R E C E N S I O N E


Articolo di Elena Di Tommaso

“Mandi pure il suo Curriculum Vitae, le faremo sapere…”
È la frase che potrebbe pronunciare chiunque abbia voglia di scoprire un giovane artista come Rareş che, con la freschezza e la baldanza del primo approccio, si mette in gioco col suo album Curriculum Vitae che conta 11 tracce.
Si tratta di una presentazione che fa breccia e che punta dritto all’obiettivo, senza giri di parole. Con le idee ben chiare ambisce all’essenziale, nonostante la sua giovane età.
L’artista rumeno, cresciuto a Marghera e trasferitosi a Bologna per studiare al Conservatorio, è armato di una voce intensa, calda, malinconica, dal sapore pop ma con una radice soul che, insieme ad un assetto di chitarre pulite dell’indie rock, dona una ventata di freschezza e verità in un mix di moderno r&b, spunti funky e ballad simil-swing.

Il lavoro, prodotto da Marco Giudici (Halfalib, Any Other, Generic Animal), disegna un percorso evolutivo e in gran parte autobiografico dell’artista. I brani ripercorrono l’inquieto passaggio dalla gioventù all’età adulta, raccontando tormenti, amori, paranoie, tristezze e sogni quotidiani. Mettendo da parte artifici digitali, virtuosismi vocali e pompose costruzioni trap, il risultato è una sorprendente naturalezza che si schiude sinuosamente ad ogni traccia.
Accanto alla chitarra di Giuseppe Vio, alla batteria di Marcello Della Puppa e al piano wurlitzer e rhodes di Novecento, spuntano giochi di parole, accostamenti e associazioni insolite di termini, a volte ricercati o dialettali, che creano curiosità e un effetto non-sense tali da conferire vivacità ai testi. Nonostante le parole siano poche e spesso ripetute, ciò che colpisce è l’utilizzo di un cantato spezzato (di Ghemon-iana reminiscenza) in cui l’artista veneto sembra mordere le parole in una fase di scontro-incontro con l’età adulta. Parole che sanno essere schiaffi e carezze allo stesso tempo.
L’inizio dell’album è affidato a Spalle più che evidenzia le prerogative di Rares: voce calda, matura e sicura, accostamenti stravaganti (“nani, bambini, croci”) e parole spezzate, arrangiamenti soul alla Venerus. A seguire Calma, un brano che ricorda le sonorità di Erica Mou e che parte da un arpeggio di chitarra elettrica per aprirsi in un riff corposo di un ritonello non troppo banale, tra brillanti rullanti e bassi essenziali. Maldestra invece è una lenta, intima e malinconica ballad, dal sapore r&b, alla Bill Whiters, che racconta dei primi e impacciati rapporti, delle insicurezze giovanili. Dalla raffinata Pallore si passa ad una drammatica e tormantata Mamma Banane che evidenzia il lato più oscuro e triste della voce del giovane artista. Esplodono le chitarre con riff alla Vampire Weekend con Io non ho parole più mentre torna un’atmosfera onirica, intima e confidenziale in Miruna. Un fischiettare spensierato e scanzonato introduce Cresci che rivela le complessità dell’improvviso avvento dell’età adulta. L’orecchiabile e allegra Stesi anticipa Marcellino, una filastrocca in cui le rime sono immerse tra sciami di rumore bianco del wurlitzer. A chiudere l’album la confidenziale Vene più che parte con incedere soffuso e lento, parole scandite, per poi esplodere in atmosfere più elettroniche.
L’intima indolenza e la nostalgica noncuranza per l’ipersaturazione della musica digitale attuale gli conferiscono una vena dandy, con la consapevolezza del giovane-uomo dalle grandi potenzialità.

Tracklist:
01. Spalle più larghe
02. Calma
03. Maldestra
04. Pallore
05. Mamme Banane
06. Io non ho parole in più
07. Miruna
08. Cresci
09. Stesi
10. Marcellino
11. Vene più