R E C E N S I O N E
Recensione di Simone Catena
Il trio psichedelico Green Desert Water, torna sulle scene con il terzo album in studio, un lavoro classico e intenso al punto giusto. La band nasce a Oviedo in Spagna, sotto atmosfere ruvide, avvolte da un deserto cosmico a tinte blues. Nel nuovo disco Black Harvest, prodotto per l’etichetta statunitense Small Stone Records, con base a Detroit, troviamo tutto il nucleo carismatico e melodico di questo collettivo. Nelle sonorità si sviluppa, un percorso magnetico, che conferma la scia eccellente del precedente Solar Plexus (2018). Le composizioni in stile heavy rock, si accendono in strutture classiche e mature, lasciando spazio a un sound moderno e orecchiabile.

Con l’apertura folk rock di Sacred Tree, l’effetto flanger ovattato del basso incontra una chitarra pesante come un macigno, che si cimenta su una ritmica stoner noise. Nella linea vocale infine ci sono segnali di southern rock anni 70, stile Lynyrd Skynyrd, che catturano in modo godibile l’ascoltatore, fino al passaggio finale dove fa capolino, il solo di chitarra graffiante. Segue Dead Sacred Tree che si aggancia al ritorno in loop, del brano d’apertura per poi lanciarsi nel vortice doom, carico d’energia incandescente. Sulla strofa dal tiro sabbatiano, la linea vocale si avventura verso qualcosa di incendiario, portando le innumerevoli sfuriate acide, dentro un tappeto corposo di distorsioni. Too Many Wizards, invece spazia alla perfezione su un groove prezioso e una dose maggiore di funk, che al rilento si fa strada nel mondo musicale, old school del trio. Nel cambio finale poi, il conto alla rovescia della batteria, esplode a dovere sul caos infernale. Un brano coinvolgente e godibile.
La title track Black Harvest, cambia ritmo al disco, agitando il suo corpo e l’anima verso vibrazioni furiose e complesse. Infatti la prima parte del brano si apre, a una tematica strumentale, con i virtuosismi del chitarrista, poi a piccoli passi una voce sussurrata, si spinge a una melodia da brividi e si arresta sull’adrenalina sfrenata del finale. Una composizione interessante, con una qualità spirituale. The Whale invece segue le intenzioni distorte e personali, dei vecchi lavori, con l’aggiunta di un tempo sostenuto ma ripetitivo, che a lungo andare annoia l’ascolto.
Verso la fine veniamo catturati, dal racconto suggestivo di Shelter of Guru. Per un giro in carovana alla ricerca di una destinazione rilassante. Nella distorsione però c’è un sussulto devastante, che spazza via i brutti ricordi e ci accoglie in un posto sicuro. Una traccia semplice, che si regge sulla strofa commerciale e il timbro vocale melodico, per un’atmosfera d’altri tempi. Il disco si chiude con una ballad magica e sognante. Soul Blind, ci rende ciechi davanti all’evidenza, ma ci porta a trascorrere un simbolico viaggio nel passato, per rilassarci su una conclusione di classe.
I Green Desert Water, si confermano alla grande in questa nuova produzione. Le sette tracce scorrono alla perfezione, avvolte da sinfonie antiche e monumentali, con un’energia enorme, per i veri intenditori del genere.
Tracklist:
01. Sacred Tree
02. Dead Sacred Tree
03. Too Many Wizards
04. Black Harvest
05. The Whale
06. Shelter of Guru
07. Stay
08. Soul Blind
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