V I D E O
Articolo di Lucia Dallabona
Nel 1961, in concomitanza con l’Esposizione Internazionale del Lavoro e le celebrazioni per il centenario dell’Unità d’Italia, a Torino venne inaugurata una futuribile e sostenibile mobilità urbana, la monorotaia.
La stessa si estendeva per circa 1.800 metri su un viadotto di cemento armato sopraelevato utilizzato come sostegno, guida, ed alimentazione elettrica del cosiddetto “treno-aereo” per la sua forma simile ad una fusoliera. Autentico gioiellino della tecnologia italiana non solo ammaliò i passeggeri, ma attirò l’attenzione di numerosi addetti ai lavori anche fuori dall’Italia, fra i quali decine di ingegneri giapponesi; nel Sol Levante, infatti, la prima monorotaia sospesa fu aperta solo nel 1970. Come troppo spesso accade, però, la nuova struttura restò in funzione costante solo per pochi mesi e venne chiusa definitivamente durante l’estate 1963. Nel presente resta l’auspicio che un progetto già esistente di conservazione e recupero della struttura possa al più presto ricevere adeguati finanziamenti per trasformarsi in lungimirante realtà.
Proprio la zona di Italia ’61 ha attirato l’attenzione del musicista e compositore Luca Giglio, in arte Onyricon, del quale qui vi avevamo già presentato il concept album Music For Monorail.

Ora è uscito Alweg, quarto ed ultimo singolo estratto; il titolo deriva dall’acronimo Axel Leonard Wenner-Gren, imprenditore industriale che per primo aveva esposto i piani della monorotaia finanziandone i relativi studi, oltre ad essere colui dal quale prese nome il convoglio connesso. La passione di Onyricon per l’avveniristico capitolo di storia torinese trova la sua migliore espressione nel videoclip da lui realizzato per accompagnare con le immagini la nuova traccia. Il girato, rispetto alla modalità sperimentale che caratterizzava i tre filmati precedenti, stavolta predilige un taglio più documentaristico poiché all’autore sta particolarmente a cuore mostrare qual è lo stato di abbandono della località a distanza di 61 anni dal primo viaggio della monorotaia.
Una serie spettacolare di riprese ortogonali eseguite con l’utilizzo di droni ci immergono sia in una visione aerea dell’intera zona, che in un piano sequenza dell’interno abbandonato di palazzo Nervi. Di particolare impatto è anche la fotografia, curata sempre dall’autore; effettuata sia in bianco e nero che a colori con diverse grane di pellicola, intende ricreare, in questo secondo caso, lo stile “vintage” delle fotocamere a pellicola 8mm dei primi anni ’60; ci riesce in pieno tramite un tocco di arancione sbiadito tipico delle bobine sviluppate durante quel periodo.
Attraverso il suggestivo percorso proposto dalle inquadrature, entriamo in emozionante contatto con le architetture ancora in essere e in particolare con ciò che rimane del viadotto della monorotaia; sorretto da alcuni piloni che sorgono dal laghetto artificiale, lo stesso termina alla stazione Sud. Lì troviamo il musicista intento nella vivida creazione di un suono sintetico circolare; il suo è uno stile elettronico 70’s di kraftwerkiana memoria, caratterizzato da un arrangiamento armonico composto totalmente con il sintetizzatore analogico monofonico Yamaha CS5 del 1979.
La melodia pulsa algida al ritmo di un “futuropassato” che poco dopo essere nato è stato negato; oggi, è appunto questa razionale consapevolezza che si risveglia nella mente e nel cuore durante il vibrante ascolto del brano…




20 settembre 2022 at 23:05
La vidi quando avevo 5 o 6 anni e ne conservo ancora oggi un ricordo sbalorditivo…