I N T E R V I S T A
Articolo curato da Luci
Avevamo già particolarmente apprezzato l’album d’esordio come solista di Luca Lezziero. Ora, torna con un nuovo progetto che condivide con l’amico e collega Stefano Giovannardi. Abbiamo il piacere di mostrarvi in anteprima il video del brano Argilla, primo singolo estratto dal disco che verrà pubblicato l’8 novembre.
Per cominciare a conoscere i contenuti di questo inedito incontro musicale abbiamo contattato direttamente i due artisti ponendo loro alcune domande in proposito…
Vi siete conosciuti, “persi” e ritrovati dopo tanti anni, come mai?
Stefano: da giovani abitavamo a due isolati di distanza, addirittura le nostre madri sono state amiche di infanzia, poi, nonostante non abitassimo in continenti diversi, per le vicende della vita non abbiamo avuto contatti per una trentina d’anni. Cesare Malfatti, che conosceva entrambi, per una serie di coincidenze ci ha fatto rincontrare. Da lì è iniziato tutto.
Luca: sì è vero, per un po’ abbiamo vissuto entrambi nello stesso paese alle porte di Milano! Ricordo che all’epoca ci si incontrava in quelle zona franca tipica del pendolare, la stazione. Lì, scambiavano qualche opinione musicale, sapevo che anche lui suonava e all’epoca condividevamo lo stesso strumento, il basso. Poi con lo spostarmi a Milano, ci siamo persi di vista per molto tempo e qui confermo la versione di Stefano, Cesare ci ha fatti ritrovare.
[Stefano] Lo studio, l’esplorazione di nuovi mondi musicali (hai fatto parte della pionieristica scena new wave italiana degli anni ’80) ma anche dei vari aspetti degli organismi che abitano questo mondo (sei biologo) mi sembra rivelino una natura particolarmente curiosa. Vuoi parlarci più in dettaglio di questa tua attitudine?
Sì, scienza e musica sono le mie passioni principali nella vita, di mestiere faccio lo scienziato, il fisiologo, vivo in un mondo microscopico, mi occupo prevalentemente di aspetti cellulari e molecolari, del come funziona.
Ci si aspetta, pensando a scienza e musica, che siano mondi distanti, in particolare se si pensa alla oggettività delle leggi della natura e anche alla rigorosità del metodo scientifico che è necessario applicare per decifrarne i contenuti. In realtà in entrambi i mondi, musica e scienza, il lato creativo è fondamentale sia per impostare un approccio di indagine sperimentale che, ovviamente, anche per comporre un brano, i punti di contatto non sono pochi. L’aspetto di ricerca del nuovo ha anche una sua ripercussione nel mio modo di realizzare ambienti sonori usando suoni in larga parte scoperti, e quindi non convenzionali. Un’altra caratteristica che mi sta a cuore è la cura del dettaglio, anche questa una peculiarità fondamentale in entrambi i mondi. Inoltre, nel mio lavoro ci si confronta con strumenti abbastanza complessi che di fatto spesso si individua come impiegare in nuovi modi per i propri scopi. Questo insegnamento mi ha permesso, negli anni, di apprendere da autodidatta, in che modo usare correttamente tutti gli strumenti per arrivare ad ottenere certi risultati in termini di produzione tecnica di un album; penso a recording, mix, mastering, certo con vantaggi e svantaggi del caso.
[Stefano] Hai scelto quattro brani di Luca, pura “calda” canzone d’autore chitarra e voce. E’ stato naturale rivestire un songwriting molto intimo, poetico, con la tua ricerca sonora elettronica e “sintetica”?
Per me è estremamente naturale, personalmente sono molto legato alla forma canzone, quando compongo in solitaria è immediato cercare un motivo vocale a cui segue un testo. Nella modalità di “rivestire” mi faccio ispirare dal contenuto scritto, ma anche dal significato, suono e ritmica delle singole parole; mi danno delle visioni che traduco in melodia e ritmo. In particolare, creo suoni “ad hoc”, utilizzando sintetizzatori e drum machine ma non solo, anche chitarra e basso spesso non sono usati in modo “classico”. Alla base, quindi, c’è sempre ricerca e sperimentazione, e il cerchio si chiude.
