R E C E N S I O N E
Recensione di Francesca Marchesini
Oddkin = legami di parentela non riproduttiva e alleanze trasversali e responsabili (Donna Haraway, 2015)
Gli Oddkin, duo composto da Lilah Larson ed Ezra Miller, hanno dato notizia della propria formazione agli inizi di ottobre; in realtà non si tratta della nascita di una nuova band, ma di una ridefinizione di un’entità mutaforma e polifonica precedentemente conosciuta come Sons of an Illustrious Father. Nel corso degli anni, sei diversi musicisti hanno portato a compimento due album e diversi singoli. Questo “contenitore in costante espansione e contrazione”, come gli Oddkin scrivono sul loro profilo Instagram per annunciare il proprio (ri)battesimo, si ispirava in modo ironico alla parabola del figliol prodigo che rimaneva ancorato al proprio passato; ora la Larson e Miller (unici membri stabili) vogliano affermare la propria volontà sul presente così come l’importanza dei rapporti necessari alla sopravvivenza su un piano sociale e psicologico, ispirandosi quindi alla teoria cyborg della filosofa statunitense Donna Haraway.

Nonostante l’apertura di questo nuovo capitolo, è impensabile non notare una continuità sonora e tematica con il lavoro precedentemente realizzato come Sons of an Illustrious Father: un queer pop con influssi folk e rock, una tensione verso l’elettronica e un focus sull’identità di genere e la sessualità. L’album si apre sul singolo Yada Yada – parola traducibile sia come “discorso a vuoto” (dall’inglese) o “conoscenza profonda e dettagliata” (dall’ebraico) – che richiama inevitabilmente il passato, soprattutto a livello visivo, con brani come Extraordinary Rendition; gli Oddkin accompagnano lo svolgersi di un carnevale carnale con la voce di Miller che bilancia perfettamente il synth e i bassi. Mentre il disco si chiude, riapplicando la stessa formula d’introduzione, sulla traccia Nothing, è alla voce della Larson (esattamente come ai giorni di U.S. Gay contenuta in Deus Sex Machina: Or, Moving Slowly Beyond Nikola Tesla) che vengono affidati i brani dall’animo folk dell’EP, in questo caso Cool Marriage, Bro e Straighty Perry. Probabilmente la canzone più importante a livello concettuale, Straighty Perry tratta della disforia di genere anche attraverso un videoclip ispirato al mondo dei cabaret realizzato da Rafe Scoby-Thal.
Questo EP d’esordio – si fa per dire – degli Oddkin è realizzato sicuramente in modo eccelso e riempie il cuore di chi sperava in un ritorno dei Sons of an Illustrious Father dopo l’uscita della cover Don’t Cha nel 2019… perché, nonostante la ricerca filosofica e lo sforzo nel voler plasmare il sound e la creatività per prendere direzioni diverse dal passato, la musica realizzata dalla Larson e Miller è rimasta ancora all’identità precedente. Ma da fan, in tutta onestà, non me ne lamento.
Tracklist:
01. Yada Yada
02. Cool Marriage, Bro
03. Find Me, Morning
04. Straighty Perry
05. Nothing
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