“I am the wolf, without a pack/ Banished so long ago/ I’ve survived on another skill/ And on my shadow on/ All I’ve learned is that poison stings…/I am the wolf, calming the beast…/I am the wolf, out wild and free”. (Sono il lupo, senza branco/ Bandito tanto tempo fa/ Sono sopravvissuto grazie a un’altra abilità/ E alla mia ombra/ Tutto ciò che ho imparato è che il veleno punge…/Io sono il lupo, che calma la bestia…/Sono il lupo, libero e selvaggio”).
25 novembre 1964, Ellensburg (USA) – 22 febbraio 2022, Killarney (IRL). Ogni inizio ha la sua fine, due date e nel centro, per chi lo ha amato e lo ha fatto incondizionatamente, infinite emozioni, fascinazione, oscurità e calore che scavano dentro la parte più nascosta. Spazi che si dilatano, viaggi: sia quelli che percorri stando fermo in rapimento d’ascolto che quelli fatti solcando le autostrade con l’adrenalina che pulsa in corpo per l’imminente attesa di un suo concerto.
“Siamo il collettivo Paolo Benvegnù e trasmettiamo l’invisibile”. Si annunciava così la campagna di crowdfunding che ha preceduto l’uscita del nuovo album del collettivo Paolo Benvegnù: Delle Inutili Premonizioni. Venti Anni di Misconosciuto Tascabile Vol.2 (A Collection of Oldies), pubblicato lo scorso 27 maggio. Un percorso a ritroso in cui Paolo Benvegnù ed i suoi compagni di viaggio (Daniele Berioli- batteria, Gabriele Berioli- chitarra, Luca Baldini- basso, Saverio Zacchei- trombone) hanno reso omaggio con un’attenta ed amorevole riscrittura e rivisitazione a brani del passato che hanno segnato la cultura new wave. In questo percorso di riscoperta, intessuto su dodici canzoni iconiche, tornano alla luce nuove riletture di: Echo & the Bunnymen, Faust’O, Jim Carroll Band, Joy Division, New Order, Peter Murphy, Psychedelic Furs, Roxy Music, Spandau Ballet, Tears for Fears, Venus e Wall of Voodoo.
L’iniziativa di crowdfunding, lanciata sulla piattaforma Produzioni dal Basso, sotto la direzione e produzione di Officine della Cultura prevedeva varie ricompense, fra cui il secret concert di presentazione al Teatro Verdi di Monte San Savino, i concerti in barca a vela sul Lago Trasimeno ed i concerti con registrazione del documentario sulla new wave di Roma, Firenze e Milano.
Le correnti che hanno condotto nel tempo presente Paolo Benvegnù, venti anni dopo gli Scisma, sono traiettorie in cui si è consumata una continua formazione, non solo volta alla ricerca stilistica musicale ma anche immersa a sondare spasmodicamente la parola, nella sua pura accezione di logos, così come veniva intesa dalla cultura greca classica, pensiero e sua concreta manifestazione. L’ampio spettro di ricerca non può che inevitabilmente portare verso l’alto, la poetica di Benvegnù è una poetica verticale, come il suo mare, ma Benvegnù è anche altro, è il cantore degli abissi, della parte più terrestre, della polvere, della carne e del sangue. Con il suo sguardo seziona le vibrazioni impalpabili del non detto ma sa altresì immergere le mani nel fango, dando consistenza a visioni da una duplice prospettiva: metafisica e viscerale.
