Articolo di Luca Franceschini.
Arrivare al secondo disco è un traguardo importantissimo per una band, soprattutto in questi ultimi anni, dove, in un contesto di un’offerta quanto mai compulsiva, i nomi che si perdono per strada sono tantissimi. Ci diciamo sempre che in questo mare magnum di roba nuova e sconosciuta è sempre più difficile scovare cose che valgano la pena di essere ascoltate, ma alla fine è anche un po’ un alibi che, sia noi appassionati, sia alcune band, amiamo utilizzare per coprire certe carenze.
La verità è che se una canzone, un album, un artista, hanno un valore, è molto raro che questo non venga fuori, prima o poi. Le cose che piacciono girano di più di quelle che non piacciono, sarà banale, ma è grazie a questo che la musica si diffonde.
E i Barbarisms, da questo punto di vista, costituiscono l’esempio migliore. Sono stato tra i pochi a parlarne in Italia (non lo dico per vantarmi ma sì, un po’ lo dico anche per questo). Quando due anni fa uscì il loro disco di esordio, ero tra le cinquanta persone o poco più che erano presenti allo Spazio Ligera di Milano per la loro primissima calata in terra italica. Fu davvero bellissimo e da allora non ho mai smesso di sperare in un seguito.
Il percorso è andato benissimo, per fortuna: la band, che per il primo lavoro aveva firmato un accordo di distribuzione con la leggendaria Rough Trade, ha ora trovato casa proprio nel nostro paese, presso la neonata etichetta romana A Modest Proposal. Il nome, un’allusione all’opera più sarcastica ed irriverente di Jonathan Swift, è tutto un programma e se declinato in termini musicali potrebbe nascondere riflessioni interessanti (ma lo chiederò ai diretti interessati quando avrò modo di parlarci). Dietro questa piccola label c’è comunque un team navigato, protagonista di varie iniziative a livello promozionale, tra cui la bellissima rassegna “Unplugged in Monti”, di cui vi invito a cercare qualcosa su YouTube (può essere oltretutto un modo per scoprire band interessanti).
Ora, pensando al monicker che i Barbarisms si sono scelti, verrebbe forse da pensare agli Smiths. In realtà, la band stessa ha chiarito che il nome è stato preso dal dizionario: l’inglese ha un curioso e consistente debito con le lingue classiche e la parola “barbaro” nasce proprio in Grecia, ad indicare quei popoli che non avevano dimestichezza con la lingua ellenica, considerata all’epoca il non plus ultra della civiltà.
Un termine che si addice benissimo alla vicenda di Nicholas Faraone, cantante, chitarrista e autore di tutte le canzoni del gruppo. Americano trapiantato in Svezia dopo un lungo periodo a Parigi, Nicholas è l’esempio coraggioso di chi, pur possedendo la lingua culturalmente più forte del pianeta, fa lo sforzo di impararne altre e non si fa scoraggiare da fatiche ed errori.
In Svezia ha incontrato anche il chitarrista Tom Skantze e il batterista Robin af Ekenstam, la band è nata così, molto rapida e spontanea.
Oggi che “Browser” è finalmente realtà, possiamo dire tranquillamente che ne valeva la pena. Speravamo che tornassero perché il primo album era un gioiellino di rock folk minimale e trasandato come pochi ne avevamo sentiti quell’anno. Durante il concerto milanese erano state suonate tante canzoni inedite che lasciavano intravedere un processo creativo in continuo movimento.
Questo secondo capitolo della vicenda artistica di Nicholas e compagni è in effetti un passo avanti notevole, a livello di scrittura.
Atmosfere e feeling generale hanno un certo sapore Slacker (certe etichette sono orrende, ma danno l’idea), quella tendenza allo scazzo e alla rilassatezza estrema che fa scrivere canzoni disincantate nella propria cameretta, spesso con soluzioni sonore minimali o Lo Fi, se preferite. Un sound portato in auge dai Pavement negli anni ’90 (non a caso l’impostazione vocale di Nicholas è molto vicina a quella di Stephen Malkmus) e oggi associato ad artisti come Mac De Marco o Car Seat Headrest, per fare due nomi ormai noti anche ad un pubblico più consistente.
Chitarra acustica, basso, batteria, una voce che canta come se stesse parlando con un amico. Questo, senza troppi fronzoli, il sound della band, l’impressione costante di mettere in musica la quotidiana semplicità delle loro giornate, il sano divertimento di fare musica senza preoccuparsi troppo delle conseguenze.
Il risultato sono dieci canzoni spettacolari, dall’impronta folk, ma nel senso di classiche, senza tempo, con melodie di una forza e di una semplicità da lasciare senza fiato. Rispetto al primo disco, la propensione a scrivere potenziali hit single è notevolmente accresciuta. In quaranta minuti i Barbarisms riescono nell’impresa di realizzare un lavoro che è del tutto privo di tempi morti.
Le linee vocali, soprattutto, funzionano alla grande: Faraone si dimostra questa volta meno attaccato allo schema strofa/ritornello, lascia che siano i testi a guidare le melodie, in una narrazione che fluisce attraverso continui cambi di intenzione, dando a quasi tutti i brani uno sviluppo lineare, piuttosto che circolare.
I testi, da questo punto di vista, sono un vero e proprio valore aggiunto: inglese ricercato e letterario, immagini mai banali, linguaggio impressionistico che fissa la quotidianità con rara maestria, bisogna farci un serio lavoro sopra, se si vuole goderne appieno.
La ricetta è una sola, ma musicalmente i brani sono poi piuttosto variati: dalla spensieratezza malinconica del primo singolo “I Have Not Seen You in Days”, al dramma deciso di “Heaviest Breather” e “Lost Position”, al divertissement di “Prison Rule”, alle ballate dense di rimpianto di “Older Than Birds” e “Prison Song #2”. “Browser” è un lavoro che incanta attraverso una semplicità che sembra effettata, ma che è in realtà sincera in maniera disarmante.
Il gruppo arriverà in Italia a partire dal 3 maggio, per una serie di concerti. Non sono previste date in Lombardia, ma ce ne saranno molte al centro, oltre che due nella capitale (una adesso e l’altra a luglio). Chi può, si muova: certe occasioni è meglio prenderle al volo.
Tracklist:
01 Heaviest Breather
02 Lost Positions
03 I Have Not See You in Day
04 Prison Rules
05 Older than Birds
06 Rico of the White Nights
07 Ice Storms #2
08 I Would Not Ask
09 Eternal Recur
10 Tastemaker
3 Maggio 2016 at 01:06
Grazie! Band interessante, non la conoscevo… approfondirò! E da oggi ti seguo…!!!