R E C E N S I O N E


Recensione di Mario Grella

Non è raro, anzi direi che è piuttosto comune nel jazz, che compositori, gruppi, ensemble, dedichino loro produzioni, concerti, happening, persino residenze artistiche ad altri jazzisti. È altrettanto comune che studino i loro lavori, ne reinterpretino brani, ne ripropongano, con arrangiamenti diversi, interi cd e dischi in un gioco di rimandi e di rispecchiamenti continuo, articolato, quasi infinito che crea intrecci e tessuti musicali sempre nuovi. Questo succede poco nella musica classica, dove non è consueto trovare una riscrittura di un altro autore o una sua rivisitazione; succede ancora meno nel rock, dove esistono certo i “tributi”, ma sono sempre circoscritti ad una ricorrenza speciale in serate “dedicate” e, quasi per niente, nella musica leggera, mondo musicale fatto di ripicche, invidie, plagi, dove questo accadde solo “a babbo morto” per ricordare chi non c’è più. Non è quindi una sorpresa leggere il titolo di questo stupendo lavoro, A Love Sonnet for Billie Holiday confezionato alla perfezione da tre prestigiosissimo nomi del jazz contemporaneo, ovvero Wadada Leo Smith, Jack DeJohnnette e Vijay Iyer, uscito lo scorso novembre.

E come omaggiare meglio Billie “Lady Day” Holiday se non con un “sonetto”? Un sonetto, lungo come l’intero album, di grande poesia e di intenso sentimento. Il sonetto vero e proprio sarebbe il primo brano intitolato proprio Billie Holiday: a Love Sonnet che incomincia con la sussurrante batteria di Jack DeJohnette, a costruire un preambolo introduttivo di discreta intimità per una voce raffinata, intima e intensa, come poche altre, nella storia del jazz. Ci pensa poi l’incredibile tromba di Wadada Leo Smith a sbozzare la materia umana e sonora, per disegnare il profilo di Billie Holiday, con misurata e pacata malinconia. Sono discrete evocazioni quelle del piano di Vijay Iyer, quasi una silhouette sonora che sembra prendere forma dal buio di un fumoso locale newyorkese. Con Deep Time n. 1 le atmosfere si fanno più articolate, sotto la tromba di Wadada compare una pista sonora che riporta, sonoramente confusi, gli echi del discorso “Con ogni mezzo necessario” di Malcolm X, scelta ovviamente non casuale vista la tormentata biografia di Billie: una tromba che si fa via via più stridente e un uso magistrale dell’elettronica, fanno di questo brano un piccolo capolavoro di evocazione e di memoria. Il discorso si arricchisce di dialettica complessità con The AD Opera: A Long Vision with Imagination, Creativity and Fire, a dance opera dedicato al pianista-amico Anthony Davis e nella prima parte del brano sia la tromba di Wadada Leo Smith, sia il pianoforte di Vijay Iyer sembrano farsi molto più free, mentre nella seconda parte un interludio elettronico, pone un tappeto sonoro sotto le silenziose urla della tromba, per concludersi nuovamente con una ricerca di raffinata disarmonia. Ma insieme alla grande personalità di Billie Holiday e proprio per riconoscenza verso le sue posizioni, nel lavoro di Wadada & Co. c’è spazio, e uno spazio importante, nei confronti dell’impegno civile: Song for World Forgiveness è un appello alla tolleranza reciproca e alla pace. Un brano pregno di una solennità che si tributa ai temi fondamentali, portata avanti con il tocco morbido e possente del pianoforte contrapposto ad una tromba acuta e tortuosa. Chiude il tutto Rocket, brano collettivo composto presso gli Avatar Studios di New York, con le variazioni minime del Fender Rhodes di Vijay Iyer in bella evidenza.

Tracklist:
01. Billie Holiday: A Love Sonnet
02. Deep Time No.1   
03. The A.D. Opera: A Long Vision with Imagination, Creativity and Fire, a dance opera (For Anthony Davis)  
04. Song for World Forgiveness  
05. Rocket       


*Photo © R. I. Sutherland-Cohen