Accoglienza, visioni e cabaret. Sono i primi pensieri che fulmineamente sorgono nella mia mente ogni qualvolta mi accingo a partecipare ad un concerto di Paolo Benvegnù. Accoglienza: ti ritrovi in uno spazio eletto, vibrante di conforto e certezze in cui fluire libero. Naturalmente abbassi le difese e apri il cuore. Gli animi presenti si sintonizzano sulla frequenza dell’empatia, desti come canali di ricezione, che hanno trovato il loro giusto posto Nello Spazio Profondo. Visioni: la musica e le liriche suscitano lampi di percezione, trascinandoti in uno stato di profonda connessione con te stesso e senti “oltre”, in quell’oltre si apre un nuovo mondo, la visione. Cabaret: chiude la triade l’intelligente e acuta autoironia di Paolo che con i suoi soliloqui uniti a momenti teatrali, riesce sempre a strapparti una risata. 27 maggio 2022, una data colma di significato. La mattina di questo giorno è uscito il nuovo lavoro discografico del collettivo Benvegnù: A Collection of Oldies, Delle Inutili Premonizioni. Venti Anni di Misconosciuto Tascabile Vol.2. Un disco di cover riarrangiate e interpretate, percorso e viaggio musicale a ritroso nel tempo nella cultura new wave, intessuto su 12 brani che hanno segnato questo periodo. La sera stessa c’è stata la presentazione ufficiale con un secret concert al Teatro Verdi di monte San Savino (AR). L’evento, organizzato da Officine della Cultura è stato preceduto da una campagna di crowdfunding supportata da Produzioni dal Basso, e tale sinergia ha reso possibile tutto questo.
Non mi ricordo quando è stata l’ultima volta che ho visto dal vivo Paolo Benvegnù. Avevo parlato con lui al momento dell’uscita del suo ultimo disco, Dell’odio dell’innocenza ed erano i giorni in cui il mondo si fermava ed il suo tour previsto di lì a poche settimane era già stato posticipato. Non sarebbe stato recuperato più: l’estate scorsa, quando timidamente si è ricominciato a suonare, c’è stato qualche concerto in solitaria ma se vi ricordate a Milano e dintorni ci erano venuti in pochi, probabilmente ancora vittime di una situazione che dalle nostre parti era stata molto peggiore che altrove. Ero riuscito a vederlo solo a Bassano del Grappa, in compagnia di Marco Parente, ma mi mancava molto un concerto che fosse davvero suo e soprattutto mi mancava sentire dal vivo le canzoni nuove. Il Parco Tittoni era stato il luogo da dove la mia attività concertistica era ripresa la scorsa estate; quest’anno di show ne ho già visti un po’ ma è sempre bello tornare in questo luogo, immerso nel verde e con l’elegante edificio di Villa CusaniTittoni Traversi a creare una cornice affascinante. Rispetto allo scorso anno, la capienza è stata se non vado errato leggermente allargata (ci sono 400 posti) e se pure la presenza di tavoli e sedie rende il tutto particolarmente fastidioso, bisogna ammettere che il palco di fortuna improvvisato davanti agli scalini della villa offre un colpo d’occhio interessante.
È una fresca domenica di inizio Marzo, siamo a pochi passi dal Golfo di Salò, Lago di Garda, nella nostra casa. In una situazione normale noi e Paolo Benvegnù saremmo forse stati seduti insieme a contemplare il lago, ma riusciamo comunque a creare l’atmosfera nella nostra stanza della musica, poster, scalette, biglietti di concerti appesi e una videochiamata con Paolo, che ci risponde dallo Studio di registrazione di Gabriele Berioli a Magione (PG). Il 14 febbraio è uscito per Black Candy il suo ultimo disco, in solo ed in acustico, intitolato Delle inutili premonizioni vol. 1 – venti anni di misconosciuto tascabile, 12 tracce che ripercorrono la carriera dell’artista gardesano in un contesto raccolto, intimo ed estremamente coinvolgente. Abbiamo avuto l’onore ed il piacere di poter fare una chiacchierata in amicizia con lui, che ci ha un’altra volta illuminato della sua saggezza, scaldato con il suo affetto e la sua grandissima sensibilità.
