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Appaloosa Records

Ron LaSalle – Roads Taken (Appaloosa / I.R.D., 2023)

R E C E N S I O N E


Recensione di Aldo Pedron

Ron LaSalle è nato a Niagara Falls, quindi è di origini newyorkesi, ma in seguito trasferitosi a Toronto, Canada e poi nel sud di Nashville. A livello discografico, Ron ci ha abituato a lunghi silenzi.

Un periodo in realtà in cui lo si è visto in America on the road, con la band, ma spesso più da solo suonando dal vivo in ogni situazione possibile. Una necessità artistica e di sopravvivenza, per far conoscere la sua musica, ma anche per scacciare le delusioni personali, passando attraverso un divorzio davvero molto difficile, che lo hanno lasciato solo e perduto agli incroci di Nashville.

Ron Lasalle appartiene di diritto alla migliore specie di outsiders del rock’n’roll: la sua voce black e il suo impasto di southern soul, blues e roots rock sono un piatto da non lasciarsi sfuggire.

Spesso definito o chiamato The Bohemian Blues Man per il suo eclettico modo di scrivere ballate poetiche e di grande cuore, una onestà musicale e una voce resa ruvida dal tabacco alla Tom Waits.

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Fabrizio Poggi – Basement Blues (Appaloosa Records / IRD, 2022)

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Recensione di Andrea Furlan

“Il mio incontro con il blues ha avuto luogo molti anni fa, alla fine degli anni settanta, quando vidi per la prima volta in un piccolo cinema italiano The Last Waltz, il film d’addio di The Band e rimasi colpito dal carisma di Muddy Waters e dall’incredibile suono dell’armonica di Paul Butterfield” (Fabrizio Poggi)

L’ispirazione per Basement Blues, il 25° album di Fabrizio Poggi, è nata dopo aver ricevuto in regalo da Angelina, la sua compagna di vita, una perfetta riproduzione in miniatura della Big Pink (in bella mostra in copertina), la famosa casa rosa dove Bob Dylan e The Band si rifugiarono per registrare i leggendari The Basement Tapes.

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Fabrizio Poggi & Enrico Pesce – Hope (Appaloosa Records / IRD, 2021)

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Recensione di Andrea Furlan

Il cammino musicale di Fabrizio Poggi, artista di prim’ordine nel panorama blues italiano, ha radici profonde e sigla quest’anno il ventiquattresimo album di una lunga carriera cominciata nei primi anni ‘90 con i suoi Chicken Mambo. Tante le soddisfazioni raccolte – su tutte la nomination ai Grammy Awards del 2018 che gli ha fruttato un secondo posto dietro ai Rolling Stones di Blue & Lonesome – i palchi prestigiosi che lo hanno visto protagonista e le collaborazioni con i più bei nomi del blues, del rock e della musica d’autore. Con il suo “violino dei poveri”, come definisce l’armonica a bocca, strumento di cui è stimato solista a livello internazionale, particolarmente apprezzato negli Stati Uniti, diffonde il verbo del blues con inesauribile passione. All’attività strettamente musicale ha affiancato anche quella di divulgatore scrivendo alcuni coinvolgenti libri sull’armonica e la storia del blues dal taglio quanto mai narrativo.

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Bob Malone – Good People (Appaloosa Records/I.R.D., 2021)

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Recensione di Aldo Pedron

Lo scorso 21 maggio è uscito il nuovo album del mago della tastiera Bob Malone edito dalla italiana Appaloosa (Delta Moon Records negli Usa) e da noi distribuito dalla I.R.D. Pochi artisti hanno la fantasia, l’esperienza di Bob Malone che sì è distinto come strumentista, cantautore, compositore, session-man, artista dal vivo e musicista d’elite per più di due decenni. Un vero artista, polistrumentista nato il 2 dicembre 1965 come Robert Maurice Meloon, nato a Irvington e cresciuto a Milton nel New Jersey.

Scoperto praticamente per un puro caso da Bruce Springsteen durante un soundcheck, da quel momento Bob Malone ha inanellato una lungimirante carriera come abile session-man ed una storia di collaborazioni stellari come Tom Petty, Mary Gauthier, lo stesso Bruce Springsteen, Freddy Fender (nel 1993), Joe Cocker, Jerry Douglas, Neville Brothers, Journey, Jonny Blu (artista di Los Angeles), Joe Sample, Gino Vannelli fino a Claudio Baglioni.