[Luca] hai scelto quattro brani di Stefano dando loro una melodia vocale ed un testo. Con che criterio lo hai fatto? Ogni canzone è una storia a sé o sono collegate fra di loro?
Devo dire che ho scelto di “pancia”, quelle che mi intrigavano da subito, anche non necessariamente le più “melodiche” o leggibili, ma che mi suggerivano qualcosa. Ascoltandole sentivo già una melodia vocale nascermi in testa. Quindi la mia è stata una scelta istintiva. E dal primissimo ascolto, nello studio di Stefano non ho più cambiato idea.
I vostri esordi risalgono agli anni ’90, in questo lasso di tempo quanto è cambiato il contesto per chi, come voi, vuole creare e proporre musica?
Stefano: per quanto mi riguarda creare musica non è mai stato un problema, invece proporre musica sì, in particolare per la mia attitudine di cercare qualcosa maggiormente peculiare rispetto al mainstream. Come ben sai negli anni passati (ci fermiamo agli anni ‘90), c’era più intraprendenza da parte di chi doveva produrre e promuovere musica. Oggi è molto più difficile, si tratta di un compito delegato ad appassionati che lo fanno quasi “a tempo perso”, perché sono cambiate un po’ le regole e i ritorni in termini economici.
Luca: per certi versi il contesto si è fatto più aperto, senza dubbio la rete è stata la novità dirompente che ha rotto ogni schema. Ha anche però moltiplicato l’offerta, le voci, la presenza di tutti e tutto, quindi incontrare virtualmente o fisicamente chi potrebbe apprezzare la tua musica è paradossalmente altrettanto difficile che in passato. Credo poi che il passaggio generazionale nella scena, mainstream o più di nicchia, sia ormai compiuto.
Noi, di fatto, apparteniamo ad un altra “generazione”, con tutto quello che significa.
Ognuno ha ascoltato la musica dell’altro. Che sensazione vi ha dato? Cosa ha fatto scattare l’idea di provare a mettere insieme le vostre esperienze umane ed artistiche?
Stefano: di mio già abbastanza selettivo, con l’età sono, ahimè, anche peggiorato, ma capisco subito con chi avrei il piacere di collaborare, in realtà mi basta ascoltare due note e tre parole. Il songwriting di Luca mi è piaciuto subito, sia i testi, che sono fondamentali per me, ma anche l’armonia e le strutture delle canzoni, per niente banali e scontate. Ho trovato, quindi, una certa fonte di ispirazione per il mio modo di intendere la musica, un chiaro indice di complementarità dei nostri immaginari artistici.
Luca: come dice Stefano una vicinanza anche umana è importante, quindi il piacere di poter lavorare insieme e anche celebrare questo ritrovarsi, scoprire quanto siamo cambiati. Musicalmente mi è subito piaciuto il fatto che, come accennavo prima, i brani strumentali di Stefano mi sembravano già celare una possibile melodia, come se non aspettassero altro che di essere completati da una voce. Quindi è stato un processo in cui sono entrato con molta facilità. Parecchie linee vocali e testi sono delle prime stesure, una cosa a cui tengo molto, perché tiene viva la naturalezza della scrittura ed è anche un bel segnale della nostra complementarietà.
Avete chiamato questo progetto “due”. Di certo siete due amici che tornano in stretto contatto, dal punto di vista artistico ciascuno ha mantenuto la propria unicità o è stato in qualche modo “contaminato” dalla creatività dell’altro?