È stato un anno difficile, per Paolo Benvegnù. Difficile per tutti, ovviamente, ma è chiaro che lo è stato parecchio di più per i musicisti, soprattutto per quelli con meno visibilità e numeri, considerata la cronica mancanza di concerti. Nel suo caso poi, le tempistiche sono state ancora più crudeli: ci eravamo sentiti a inizio pandemia, quando ancora il lockdown nazionale non era stato decretato, e tra di noi si rideva, sapevamo già che il tour sarebbe stato annullato ma c’era ancora ottimismo e ricordo che ci augurammo entrambi di poterci rivedere per l’autunno. Sappiamo che non è andata così. E siamo al punto che le canzoni di Dell’odio dell’innocenza non le ho ancora sentite dal vivo. Qualche data è riuscita a farla, quest’estate ma non ce l’ho fatta ad esserci. L’ho visto assieme a Marco Parente nello spettacolo Lettere dal mondo ed è stato bellissimo anche così, sono tempi in cui molto più di prima stiamo imparando a vedere tutto come un regalo. E dunque Paolo riparte da qui, da un anno di incertezze e inquietudini, un anno senza concerti e con un disco che ha già compiuto il primo giro di boa ma che, da un certo punto di vista, è come se non fosse mai uscito. Delle inutili premonizioni – venti anni di misconosciuto tascabile vol. 1 è un Greatest Hits innovativo, sempre che voglia essere un Greatest Hits.
Bello finalmente tornare ai concerti. Certo, ci sono le limitazioni, gli artisti che suonano sono esclusivamente italiani e di cosiddetti “grandi eventi” non ce ne saranno per chissà quanto. Al netto del pur comprensibile ottimismo dei promoter, che continuano ad annunciare date per il 2021 quando di evidenze che si tornerà alla normalità non ce ne sono, le poche e piccole cose a cui stiamo assistendo in queste settimane sono l’unico dato di realtà che al momento abbiamo recuperato. È poco? È tanto? È quello che c’è. Prendiamolo e cerchiamo di godercelo. Marco Parente e Paolo Benvegnù avrebbero dovuto suonare a Bassano del Grappa a maggio nell’ambito del loro Lettere dal mondo ma sappiamo purtroppo com’è andata. Lo recuperano ora, mentre nelle singole carriere dei due artisti sono sopraggiunte alcune novità: per Benvegnù l’uscita del nuovo Dell’odio dell’innocenza, che sta iniziando timidamente a portare in giro in queste settimane, per Parente il progetto Poe3 Is Not Dead, una trilogia sotto lo pseudonimo di Buly Pank, inaugurata proprio in questi giorni con l’uscita del disco-metraggio American Buffet.
Il Premio Tenco: un appuntamento musicale storico ed imperdibile. Categorie, artisti e riconoscimenti… ma cosa penseranno i finalisti?.
Parlare del Premio Tenco e degli artisti selezionati per le varie categorie in questa edizione 2020 è sicuramente emozionante e ha un sapore tutto particolare. Il passare del tempo, la musica oltre tanti ostacoli, la memoria di Luigi Tenco e di un pezzo di storia che è dentro e fuori i libri della vita. Il Coronavirus e le conseguenze disastrose della pandemia non hanno fermato la costanza e la voglia di rinnovare appuntamenti storici così ricchi di significato per tante generazioni. Le categorie sono sei e il Teatro Ariston di Sanremo sarà il luogo di consegna delle Targhe Tenco ai vincitori.
Se l’album Hermann era ispirato ad un manoscritto di Fulgenzio Innocenzi, ingegnere di Lucignano che una bambina donò a Paolo, questo Dell’odio dell’innocenza è invece un cd trovato dentro a una busta anonima a lui indirizzata contenente le undici tracce, chitarra e voce. C’è sempre un alone di mistero giocoso dietro ai dischi del cantautore gardesano che danno un significato ancora più profetico alle sue creazioni, tendendo con un pizzico di ludibrio a mantenere una certa distanza. Qualsiasi interpretazione più vi piaccia, non cambierà il fatto che questo sesto album è tra i più profondi ed incantevoli di Paolo Benvegnù. Ad essere sincera, un primo ascolto distratto, in sottofondo, mi aveva condotta ad assimilarlo per sonorità ad una naturale prosecuzione dei lavori precedenti, senza sentire un rinnovamento determinante.