L I V E – R E P O R T


Articolo di Arianna Mancini

Mi Sono Perso nel Bosco, un titolo che suona come una confessione, uno svelarsi… togliersi la maschera mettendosi a nudo. Si presenta così il quinto lavoro in studio del cantautore, poeta, polistrumentista Alessandro Fiori, pubblicato lo scorso 22 aprile. L’artwork surreale, un’immagine di Hannes Wallrafen De Schimmel, ritrae un cavallo bianco nell’atto di saltare un tavolo e due sedie. Un cavallo in un salotto, lo straordinario che irrompe nel quotidiano o che ne è sempre stato parte? Sicuramente una voce che si fa moltitudine. In questo lavoro la poetica del quotidiano si palesa in tutta la sua disarmante schiettezza, l’uno che si rifrange nella moltitudine sino a creare specchi contro riflessi in cui scrutarsi, smarrirsi, fino a ritrovarsi. Un disco che ci parla di amore declinato in ogni sua sfumatura, ma anche dei timori che vivono dentro di noi, abbandono, morte, senso di ritrovamento, meraviglia, il tempo che fluisce con le sue incrinature e punti di luce e tutto diviene un eterno presente. 
Il disco, che segna l’esordio del cantautore aretino con l’etichetta indipendente 42 Records,si avvale di una fitta miriade di collaborazioni, sia con vecchi compagni di viaggio musicale che con artisti del circuito indipendente italiano. In questo bosco sonoro con Alessandro troviamo: Alessandro “Asso” Stefana, Brunori Sas, Colapesce, Dente, Emanuele Maniscalco, Enrico Gabrielli, Giovanni Ferrario, Iosonouncane, Lea Mencaroni, Levante, Lorenzo Maffucci, Marco Parente, Massimo Martellotta, Niccolò Fornabaio, Stefano Amerigo Santoni.  

L’occasione per sentire il disco in versione live è stata prontamente colta sabato 2 luglio. Lo spettacolo si è tenuto nel parco di Villa Silvia Carducci di Lizzano (Cesena), nel contesto del FU ME Festival, giunto oggi alla sua terza edizione. Un evento multidisciplinare, dedicato principalmente al teatro e alle arti contemporanee, arricchito con musica e incontri. “FU ME è FUture MEmorie: creare MEmorie, costruire FUturi”.
Il solito senso di familiarità torna sempre a farmi visita ogni qualvolta partecipo ad eventi di musica dal vivo, soprattutto quelli più defilati dall’occhio del vociare globale.  
La serata è stata aperta da FADI (Thomas O. Fadimiluyi) cantautore italo – nigeriano residente nella riviera romagnola.  

È giunto il momento di sentire Mi Sono Perso nel Bosco dal vivo, nella veste live i suoni prendono corpo con un nuovo ensemble e Alessandro porta con sé: Francesco Chimenti (chitarra, violoncello), Giacomo Papini (batteria), Massimo Amadori (chitarra), Stefano Amerigo Santoni (basso, chitarra) e Giacomo Fiorenza (suoni e mixer).
Il giorno sta perdendo consistenza, si accendono le luci del palco e siamo tutti pronti a perderci nel bosco con Alessandro ed i suoi musicisti. L’incipit ce lo dà un momento di parlato, in cui Fiori ci racconta di un brutto sogno d’infanzia, di un’esplosione, di suono e luce; alla voce narrante, lentamente ed in punta di piedi, si unisce il suono del pianoforte ed entra in scena un incubo a lieto fine, è la title-track del disco. Nebbiosa, eterea, tinta di una malinconia senza nome. Un’apertura potente che fa vibrare le pareti dell’essere: “Prendimi la mano che tu/ Trovi sempre la strada”.
Ci addentriamo nell’esplorazione del disco, nelle dinamiche delle relazioni fatte di tutto, di quotidianità, ricordi, timori, certezze, separazioni. Con Io e te, Amami Meglio, Buonanotte Amore, Una Sera, che si susseguono una dopo l’altra, siamo nel cuore …nei cuori, un viaggio dentro l’essere umano. Brani sentiti che vivono di pulsanti emozioni, un flash improvviso mi si apre nella mente, è un po’ come se anche Luigi Tenco fosse tornato a farci visita. 
Pigi Pigi, sul testo di Luca Caserta, che ci regala l’esecuzione al violoncello di Alessandro, entra con incedere minaccioso, apocalittico e ci ripropone l’inumana e vergognosa tragedia di morte che purtroppo popola troppo spesso le nostre acque. Una promessa d’amore che si spezza in un ineluttabile addio.

