R E C E N S I O N E
Recensione di Alberto Calandriello
Dal 5 giugno sul canale youtube dei Pearl Jam è stato caricato il video “uncensored” di Jeremy, brano di Ten, album d’esordio della band di Seattle del 1991. Inizialmente non previsto come singolo, Jeremy divenne uno dei brani di maggior successo di Ten, dopo Alive e Even Flow che fecero da apripista, grazie alla prima versione del filmato e alla triste storia di cui tratta. Il video ufficiale venne pubblicato nel 1992, con la regia di Mark Pellington, ma alcune scene vennero tagliate e sono rimaste inedite fino alla scorsa settimana.
Jeremy racconta la storia di Jeremy Wade Delle di Richardson, Texas, che si sparò sotto gli occhi della sua classe la mattina dell’8 gennaio 1991 e servì per evidenziare il problema della eccessiva facilità con cui chiunque, anche dei ragazzini di 16 anni, potesse (e possa tuttora) reperire un’arma da fuoco.
La canzone racconta la storia di Jeremy dal punto di vista di un compagno di classe, colpevole forse di averlo bullizzato o di non averlo aiutato, che assiste impotente come il resto degli studenti al suo drammatico gesto.
Ten è un album dove sono diversi i personaggi borderline, a partire dalla celebre “mamasan trilogy” ossia il trio di brani che viaggiando su una cassetta da Seattle a Chicago e ritorno crearono il primo nucleo dell’esordio (Alive, Once e Footsteps che poi venne esclusa dal disco) e che avevano come protagonista un serial killer, dalla sua giovinezza al suo cammino verso l’esecuzione, per arrivare a Why Go? dove si parla di una ragazza messa in un istituto e abbandonata dai genitori e ovviamente al nostro King Jeremy.
La canzone lo racconta solitario, che disegna soli gialli e alte montagne, ai cui piedi giacciono però cumuli di cadaveri vittime dell’alienazione di cui soffre, vittime del silenzio del padre e dell’anaffettività della madre, vittime come disse Vedder parlando della tragedia, del fatto che alla fine per il mondo tutto questo non è altro che un ritaglio di giornale, una flash news tra le previsioni meteo e il segnale orario.
Il video ovviamente ricalca il testo in maniera fedele, con Eddie a fare da narratore con le sue espressioni stranite e allucinate di inizio carriera, mentre il ragazzo compare in diversi contesti: casa, dove cerca in tutti i modi di attirare l’attenzione, scuola, dove lentamente l’attenzione la attirerà ma per diventare vittima di bullismo e la foresta, spesso buia, che forse rappresenta la sua mente, abitata da vestiti costosi di mamma, bestie feroci a bocca spalancata e sentieri tutti uguali dove è facile perdersi.
La nuova versione cosa aggiunge a tutto questo?
Prima di tutto rende più esplicito il finale, con la scena del suicidio, avvenuta davanti ai compagni, riproposta in modo integrale, con Jeremy che entra in aula a torso nudo e si spara, macchiando con il suo sangue le camicie dei ragazzi attoniti e paralizzati dal terrore, oltre che le coscienze di chi ha creato i presupposti di tale gesto e di tanti, tantissimi gesti simili.
Nel corso del video, mentre Jeremy alterna emozioni sempre più forti, compaiono scritte con messaggi quasi subliminali, che si suppone vadano a riempire quella lavagna appesa, simbolo della psiche facilmente influenzabile di un ragazzo fragile, Jeremy o i suoi compagni, che a fine brano cercheranno proprio di “cancellare dalla lavagna” quello a cui avevano assistito (e forse creato).
“Ignorato, annoiato” “debole”, aggettivi appiccicati in fretta per catalogarlo come l’ennesimo caso disperato e non investire nulla su di lui, né la famiglia, né la società o la scuola, né i compagni (la seconda strofa racconta episodi di bullismo che lo portano a reagire colpendo un coetaneo e aggredendo un’insegnante ed è a questo punto che come un’ammissione di colpa, il narratore dice “abbiamo scatenato un leone”).
Tra le scritte che si avvicendano, da notare “Il serpente era sottile”, e quella che fa riferimento al Libro della Genesi, capitolo 3, verso 6: “Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò”.
Il Peccato Originale, il serpente sottile, il parallelo sfocia nell’accusa ai genitori (nuovi Adamo ed Eva), che si macchiano della colpa “originale” di non amare il proprio figlio.
Altra immagine molto forte che venne oscurata 28 anni fa (visibile solo per una frazione di secondo) e torna ora è la scena in cui la classe è tutta in piedi con la mano sul cuore, presumibilmente durante l’inno nazionale e cambia la sua posa trasformandola nel saluto fascista. Più che un attacco politico, qui la scelta shock serve a mio avviso a simboleggiare l’estrema cattiveria a cui i ragazzi possano arrivare, se male educati, se educati all’odio, se imbevuti di paura.
Un fascismo del cuore appunto, dove le mani tese diventano poi dita puntate verso i tanti Jeremy che non trovano pace e conforto nel mondo.
In un momento storico dove la violenza sembra essere la sola risposta alle istanze di una parte della società, la storia di King Jeremy ci ricorda la sacralità della gioventù (all that’s sacred comes from youth, canteranno in Vitalogy) e l’assoluta importanza di creare le condizioni migliori perché le regazze ed i ragazzi crescano il più possibile sereni.
9 bambini su 10 preferiscono i pennarelli alle pistole, recitava una scritta su una delle più iconiche t-shirt del gruppo, che non a caso è tornata in vendita in questo periodo. Rappresenta una bambina con una pistola ed alcune matite colorate attorno a lei; dovrebbe essere un dovere di tutti fare in modo che faccia sempre la scelta giusta.
Jeremy ha parlato oggi a scuola, ripete ossessivamente la canzone, facendo intendere che l’unico linguaggio possibile per lui fosse la violenza, subita, a lungo studiata e poi letteralmente sparata in faccia a tutti.
Esiste una grammatica diversa, che deve diventare universale.
9 giugno 2020 at 23:23
Bel pezzo. L’ho ripubblicato attraverso il mio blog