I N T E R V I S T A
Intervista di E. Joshin Galani
È uscito il 28 aprile Solo Fiori di Paolo Benvegnù, EP di 5 tracce, qui trovate la recensione. Brani che da una parte non ci danno vie di fuga dall’altra ci ricordano che possiamo accedere all’incanto, attivando i sensi e lasciandoci andare. Solo Fiori sembra riassumere anche la rivoluzione di un gesto, l’apertura del porgere, come fiori, il meglio del mondo e di sé. Mi accingo a questa intervista con aria spavalda, per non pensare all’immensa cultura di Paolo. L’ho incontrato in un caldo pomeriggio milanese, come sempre accogliente, gentile, delicato, a dispiegare la sua magia in quel mix di parole serie e divertenti. Tra riflessioni, battute e mille risate, ne è uscita questa intervista.

Ciao Paolo, grazie per questo bell’EP. Ogni volta che mi approccio ad un tuo disco, ne identifico lo stile, la tua impronta, la riconosco comunque dentro la varietà e la sorpresa, emerge il linguaggio dell’anima, mai superficiale e con visioni e letture mai banali
La senilità mi porta fantasia 🙂
Hai presentato questo EP con una riflessione: “Cosa resterebbe di un adulto se il suo Sentire rimanesse lo stesso Sentire della sua infanzia?” Pensi sia possibile conservare intatto quell’incanto e quella purezza? È sufficiente essere sintonizzati con la propria essenza per non perdere la propria animazione celeste?
Bellissimo, perfetto quello che dici, ci si può tornare. Ci sono dei cambiamenti ormonali dell’adolescenza che presuppongono esplosione fisica, ma anche del cervello. Il pensiero si torce perché c’è qualcosa di diverso. Se ci pensi gli uomini sono legati alla fame ma anche la pulsione sessuale e non è nulla di sbagliato, sei un adolescente in piena fioritura, ed è normale che sia così. Se tu hai avuto un’infanzia di comprensione delle cose, hai un’idea verso l’altro e c’è un turbamento legato all’io; vuoi possedere ed essere posseduto, vuoi mescolarti, non c’è più la dimensione quasi astrale come dicevi tu prima, quella cosa diventa una turbativa.
Nel senso che trascina un po’ a terra?
Sì, però le cose basse non sono misere quando sono naturali. Sono giuste e fanno in modo che la sacralità dell’alto possa essere raggiunta e soprattutto che possa diventare infinita; non c’è una “madonnizzazione” dell’oggetto. Secondo me ad un certo punto della vita, quando questo meccanismo, questo nodo gordiano viene meno, un po’ si ritorna alla dimensione dell’infanzia. Non è la senilità che fa in modo che tu non abbia l’istinto della sensualità, anzi… in realtà tu hai una reale percezione di quello che è l’alto e il basso, del tuo muoverti in orizzontale o in verticale, hai la percezione reale del movimento del tuo corpo e del tuo spirito all’interno della vita. Sono vecchio ma se riuscirò ad andare avanti ancora una ventina d’anni poi ti dirò meglio 🙂
Partiamo dalla prima traccia. Questa Italia pornografia spogliata dell’estasi dell’amore, privata del linguaggio amorevole, ha conservato qualcosa di eccitante? In questa pornografia che descrivi, c’è un frammento d’amore? In questa relatività c’è una spinta ad essere più profondi, belli, innocenti? Te lo chiedo perché mentre con le parole c’è tutto il Bel Paese discutibile, scorgo un sottotraccia, con la voce scegli toni caldi, appassionati, c’è un calore pazzesco, e nella musica usi gli archi, classicamente strumenti d’amore 🙂
Già il fatto di parlarne significa che c’è amore verso questa nazione, sono molto deluso, però chiaro che è un amore profondo. Se devo constatare che il magico di questa terra sia stato piegato all’economia ed al commercio, allora è pornografia, non c’è più l’amore ma c’è solo il gesto meccanico. C’è nostalgia per quello che poteva essere. Mi viene da pensare a cosa sarebbe stata l’Italia con Pasolini non morto nel ‘75, non dico morto ammazzato anche se si sa. Mi viene da pensare a cosa sarebbe l‘Italia senza la strage dell’Italicus, senza la strage di Bologna, senza ciò che è successo ad Aldo Moro, senza coercizione da parte della geopolitica. Mi viene da pensare a cosa sarebbe stata l’Italia se tutte le menti migliori avessero potuto costruire un mondo di idee, come c’è stato fino ad un certo momento nella costruzione di questo paese. Se l’Italia fosse sempre stata scritta e descritta da Zavattini, sarebbe stato molto meglio di quello che è successo dopo e prima. È un brano sarcastico, l’amore c’è, ma io sono profondamente deluso, è una cosa che molti abbiamo rimosso, quelli della mia generazione ma anche della tua anche se sei più piccina. Quello che è successo a Falcone e Borsellino è stato uno shock da cui io personalmente non mi sono più ripreso, da quel giorno non ho più votato. Che non mi vengano a parlare di democrazia, o poteri occulti… come faccio a credere ad un paese che uccide delle persone amorevoli? Per me l’Italia è pornografica.