Stefano: la contaminazione è fondamentale per imparare qualcosa di nuovo e anche per non ripetersi nella produzione di brani, perché indubbiamente ognuno ha la sua firma, nel bene e nel male. Anche se non è mai un processo semplice adattarsi a schemi altrui, specie quando, dopo anni di vita, uno sviluppa una sua precisa visione. In questo caso devo dire che l’interazione con Luca è stata abbastanza naturale, piacevole sia a livello artistico che umano, e questo aiuta molto.
Luca: mi sono assolutamente contaminato e con piacere. Il mio intento era proprio uscire dalla comfort zone, dagli automatismi di scrittura. Vedere dove portava questo processo di interazione è stato stimolante. Ad esempio ho sperimentato una parte solo recitata in un brano, qualcosa che non avrei azzardato in un mio pezzo (ma forse ora si!). Poi, da Stefano ho imparato anche a rischiare su accordi e progressioni non sempre facili e riconoscibili. E’ stato un lavoro che di certo mi ha fatto crescere.
Sono molto incuriosita dal vostro live che ho letto diventerà anche la sonorizzazione di un silent film ed un esperimento di arte visuale. Coniugherà suono, canzone e immagine, creando una connessione col mondo evocato dall’artwork del booklet. Volete anticiparci qualcosa in più a riguardo?
Luca e Stefano: sì, ci sembrava interessante proporre un live che fosse anche una sonorizzazione per dare un elemento in più a chi verrà a sentirci. Quindi abbiamo scelto un film muto, l’ultima risata, di un grande regista tedesco, Friedrich Wilhelm Murnau. L’idea è di connettere spezzoni di pellicola ad ogni pezzo, portando alla fine del live gli spettatori a vedere per intero il lungometraggio. Per lasciare anche un “segno” nostro sul film, interveniamo graficamente sulle immagini, moltiplichiamo i quadri, inseriamo frasi e parole che richiamino i testi dei brani. Insomma, cerchiamo di far dialogare costantemente immagini e canzoni.
La copertina nasce invece da una foto scattata a Fondazione Prada all’interno di un’ installazione dal titolo Slight Agitation 1/4 di Tobias Putrih che possiamo usare grazie all’autorizzazione dell’artista (il disco gli è piaciuto!). E’ un’immagine elusiva, nella quale c’è una donna di cui non vediamo il volto e che esplora qualcosa. Era perfetta per il senso del disco. All’interno del booklet abbiamo voluto giocare con lo stesso tema. Qui, infatti, abbiamo dei dagherrotipi e foto antiche di donne prese dall’immenso archivio della rete. Ne vediamo i visi, ma i nomi e la loro storia sono ormai persi nel tempo. Non sappiamo chi sono, possiamo solo fantasticare sulle loro esistenze, proprio come nell’immagine di copertina.
Come siete arrivati a scegliere “Argilla” (con un testo denso di amare consapevolezze) quale singolo da presentare in anteprima video? In quello che è un vero e proprio corto, spicca la realizzazione curata al meglio in ogni aspetto, nell’insieme crea qualcosa di intenso, originale, suggestivo, ma ne lascio a voi una presentazione più dettagliata…
Stefano: direi che l’album è un pot-pourri di amare consapevolezze, per me è stata una scelta scaturita in base a pura sensazione, senza particolari ragionamenti, un pezzo che né ammicca né ostenta nella sua visione. Un brano non esasperato negli arrangiamenti, ma allo stesso tempo ricco di dettagli, non so, al mio orecchio, il giusto compromesso nella compenetrazione dei due nostri mondi.
Luca: Argilla si è un po’ autoimposto! Credo che Stefano fosse particolarmente contento del lavoro di riproduzione fatto. Anche altre persone che stimiamo hanno citato quel titolo, quindi abbiamo capito che il brano aveva una particolare forza. Allora abbiamo deciso di abbinarlo ad un video che in realtà è parte del progetto di cui abbiamo parlato per la sonorizzazione live.
Ci sembrava interessante però renderlo più “videoclip”, quindi abbiamo inserito quasi furtivamente delle nostre immagini, sorta di ospiti indesiderati della trama…
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