R E C E N S I O N E


Recensione di Mario Grella

Se è piuttosto normale imbattersi in formazioni jazz che, per mania citatoria, per omaggiare un compositore o per ricerca musicale, si cimentano in riscritture o reinterpretazioni di brani di musica classica, è assai meno comune incappare in una formazione di radici classiche e di avant-rock che si voglia cimentare nella trasmigrazione di autori classici verso il jazz. È il caso degli Aquaserge dei quali è uscito, nello scorso mese di ottobre The Possibility of a New Work for Aquaserge, per l’etichetta Crammed Discs nella collana Made To Measure, (arrivata al volume 46). Un giorno un organizzatore di concerti chiese a Morton Feldman: “Hai un nuovo pezzo da aggiungere al programma?” Rispose Feldman: “Beh, ci sarebbe la possibilità di un nuovo pezzo per chitarra.” La risposta del compositore diventò un brano da cui oggi è stato mutuato la base del titolo di questo straordinario lavoro. Potremmo anche sbrigativamente dire che il disco è un omaggio a quattro musicisti classici, ovvero Giacinto Scelsi, György Ligeti, Edgard Varèse e Morton Feldman, ma sarebbe una indebita, anche se comoda, semplificazione. In realtà il lavoro degli Aquaserge, ovvero Audrey Ginestet (voce, basso), Benjamin Glibert (chitarra, tastiere), Julien Gasc (voce, synth), Manon Glibert (clarinetti), Julien Chamla (batteria, percussioni), e i nuovi arrivi Camille Emaille (percussioni), Marina Tantanozi (flauto), Robin Fincker e Olivier Kelchtermans (sax), è un lavoro assai più complesso e strutturato.

La “microtonalità” di Scelsi, l’astrattismo melodico di Varèse, le dissonanze oniriche di Ligeti e la visionarietà grafica di Feldman sono le tessere mobili con le quali gli Aquaserge costruiscono questo puzzle sonoro di grandissimo fascino. Primo degli otto, intensi brani, Un grand sommeil noir, è costruito sui ritmi della composizione del ventitreenne Edgard Varèse e sul testo della omonima, “maledetta” poesia di Paul Verlain: “Un grand sommeil noir/Tombe sur ma vie:/Dormez, tout espoir,/Dormez, toute envie…” dice il primo verso dello scarno ed essenziale testo poetico, mentre il ritmo della batteria e la sinuosità del clarinetto e del flauto, sembrano voler rendere più ironico il senso della cupa composizione di Verlaine. Non poteva che essere una sorta di ossessiva spirale sonora 1768°C (à Edgar Varèse), con una sostenuta iniezione di percussioni, mentre Hommage à Giacinto Scelsi è una solenne, sublime e greve composizione fondata sull’idea che fu del grande compositore ligure della “sfericità” del suono (per il mio gusto, il miglior pezzo dell’intero album).

Le parole di un altro grande poeta, Rainer Maria Rilke, conducono Only, musicata per sola voce da Morton Feldman (che secondo il mio amico Riccardo Bertoncelli è un musicista che nessuno conosce, ma questa è un’altra storia). Di Only, è presente anche una seconda versione, sempre dolce e sofisticata, ma eseguita con voce femminile. Il brano seguente Comme des carrés de Feldman, molto “free” e pieno di vitalità, sembra procedere sulla falsariga delle “partiture grafiche” del musicista americano, con parecchie incursioni assolutamente anarchiche fatte di stridori, urla della savana e vitalismo primigenio. Concludono l’album due interpretazioni della notte: Nuit Terrestre (à György Ligeti), spettrale ed immobile, e Nuit Altérée (à György Ligeti) più movimentata, secondo le dinamiche dei cluster sonori del compositore ungherese. Tutti i brani dell’album verranno prossimamente eseguiti in una performance dal vivo, nell’ambito di uno spettacolo musicale e teatrale intitolato Lost in a Guitar Case. Un bel regalo di Natale che vale per tutto l’anno.

Tracklist:
01. Un grand sommeil noir
02. 1768°C (à Edgar Varèse)  
03. Hommage à Giacinto Scelsi  
04. Only  
05. Comme des carrés de Feldman
06. Only (version 2) 07. Nuit terrestre (à György Ligeti)
08. Nuit altérée (à György Ligeti)