Articolo di Andrea Furlan
Impegno civile, testimonianza e memoria storica sono i presupposti alla base del progetto musicale dei Sambene, il gruppo folk marchigiano nato un paio di anni fa nelle aule dell’Accademia dei Cantautori di Recanati. Marco Sonaglia (chitarra e voce), Veronica Viviani (voce), Roberta Sforza (voce) e Emanuele Storti (fisarmonica), hanno avuto l’idea di dedicare un concept album al ricordo dei partigiani che combatterono nelle Marche durante una visita al cimitero di Tolentino quando, davanti al monumento ai caduti, li ha incuriositi il nome di Bebi Patrizi, anch’egli di Recanati, morto diciannovenne nelle montagne dell’entroterra maceratese. Da qui la decisione di ricostruire la storia delle donne e degli uomini che sacrificarono la propria vita per la libertà, spinti dai valori etici e morali che dettero vita alla Repubblica Italiana.
Sentieri partigiani ha perciò motivazioni forti e assolutamente necessarie, come la volontà di non dimenticare e di ergersi contro revisionismo e memoria corta per opporsi a chi vorrebbe negare l’importanza di un periodo storico fondante per la nostra società. La sua narrazione in musica scolpisce a tutto tondo le figure di persone comuni che si sono trovate loro malgrado intrappolate negli ingranaggi della Storia, che però hanno saputo reagire, senza cedere, senza far finta di non vedere. Il folk genuino e sincero dei Sambene ricostruisce con profonda empatia questi avvenimenti e racconta la tragica esperienza di questi ragazzi con intensa partecipazione, stringendoli tutti in un abbraccio ideale.
Il gruppo esordisce con un lavoro convincente, lontano dal combat folk di maniera, depositario di un suono personale e cristallino, sintesi riuscita di canto popolare e canzone d’autore. Determinante al buon esito del disco l’autorevole produzione artistica di Michele Gazich, valente musicista e uomo di grande cultura e umanità, molto apprezzato in Italia e all’estero, autore della maggior parte dei testi, raccolti sulla base della ricerca storica di Luca Lisei, un appassionato fan dei Gang, loro conterranei, del cui impegno civile e militante i Sambene si dichiarano figli. Proprio i fratelli Severini sono ospiti in un brano suggellando così con la loro presenza l’appartenenza a un sentire comune. Oltre al Maestro Gazich, che pubblica l’album con FonoBisanzio, l’etichetta discografica da lui fondata una decina d’anni fa, mèntore del gruppo è Lucia Brandoni, direttrice dell’Accademia dei Cantautori, cui va il merito di avere saputo riconoscere e coltivare le qualità artistiche del gruppo. È lei a curare gli arrangiamenti vocali che esaltano il canto di tradizione popolare intensamente interpretato da tre belle voci che si intersecano in linee melodiche semplici e fascinose, sottese dall’incanto struggente della viola e del violino di Gazich che permea del suo personalissimo tratto il mood ardente delle canzoni, corroborate dalla fisarmonica di Storti che accompagna con precisione e fantasia.
Le undici canzoni del disco, intitolate ai protagonisti di altrettante storie esemplari, sono legate una all’altra da un unico cordone ombelicale e portano con sé non solo un pesante fardello di dolore e sofferenza ma anche un luminoso messaggio di speranza. Il viaggio nei sentieri della memoria inizia con la voce fragile ma ancora ferma di Nunzia Cavarischia, all’epoca giovanissima staffetta partigiana, che intona parole orgogliose sulla melodia di un canto alpino, poi sfilano di fronte a noi Nenè Acciaio, Eraclio Capannini, Bebi Patrizi, Ruth e Augusto, Elvio e Ivan, Achille Barilatti, Derna Scandali, Erich lo straniero. Il libretto, molto ben curato ed esaustivo, oltre ai testi riassume anche i principali cenni biografici di ognuno di loro ricostruendo così un sintetico quadro d’insieme della resistenza nelle Marche. La conclusione è affidata alla versione di Bella ciao diffusa nel 1964 da Roberto Leydi, quella cantata dalle mondine che ne fecero un canto di lavoro e di protesta, qui riproposta come omaggio alle donne che si sono battute per i diritti e la libertà.
Il folk sobrio e rigorosamente acustico dei Sambene è la vibrante espressione di un’epica popolare battagliera e coraggiosa, che con l’Italia di oggi ha parecchi punti di contatto, non fosse altro che per la strisciante “guerra civile” che sta invadendo la cronaca quotidiana. L’augurio è quindi che il vento della memoria non smetta di soffiare e continui a sferzare con le sue folate il nostro tempo distratto. Marco Sonaglia e soci ci ricordano il prezzo pagato per la nostra libertà, non scordiamolo!
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