C I N E M A


Articolo di Silvia Folatti

Ma che strano film è questo, che in due ore sfata un pregiudizio lungo una vita e ti fa immergere in un mondo che non avresti mai pensato neanche di sfiorare, che eri convinta avessi rifiutato con cognizione di causa e a cui, ammettiamolo, guardavi con un certo snobismo e tanta presunzione… Un film che ti spiazza fin dalla prima scena, perché sembra l’inizio di un film di Kusturica dal ritmo già trascinante e l’atmosfera un po’ gitana e poi prosegue con citazioni di Kubrick (il bancone del bar in cui si alternano vari fantasmi a cui la voce narrante Ermanno Cavazzoni comincia a chiedere l’immancabile e misterioso cocktail), Wes Anderson, nei colori accesi soprattutto quando i componenti della band si raccontano, Fellini (le nebbie, le atmosfere oniriche), Jarmusch (i fantasmi, le allucinazioni, i contorni sfumati, la poesia), Kaurismaki e i suoi personaggi improbabili e stralunati.

“Aveva una grande passione per i libri, ma non ne aveva mai letto uno”, dice il narratore di uno dei componenti della banda; “Era essenziale avere una cantante donna, che avesse una presenza imponente, allegria nella voce e sapesse intrattenere il pubblico. Che poi sapesse cantare, era una cosa secondaria.” In realtà sappiamo bene che non è vero e come le cantanti, almeno quelle del film, avessero voci potenti, personalità forti e comunicassero grande allegria e passione. Già, la passione è la parola chiave di quest’avventura che fa incontrare il liscio e il rock, il punk e l’elettronica e ne fa un cocktail esplosivo, sia dal punto di vista professionale che umano. Scatta una sorta di magia, di incantesimo che fa della contaminazione la cifra e l’ingrediente vincente: la chitarra che graffia la melodia, la tradizione, il folk romagnolo; la voce potente dei cantanti e la loro verve da puri intrattenitori che accetta la sfida di questo sovvertitore naturale e geniale che ha nome Mirco Mariani e che arriva nelle loro vite come un uragano che passa senza fare danni ma vivifica e sorprende, anche se stesso. C’è anche una nota malinconica e struggente, quando Gilda Mariani interpreta con grande partecipazione la canzone ebraica Gam Gam, naturalmente in versione Extraliscio, che cantavano i bambini nei campi di concentramento quando venivano separati dai genitori. E poi i viaggi, le collaborazioni, i dischi, Sanremo e quell’intuizione di Amadeus che non li prende a scatola chiusa ma li ascolta con attenzione e poi li butta sul palco e in eurovisione con grande coraggio.
Questo film è un viaggio nel tempo, nello spazio e nell’anima di un Paese che quando vuole sa attingere alle sue energie migliori rischiando, rinnovando, trovando nuove forme, nuovi linguaggi e soprattutto facendo incontrare abilità, menti e cuori in un connubio armonioso e potente.