Perché hai usato questo termine, “pornografica”?
Perché dal momento in cui tu uccidi chi ti ama, allora quello che tu fai dopo è tutta pornografia; puoi anche non fare atti sessuali, se tu non consideri chi ti ama e chi spende la sua vita per te, se ti devo raffigurare, uomo o donna, sei pornografica.
Hai sempre la capacità di non banalizzare quando parli della vertigine del cuore, delle immersioni. In Our love song c’è il creare la propria oasi sprofondando e scandagliando ogni angolo di intimità. Ma poi che succede quando riapriamo la porta del mondo?
Si verifica un miracolo quando riesci veramente a perderti nell’altro, un miracolo che distorce il tempo e lo spazio. In una stanza piccolissima, un posto dove si sta soli, al buio o alla luce, comunque diventa altro perché le percezioni sono talmente accese che diventa tutto altro. Il tempo realmente si dilata o si ferma. Quando esci e ritorni alla ragione, perché lì perdi completamente la ragione, allora quando rientri per me i meccanismi sono due, o ci vuoi tornare il prima possibile e lo immagini costantemente, oppure semplicemente ti arrendi al fatto che i momenti magici della vita degli esseri umani sono realmente pochi e la possibilità di viverli con un’altra persona o con altre persone, sono un privilegio ed un onore incredibile.
Perchè citi Ismaele?
Ismaele è il testimone di Moby Dick; sia nella bibbia che nel corano significa “Dio è in ascolto”. È il testimone di un amore fagocitante, un amore come un uragano, che travolge ogni tipo di ordine, un amore in cui vuoi essere divorato e vuoi divorare, dove però vuoi anche essere sfiorato, sfiorare in un mondo dove la vita dell’altro non conta nulla perché lui la darebbe per te. In questa intensità chi racconta è Ismaele, non poteva essere nessun altro.
Hai duettato in passato con Marina Rei con cui hai fatto anche un tour. In questo EP il brano Non esiste altro ha il featuring di Malika Ayane, quali punti in comune o quali diversità avete per dar vita a questo brano?
La diversità è che lei è bravissima ed io no 🙂 La diversità sta nel fatto che canta come una madre. In questo è molto vicina a Mina, quando Mina fece il brano Io e Te nel 2005, la cosa che mi colpì fu il fatto che quelle parole non erano finalmente dette da me, che ero ancora un figlio, erano dette con la consapevolezza di una madre, infatti il brano è spaziale perché lo canta lei! In questo caso Malika ha preso un brano che sì, può essere delicato, che parla del risveglio tra due amanti, dello sfioramento, dell’inseguirsi per l’eternità – se vogliamo una narrazione di infinito – ma quello che dice lei, come lo dice lei, come lo canta lei, lo rende vero. Io sono nato autore in quel brano, lei è le parole. Non ho smesso di ringraziarla, per me è un dono grande che ha fatto a me ed ai miei compagni, un dono incredibile.
Rimanendo in tema di voci femminili, Irene Grandi e Giusy Ferreri hanno cantato tue canzoni, Citavi Mina che ha cantato Io e Te brano del tuo album solista Piccoli fragilissimi film. Ci racconti qualche retroscena?
È divertente perché sì, in realtà è un pezzo di Paolo Benvegnù, in Piccoli Fragilissimi Film erano tutti brani miei tranne quello che mi aveva donato un mio amico di Piacenza. Certo poi l’ho fatto alla mia maniera ma il pezzo è suo. Un giorno nello studio di Perugia in cui stavo lavorando, mi ha chiamato Benedetta Mazzini la figlia di Mina. Mi ha detto: “A mia mamma piace il tuo pezzo”, mi è preso un colpo, “quale pezzo le piace?” E lei, di tutti i pezzi che sono stati scritti da me, ha scelto un brano non scritto da me, questo fa capire molte cose 🙂 È il pezzo di Matteo Anceschi e di Omar, io mi sono fregiato di questa cosa però in realtà non è neanche merito mio, mannaggia la miseria 🙂
Qual è la tua canzone d’amore del cuore, quella per eccellenza?
