R E C E N S I O N E
Recensione di Elena Di Tommaso
Versatilità e atmosfere gospel per Heavy Sun, il nuovo lavoro di Daniel Lanois. Il musicista canadese, nonché produttore, tra gli altri, di album degli U2, Bruce Springsteen e Bob Dylan, esce con un disco che sorprende per l’audacia delle sue trame, capace com’è di fondere gospel, ambient ed elettronica e di produrre al tempo stesso un suono familiare e inatteso.
Lanois, vincitore di undici Grammy Awards, realizza questo progetto assieme a Rocco De Luca (chitarra e voce), Johnny Sheperd (organo e voce) e Jim Wilson (basso e voce) tornando alla musica gospel con la quale era cresciuto da giovane, grazie al lavoro di tecnico in uno studio di registrazione dell’Ontario. Con Heavy Sun si reinventa completamente orientandosi verso una scrittura vivace e sentimentale, che infonde fiducia e speranza. Una sorta di preghiera tra le atmosfere lussureggianti dei falsetti e suoni vorticosi che mescolano il gospel classico e l’elettronica moderna, improvvisando accenti digitali. L’organo virtuoso domina gli arrangiamenti spaziosi e sognanti, dando vita ad un’armonia accogliente, che nutre speranze in un momento di grandi incertezze.

Undici tracce per 40 minuti di musica. L’apertura, riservata a Dance on e caratterizzata dai riff d’organo di Shepard, definisce sin dall’inizio la cifra dell’album. Power offre una miscela spaziosa ma intricata di percussioni jazz, un basso dinamico e melodie sinth, focalizzandosi sulle armonie vocali, tra toni bassi e acuti che si mescolano, instillando un fervore spirituale su una strumentazione minimale. Viaggia su un semplice solco melodico Every Nation ma si carica di una texture di interventi da studio: dal riverbero alla batteria pre-programmata. Way Down è una lirica morbida di armonie gospel a quattro voci a cui fa da contraltare l’organo di Shepard in perfetto stile gospel. In Please Don’t Try l’hammond è incisivo al punto giusto e rende il brano marcatamente gospel con vene di R&B che ricorda gli album soul e pop progressivi di Steve Wonder degli anni’70; la voce solista di Shepard emoziona e traina quelle degli altri tre nei ritornelli. Tree of Tule si apre con un motivo che lascia spazio a ritmi ben cadenzati di chitarra, pianoforte e organo che si condensano in un’atmosfera soave e piena di accenti mentre in Tumbling Stone torna la centralità dell’organo e della voce di Shepard che si innalza sulla base melodica degli altri componenti. Atmosfera quasi psichedelica, eterea, tra chitarre e sintetizzatori per Angel’s Watching, mentre la title track sboccia tra synth, loop di batteria, campioni di voci lamentose capaci di creare un’avvolgente atmosfera ambient.
Mother Eyes è temprata da una ritmica in levare, tipica del reggae. È guidata dall’organo e da armonie gloriose come l’ultima traccia Out of Sight, in cui i quattro armonizzano le loro voci in un coro, secondo uno stile gospel più convenzionale.
Hevy Sun è un disco che solleva. Attraverso gli arrangiamenti che combinano il roots-rock, l’atmosfera elettronica e il gospel, è in grado di trasmettere messaggi positivi di unità e resilienza e di infondere speranze, soprattutto in questo periodo. Tutti i componenti della band sembrano fondersi in un’unica entità.
L’ascolto è galvanizzante e liberatorio, un’opera che celebra l’esistenza.
Non sfuggono infine le abilità del poliedrico Lanois che, così attento ai dettagli riesce a mischiare generi musicali diversi creando un’architettura musicale complessa ed elegante ma non per questo inaccessibile, anzi.
Tracklist:
01. Dance On
02. Power
03. Every Nation
04. Way Down
05. Please Don’t Try
06. Tree of Tule
07. Tumbling Stone
08. Angels Watching
09. (Under the) Heavy Sun
10. Mother’s Eyes
11. Untitled
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