A R T E – M O S T R E
Articolo di Mario Grella
È da qualche tempo la Fondation Cartier, verrebbe da dire “anche” la Fondation Cartier, ha orientato le sue scelte verso le grandi tematiche ambientali, termine che va interpretato in senso lato, poiché in esso oltre all’ecologia, alla deforestazione, alla destrutturazione del mondo animale e vegetale, vanno comprese anche le grandi migrazioni umane, spesso dettate proprio dalla distruzione degli ambienti naturali e dallo sfruttamento delle risorse.
Nous les Arbres, titolo della grandiosa esposizione della Fondation, sembra lasciare pochi dubbi.
Che l’albero fosse un micro-universo è cosa risaputa, ma è in un certo senso strano che la storia dell’arte ricordi, in fondo, poche opere il cui soggetto sia un albero o un insieme di alberi, davvero pochi, forse con la sola eccezione del “Sicomoro” biblico sul quale Zaccheo era salito per vedere Gesù. Lo stesso albero del bene e del male, sin dalla pittura medievale, è sempre sembrato come un elemento del contesto e mai un soggetto.
Qualche omaggio agli alberi lo abbiamo nel paesaggismo settecentesco, nell’École de Fontainebleau, in Gainsborough, nell’Impressionismo, ma quasi mai l’albero, come singola entità, viene messo al centro di un’opera e men che meno, che io ricordi, è stato messo al centro di una esposizione. Per la verità questa è una mostra molto particolare e se fosse un negozio, verrebbe da dire che si tratta di un “concept store”.
Siamo di fronte ad un percorso artistico, scientifico e filosofico, allestito con opere di artisti, ma con anche studi di botanici e filosofi. Molto di più e molto oltre un’esposizione ecologica e anche qualcosa di diverso da una ecologia della mente. Forse l’insieme delle due cose, un “concept” che ha come presupposto che esista quella che potremmo chiamare l’Intelligenza vegetale.
La Fondation Cartier ha fatto le cose in grande e lo si capisce subito dalla originalità delle opere. Incomincia a raccontare Luiz Zerbini, artista brasiliano alla ricerca di una magica alchimia tra la lussureggiante foresta amazzonica (sempre che ci sia rimasto qualcosa) e la frenesia urbana delle metropoli brasiliane. Di una bellezza ed originalità uniche, gli attrezzi agricoli ricavati da rami di alberi, opera dello scultore brasiliano Alfonso Tostes. Originali e strettamente connaturati alla natura e forma dell’albero gli ex-voto sempre brasiliani di autori sconosciuti, la bellezza naif delle opere degli artisti paraguayani Jorge Carema, Esteban Klassen, Efacio Álvarez, Marco Ortiz e Clemente Juliuz raccontano di una deforestazione selvaggia ed incontrollata nella regione del Gran Chaco in Paraguay.
Ma c’è ampio spazio anche per le nostre terre europee, la Vandea in particolare, come appare negli enormi pittogrammi, sorta di quaderno del seminatore di Fabrice Ybert che, anziché redigere un diario che racconti della crescita di alberi e arbusti, riporta tutto sulle sue grandi tele. Opere di una originalità assoluta.
Al piano inferiore le chicche sono tantissime a cominciare dalle incredibili “silhouettes graciles” di grandi alberi opera dell’artista colombiana Johanna Calle; si tratta di fogli di elegante carta a mano sui quali è disegnata, con segno esile ed evanescente, una parte dell’albero il cui insieme ricompone l’elegante ed enorme silhouette della pianta.
Non avrei mai creduto nella mia vita di imbattermi nelle tavole originali di un libro capitale per la mia formazione, il poderoso “L’Architettura degli alberi” di Cesare Leonardi e Franco Stagi.
Un lavoro di grande rigore scientifico e di rara bellezza grafica. Un altro italiano sulla ribalta di questa esposizione parigina è Stefano Mancuso, celeberrimo neurobiologo vegetale, autore tra l’altro del ricercatissimo libro “L’incredibile viaggio delle piante”, che in un video racconta delle capacità sensitive degli alberi e della loro possibilità di essere eccezionali ricettori di ogni mutamento ambientale.
La foresta amazzonica è al centro dell’interesse di Cassio Vasconcellos che scruta il mistero della foresta attraverso il racconto della sua matita. Tante e di tanti artisti le opere esposte, da ricordare anche due installazioni della regista Agnes Varda, collocate nel lussureggiante giardino della Fondation Cartier ideato e progettato da un architetto geniale e visionario quale è Jean Nouvel, particolarmente legato alle tematiche ambientali che troveranno conferma, qualche anno più tardi, nel favoloso Musée de Branly.
Una mostra che cade nel momento più drammaticamente propizio per non fare morire l’interesse verso alberi e foreste.
La mostra è visitabile fino al 10 novembre 2019.
Per informazioni Fondation Cartier
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