R E C E N S I O N E
Recensione di Simone Catena
Il power trio tedesco The Antikaroshi torna nel panorama underground con il quinto lavoro in studio, lasciando un segnale forte e deciso dopo un lungo silenzio lontano dalle scene. La band nasce dalle influenze musicali vicine al punk e all’hardcore old school, per poi affondare radici nelle tematiche sperimentali post rock.
Si formano nel lontano 2009 a Potsdam in Germania con l’intento di sorprendere l’ascoltatore con un timbro personale di suoni acidi e ricercati. Fanno il loro esordio con il travolgente album Crushed Neocons, che li lancia nel mondo discografico. In questo nuovo lavoro Extract Transform Debase prodotto per l’etichetta storica Exile on Mainstream, il sound fa un balzo in avanti per un’insieme divertente alla ricerca di orizzonti nuovi e graffianti. All’interno oltre alla grande quantità di elettronica, vengono aggiunti nuovi strumenti come pianoforte e violoncello, suonati magistralmente da due ospiti eccellenti Marco Henschke e Mette Wätzel. Il risultato è geniale e di impatto superiore.

L’apertura misteriosa di Jaded crea subito un percorso maturo e aggressivo, dove la chitarra si cimenta su un pattern ruvido, per poi rallentare in modo naturale sulla voce profonda. Segue il basso corposo e tecnico di Constitution Shall Not, qui la chitarra si lascia andare su un arpeggio stupendo e la linea vocale lancia un segnale forte con urla di odio e frustrazione. Un brano veloce e d’impatto carico di distorsioni sporche. Proseguiamo con una voce amplificata di un androide che prende vita su Chin Chin, dove il synth in chiave elettronica si incastra alla voce stile robot. Il basso fa un lavoro pazzesco per scandire i colpi violenti della ritmica graffiante, nel finale il cambio punk accelera all’improvviso. Su Benczik invece l’atmosfera diventa surreale, con l’oscurità che a rilento si risveglia da un incubo infinito, nel tiro ripetitivo si innalza una batteria precisa e un rumore di fondo che con la sua bellezza si sposa alla perfezione. Nel passaggio conclusivo la potenza acida spazza via qualsiasi ostacolo sulla sua strada.
L’album procede spedito sulle note di Spitting Image e il suo tiro noise stile Sonic Youth primi dischi, nella voce invece troviamo delle influenze inconfondibili a band monumentali come gli americani Fugazi. Un brano veloce che scorre in maniera godibile. Verso la fine ci soffermiamo sul primo singolo ipnotico Requiem for R.S dove si racconta una storia di vita vissuta e un omaggio a Rolf Schulz, assassinato nel 1992 da un gruppo di tre neo-nazisti.
Il riff dominante del basso si unisce alla distorsione che dilania il percorso. Nel videoclip che ne viene fuori, diretto dall’artista Fabian Maar, le riprese in bianco e nero sono molto suggestive per il significato delicato che viene narrato.
Prima di chiudere la velocità estrema di Hey You si scatena nel caos macchinoso della fase ritmica, che nonostante la lunga durata si presenta come la perla più preziosa di questo lavoro e la parte melodica si incontra con quella più sporca e dura. Chiudiamo con Set Your Reminder e la sua leggera cantilena dove la voce roca si collega all’effetto spaziale di notevole fattura per una giusta conclusione nel delirio assoluto.
La band offre un’ennesima perla da gustare con grande attenzione a volumi alti, cercando di toccare anche le generazioni più giovani. Il loro marchio incredibile di noise e minimalismo si avvolge nelle otto tracce di questa nuova fatica, per un album vivace ed espansivo.
Tracklist:
01. Jaded
02. Constitution Shall Not
03. Chin Chin
04. Benczik
05. Spitting Image
06. Requiem for R. S.
07. Hey You
08. Set Your Reminder
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