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Michael McDermott – What In The World… (Appaloosa Records / IRD, 2020)

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Recensione di Aldo Pedron

Nato e cresciuto a Chicago (a pochi chilometri dove è cresciuto John Prine), da genitori irlandesi, Michael McDermott Murphy è stato considerato dai molti come “the next big thing” con il suo fulminante album d’esordio 620 W. Surf del 1991 che sembrava dovesse aprirgli le porte dell’olimpo del rock’n’roll e dei magnifici e più qualificati songwriter americani. La delusione per il flop dei dischi successivi, abbandonato dall’industria che prima lo aveva illuso, lo vede crollare psicologicamente entrando in una spirale ingovernabile per una ventina d’anni che lo hanno fatto pressoché scomparire, riemergendo soltanto con qualche album non all’altezza delle sue possibilità. Abusi di droga e di alcool lo hanno sicuramente segnato. Una vita piena di sconfitte e di piccole vittorie, di cadute e di rinascite, di sorrisi e di lacrime.

Michael McDermott - Photo by Andrea Furlan
Michael McDermott

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Francesco Piu – Crossing (Appaloosa Records, 2019)

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Articolo di Antonio Spanò Greco

In questo viaggio musicale ho sognato di portare Robert Johnson qua, in mezzo al Mediterraneo. Ho provato a miscelare la via maestra del blues del Mississippi con le percussioni africane, i suoni ancestrali della mia isola, la Sardegna, con le corde dell’oud e del bouzuki che vibrano sulle coste del Mare Nostrum. Il tutto contaminato da un pizzico di elettronica per farlo rivivere nei giorni nostri. Questo è il mio Crossing”.

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Charlie Cinelli – Nüd e Crüd (Appaloosa Records, 2019)

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Articolo di Roberto Bianchi

Charlie Cinelli, da Sarezzo (BS), è un artista eclettico e versatile. Nel 2016 ha pubblicato Rio Mella, un ottimo disco, ricco di suoni e partecipazione (qui la recensione) e oggi si presenta con Nüd e Crüd, un lavoro imprevedibile, scarno, asciutto ed essenziale.

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Jaime Michaels – If You Fall (Appaloosa Records, 2019)

R E C E N S I O N E


Articolo di Andrea Furlan

Non puoi discutere con il vento, quando il vento decide di soffiare, non puoi parlarne con la pioggia, non ragionerai mai con la neve, è così e basta, non importa quello che puoi credere, il sole sorgerà, poi il sole se ne andrà.” Le cose accadono indifferenti alla nostra vita e al nostro tempo, possiamo solo accettarlo e sentirci parte del flusso. “Forse ci sforziamo troppo di comprendere, forse non capiremo mai la battuta”, però ci siamo, nel qui e ora del tempo che ci viene concesso, “tutto ciò che abbiamo sono verità e fede, e con un po’ di fortuna, un po’ di grazia, e queste promesse che l’amore vince alla fine, qualsiasi istante può cambiarti la vita”. Ci crediamo. Grazia e bellezza sono le sole armi che ci salveranno. “Siamo tutti diretti verso lo stesso ignoto, perciò se vedi qualcuno che ha bisogno di un amico, che pensa che il dolore non finirà mai, aiutalo a rialzarsi quando la vita lo butta giù”. L’accettazione serena di ogni accadimento e la visione positiva dell’esistenza sono indice di grande saggezza, conquistata nel comprendere che “non c’è niente da capire, è semplice come il fatto che respiri […] il Buddha rosso sorride ogni volta che (ci) rendiamo la vita migliore, ogni volta che cerchiamo di rispondere quando chiama la gentilezza”. Semplice: “rilassati e inspira la luce”.

Foto © Paolo Brillo

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Luigi Maieron – Non voglio quasi niente (Appaloosa Records, 2018)

Articolo di Roberto Bianchi

Luigi Maieron, cantautore carnico con esperienze folk-rock, è giunto alla quinta pubblicazione discografica. L’artista ha collaborato con musicisti di prestigio, tra cui Michele Gazich, Massimo Bubola, Graziano Romani, Francesco De Gregori, Teresa De Sio ed Enrico Ruggeri; si è occupato brillantemente di teatro; ha scritto poesie, ha pubblicato romanzi e non ha mai smesso di guardare avanti, arricchendo il proprio cammino con la pienezza delle esperienze passate.

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