Un nostalgico valzer ci fa poi idealmente danzare sulle note di Per il tuo Compleanno. Giunge il momento di Troppo Silenzio, Alessandro introduce il pezzo cantato in dialetto sorsese che si chiude in sognante magia con una strofa ispirata all’opera teatrale La vita è Sogno di Calderón de la Barca. “La vita è solo un sogno/ Dimenticato da un altro sogno/ Che s’è svegliato di soprassalto/ Perché ha sognato troppo silenzio/ E si è spaventato”. 
L’orologio temporale scorre a ritroso e con Il Gusto di Dormire in Diagonale e Il vento torniamo ai tempi di Questo Dolce Museo (2012). Con Trasloco restiamo ancora nel passato, è tempo degli Stres (2015), uno dei molteplici progetti artistici di Alessandro. Non mancano mai attimi d’ironia che si alternano a momenti-confessioni e di colloquio diretto con coinvolgimento del pubblico. Sembra quasi di essere in un dopocena musicale fra amici. C’è calore, vicinanza, vita. Ci sono pure le cicale, che si odono in sottofondo nei brevi momenti di silenzio. Pure loro si sono unite a noi per partecipare a questo concerto, in cui l’estate urla vorticosamente.

Stella Cadente ci riporta al presente, una ballata intrisa di sognante empatia e cura. Seguiamo tutti nella vertigine questa stella che “nella discesa dal freddo” si è accesa. Un momento negli spazi oscuri del ricordo ci guida in L’appuntamento, qualcosa difficile da assimilare, “una polvere sottile”. “Scusa se è poco”.   
Frangenti di vita quotidiana, i piccoli dettagli di un periodo vivono corposi in L’estate. Sono attimi sonori, ma sembra quasi di poterli toccare, li senti a fior di pelle.
Ci stiamo avviando alla conclusione e la serata sfuma nostalgicamente sul passato con Fuori Piove, tratta dall’album Attento a me Stesso (2010) e Mi Hai Amato Soltanto.

Il concerto è terminato, ma quel senso di ineffabile meraviglia resterà a lungo nei nostri animi.
L’atto della creazione e della scoperta vibra sotto la luce della medesima stella. Ogni volta che ci si dispone con l’anima aperta nell’esplorare emergono bagliori. Ci troviamo sempre di fronte ad artisti che purtroppo, non riempiono gli stadi, ma che colmano i cuori assetati degli insonni. Il loro territorio d’azione è impervio, scava nel sottosuolo, si immerge negli abissi, si addentra ad occhi chiusi nel bosco, con il rischio di perdersi, ma per ritrovarsi.
Di nuovo la “sacra nicchia italiana”, come amo definirla, ci regala momenti di fulgore e nutrimento. Si esce quasi sempre rinnovati da esperienze così, la natura profonda delle cose vive di un’alchimia complessa e solo chi sa perdersi ci può aiutare a ritrovare la strada dentro noi stessi. Grazie Alessandro, per averci regalato questo spettacolo così intimo, autentico e sentito. Si avverte in ogni cellula che fare arte per te è una missione.

Ringraziamo Pietro Bondi e lo staff del FU ME Festival per le immagini sonore.