a qualcuna delle città USA più rappresentative nell’ambito del jazz, assemblando e pianificando una serie di session e utilizzando musicisti che si muovono nell’area delle città designate. Così si è iniziato col Philadelphia Experiment nel 2001 con Christian McBride, Uri Caine e Pat Martino e si è proseguito nel 2003 con il Detroit Experiment che vedeva la partecipazione di Geri Allen, Amp Fiddler e Karriem Riggins. Nel 2007 Ropeadope fa uscire Harlem Experiment ma dopo di questo c’e stato un silenzio durato quattordici anni fino ad oggi.

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