R E C E N S I O N E
Recensione di Arianna Mancini
Ci troviamo in Svizzera, Lucerna. È da qui che nel 2008 il progetto musicale A River Crossing muove i suoi primi passi, fondato da Jonas Nissen, tutt’ora chitarrista della band e Michael Portmann attuale cantante dei Cold Reading, band indie punk di Lucerna. Saranno necessari un po’ di anni e vari cambi di formazione per arrivare ai nostri giorni. Oggi A.R.C. sono Felix Baumann (voce e chitarra), Jonas Nissen (chitarra), Livio Meister (basso) e René Scherer (batteria). La band ha trovato il suo equilibrio ed è così che definisce il proprio sound: “Atmosfere fluttuanti, melodie orecchiabili, ritmi complicati e riff avvincenti”. Il loro mondo si snoda su una solida base post rock tinta da articolate contaminazioni post punk, shoegaze e rock. Il viaggio non è mai adrenalinico o aggressivo anche se non mancano a tratti passaggi robusti e consistenti, ma è sempre avvolto da una passionale ed energica malinconia, qualcosa che scava nel profondo. Non è fuoco che arde, incendio, ma acqua che scorre e luna.
Forsaken, secondo album studio della band, è uscito il 26 marzo per Antigony Records a quattro anni di distanza da Sediment (viaggio certosino incastonato da sette pezzi di mosaico in cui perdersi). È stato registrato presso i Soma Studios di Zofingen da Dave Hofmann e Reto Burrell con mix e mastering a cura di Mike Watts dei VuDu Studios di New York. In occasione della presentazione la band scrive “…Forsaken descrive la vita da un punto di vista incerto. Un frammento sui pensieri di umani abbandonati, ma anche su immaginazioni cariche di speranza. Le canzoni sono storie singole, intessute in una rete che illumina la vita da diverse angolazioni. L’essenza è la realizzazione di non perdere l’attenzione sull’essenziale: La vita stessa…”.

Tema principale del disco è la vita nelle sue varie sfumature e vista da diverse prospettive. Non si tratta di un concept album ma le sei tracce, pur essendo storie individuali, sono comunque intessute da elementi che le ricollegano. Forsaken: Desolato, abbandonato. Il titolo potrebbe far pensare ad un lavoro dai contenuti nefasti, ma cambiando prospettiva e se ci concentriamo sulla vita intesa come atto magico, considerando ogni evento come parte di questa alchimia, se ne recupera il valore ed il vero significato intrinseco, la speranza. L’artwork, realizzato da Mansing Tang, ritrae un motivo a rombi, esattamente un diamante. Elemento costituito da carbonio che è fondamento della vita sulla Terra. Un’accuratezza che traspone visivamente i motivi sonori di questo lavoro. In fase di creazione gran parte delle loro canzoni nascono in sala prove durante le jam session, non vengono fissati limiti di tempo o eccessiva strutturazione. Siamo nel campo dell’autenticità strumentale. Viene in gran parte a meno l’utilizzo di sintetizzatori ed elettronica, le composizioni si articolano in vortici che fanno affidamento su chitarre, basso, batteria e voce; sugli strumenti “nudi e crudi”.
Un’intro di batteria apre Ashes, a seguire lo sciame degli strumenti entrano pieni e corposi con l’immediato cantato, dalla timbrica estesa, di Felix Baumann che si alterna in un duetto brillante con una voce femminile. Un opening act non propriamente post rock, ma efficace ed energico come anticamera al vero viaggio che avrà luogo a partire dalla seconda traccia. Hidden, pura e febbricitante deriva strumentale per quasi sei minuti prima che la voce si palesi con l’unica strofa: “Siamo persi nel tempo e nello spazio, attraverseremo il mare, solo io so dove andare. Ora dammi la mano, siamo noi ad essere salvati. Lascia che ti mostri questo posto nascosto, vieni con me”. Il video riproduce scorci di una città caotica a cui seguono alternandosi suggestive immagini di paesaggi naturali e flash di bambini che giocano. Nel finale un veloce sovrapporsi della frenesia urbana, persone in fuga, il countdown che scorre sullo schermo, la massa in rivolta ed uno sciame di uccelli che si librano in volo su nubi vorticose e veloci.“…Hidden è come un viaggio, un desiderio e pensieri di infanzia, mutamento e confronto con la realtà che ci circonda. È una dichiarazione, una propensione e un’espressione a non arrendersi. È una rivolta nel nostro mondo. Riguarda l’amicizia e la sensazione di lottare per qualcosa. Ognuno dovrebbe trarne la propria storia, indipendentemente da dove viva in questo pianeta…”.
In Thorn un’interferenza radio di un’intervista con voci fuori campo viene inglobata nel cantato e nelle pareti epiche della chitarra in perfetto stile floydiano. “…Tu sei la rabbia e la speranza, sono la stessa cosa… la morte è vicina, mi liberi, unica cosa che posso portare con me, tutti i ricordi di questa vita e te, l’unica”. Recita Death, traccia di otto minuti venata da richiami shoegaze in cui spicca l’interpretazione vocale che muta nelle sue diverse sfumature sullo sfondo di sonorità malinconiche incupite dalla melodia degli ottoni. I lunghi riff plasmati da riverberi e distorsioni, ricordano alcuni passaggi in stile The Cure e Ride. La morte non è la fine di tutto, è trasformazione.
La tensione emotiva e strumentale sembra sciogliersi in Spines, mai cambi di ritmo che percorrono questo fonogramma frantumano l’idea della sua apparente orecchiabilità.
La cupezza di Tar chiude il disco con i suoi complessi arrangiamenti e cambi di registro. L’intro accenna qualche secondo di ruvidezza stoner per poi snodarsi in continui mutamenti, i toni romantici e le parti serrate si espandono mescolandosi. In un mondo votato alla decadenza, l’umano perde la sua parte interiore sedotto da avidità, ignoranza ed egoismo. “…Lasciati accecare da falsi re e seguili come una pecora…”, canta una delle ultime strofe prima di lasciare la scena alla parte strumentale che conclude da regina.
Ci troviamo di fronte ad una formazione che non asseconda le logiche di mercato e che fa della propria musica lo scettro con cui risvegliare sensibilità e coscienze. Audaci, musicalmente anarchici, degli artigiani del suono a cui vale la pena dedicare un po’ di quel tempo, che inutilmente lasciamo scorrere. Diamo una possibilità all’ignoto, ad uno stile che non è fatto né per le masse, né per le radio, purtroppo.
Tracklist:
01. Ashes
02. Hidden
03. Torn
04. Death
05. Spines
06. Tar
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