È un brano inedito di Gino Pacifico che si chiama Il tuo nome è qui. Spero tanto di poterlo suonare insieme a lui nella data di Milano, è un pezzo di una bellezza… non riesco a suonarlo senza morirne, quella è la mia canzone preferita di tutti i tempi, è veramente sovversiva, un amore talmente struggente…
Il “carburante amoroso” resta un tuo tema caro, ne avevamo parlato anche in occasione di H3+, del resto sei nato il giorno di San Valentino! Scherzi a parte, volevo soffermarmi sull’aspetto musicale globale del disco, si è avvolti da musica calda e gioiosa come non mai…
C’è un sacco di gioia anche nell’esplorazione approfondita, questo è un EP poi il resto del disco che conterrà due o tre pezzi di questo, uscirà credo a Novembre. Sì l’esplorazione è più sana, più gioiosa. Forse legato all’aspetto di cui parlavo prima, a tutte le stratificazioni che un essere umano ha, che portano non tanto alla sicurezza rispetto alle percezioni che tu hai, ma capisci che le tue percezioni sono soltanto una parte della realtà, questo è molto confortante. Se l’horror vacui del non capito, e del non capibile non terrorizza, è una grande opportunità di sperdimento. Per me l’uomo deve sperdersi perché non siamo più umanità nel momento in cui abbiamo tutte le sicurezze. Noi siamo stati predati, c’è una parte di noi che percepisce il pericolo, le parti migliori delle nostre intuizioni il più delle volte hanno a vedere con questo, perciò è come se ci negassimo una possibilità. C’è gioia, c’è una narrazione più semplice forse, ma al di là di quello, è la ricerca che è stata felice e continua ad essere felice. Mai come in questo momento trovo che sia tutto sublime per me, tutto quello che vedo è sublime, anche il male, la miseria, il criminale. Anche la possibilità di essere un criminale, io potrei esserlo, invece no, le condizioni mi hanno portato a non esserlo. Possiamo essere realmente tutto, ma non per volontà, anche per ciò che succede che non è strettamente legato alla nostra volontà. Arrendersi a questa mancanza di controllo verso la vita dà una grande gioia ed un grande conforto.

In 27/12 c’è l’accoglienza della terra, il suo spazio amorevole con fruscii e silenzi, ponti d’incontri d’amore, le percezioni: spazio del reale o spazio della mente?
È uno spazio della mente, sicuramente. È il passaggio 27/12 della lettera ai Corinzi, Paolo. Nella narrazione c’è una grande tempesta, sono in nave, tutti hanno paura di morire, e Paolo – che non è decisamente il mio personaggio religioso preferito – dice loro: “Come fate a tremare se sapete che Dio è con voi?” Ora, al di là la mia difficoltà nei confronti di Paolo, trovo sia un grande atto di amore, convincere gli altri che c’è una forza superiore e che questa garantirà loro la vita, la felicità e la gioia, se seguita. Mi ha molto colpito in questo passaggio, questo atto di generosità di parte di un individualista come San Paolo, per me non era proprio un santo era un ottimo manager. Sei nel mezzo del fiume hai una gran paura, c’è un ponte tra gli argini, non sai quale scegliere tra questi argini, non sai se buttarti nel fiume, o dove andare. Beh se c’è una cosa che devi seguire è la tua fede che in questo caso è la fede cattolica, per altri qualsiasi tipo di fede. Che cosa senti? Qual è la tua fede? Qual è il tuo desiderio? È un pezzo che mi piace perché è materia, vita.
Spesso dici che con le tue canzoni fai domande, muovi interrogativi e non hai pretesa di risposte. Credo che essere sintonizzati costantemente con il proprio nucleo, la propria quintessenza, ci permetta di esprimere al meglio la nostra purezza. Parli d’amore in maniera infinita… Io credo che tu le risposte le abbia, anche se non affermate, le trovo nel movimento della tua scrittura dove traspare candore, amore come soluzione alle brutture del mondo nella connessione con la natura e non tentennare sul percorrersi andando sempre oltre…
Un po’ di risposte le ho, non sono più di primo pelo, ma riguardano me e la mia percezione delle cose. Quello che ho vissuto nel tempo l’ho vissuto come l’asino da soma, peso. Ho delle risposte ma sono troppo soggettive per poterle estendere agli altri. Se qualcuno ne ha voglia ne carpisce anche solo un piccolissimo insegnamento senza avere da parte mia l’ambizione di insegnare nulla. È un po’ una cosa greca ma anche cinese, non stai insegnando, stai dicendo delle cose, sei come una foresta di bambù, stai crescendo e sei nell’ordine delle cose. Questo è già sufficiente.
A proposito di bambù e natura, la copertina che hai scelto è una fotografia di Mauro Talamonti del lago Trasimeno, in cui è sovrapposta un’immagine che si specchia nelle acque di cannucce di palude…
È un’immagine vera, non è photoshop, c’era una persona che sosteneva uno specchio! Il senso è che il possibile e l’impossibile si contaminano e noi dei due aspetti vediamo solo il possibile. Mauro Talamonti è un artista eccezionale. Ha trovato questa idea bellissima durante la realizzazione sono stato sul lago Trasimeno insieme a lui, con gli stivaloni in mezzo all’acqua, per la prima volta mi son sentito uomo 🙂
Dopo averlo visto sul palco del Primo Maggio a Roma aspettiamolo live al concerto del 6 maggio a Roma e del 12 maggio a Milano...
Foto © Mauro Talamonti
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