R E C E N S I O N E


Recensione di Andrea Notarangelo

Madee è un nome da tenere a mente. Se provate a digitare il termine sul web, potrebbe capitarvi che qualche motore di ricerca, lo modifichi senza tanti preavvisi in “Madre”. L’assonanza induce a pensare a qualcosa di bello, protettivo, caldo e a dirla tutta, sono le prime sensazioni che comunica il nuovo disco della band spagnola. In questo “In The Cold Season”, sesto capitolo di materiale inedito della loro discografia, arrivato a noi dopo una pausa durata quattordici anni, è presente quanto di buono ha prodotto la post new wave negli anni ’80 e ’90, ma aggiornato ai giorni nostri. Sezione ritmica potente, con un basso sovraesposto, e arpeggi di chitarra a profusione; in questo modo veniamo accolti da Drinking Wine From A Paper Cup, immaginandoci fuori stagione su una spiaggia, mentre ci passano un po’ di vin brulé. Oppure, trattandosi di un gruppo catalano, di un bel bicchiere di sangria, versato senza troppi fronzoli in un bicchierino di carta.  

Non saprei quantificare quanto sia il giusto tempo che debba passare da un’opera a quella successiva, ma vi assicuro che nella stagione fredda, parafrasando il titolo, è uscito un buon vino che scalda il corpo e lascia un lieve tepore nello stomaco. Ed ecco giungere Ghost Town Living, per chi scrive, si tratta del pezzo più completo e carico di passione, con una voce che tradisce sfumature accoglienti. Parte Deception Pass e inizi a chiederti se Bono è presente nei crediti come special guest. Un tappeto di tastiere ben dosate accompagnano la nenia dell’inevitabile, costituita dai versi non c’è un’ora nella tua vita nella quale cadi o ricadi in questo viaggio consequenziale, dalla nascita alla morte. Ci sei dentro e basta e allora vale la pena affrontare a testa alta tutto ciò che verrà, di bello e di brutto. È un disco di sensazioni, un po’ Simple Minds e un po’ U2, senza però prendere troppo dagli uni o dagli altri, ma recuperando i momenti migliori delle loro discografie, per donare loro nuova vita. Come avviene questo piccolo miracolo? Semplice. Viene introdotto qualcosa di autentico, innestando linfa Madee che imprime personalità e dona il proprio marchio di fabbrica alle composizioni. Ci si accorge di questo dal momento in cui si tenta un paragone con la famosa band irlandese. L’ascolto di questo In The Cold Season, non ti porta al cospetto degli ultimi U2, quelli per intenderci che cantano per tutti e per nessuno. Questo album ti fa planare dolcemente, sui paesaggi di quelli più intimi ed espressivi, nel periodo in cui ascoltavi la voce di Bono Vox cantare per te e con te. La bellezza dell’ultima fatica dei Madee sta nell’integrità. Il disco suona solido e nonostante le preferenze dettate dalla soggettività, non riesci a saltare alcuna traccia. Al contrario, puoi goderti ogni passaggio sonoro intessuto ed è così che ci si fa trasportare e ci si ritrova a cantare un inno come Struggle Song, canzone di lotta di nome e di fatto. Ma le sorprese non sono finite. Almeno due regali ha ancora da offrirci la band di Barcellona: il primo è From The Window Behind Your House, una canzone epica e travolgente, che riporta in auge soluzioni stilistiche di una band culto come i The Chameleons e la traccia di chiusura Subterranean Minefield. Quest’ultima una vera e propria esplosione musicale, per la quale Mark Swanson, il poeta che cura i testi della band, ha affermato: “Questa canzone parla di lasciarsi alle spalle il passato, oppure guardarsi indietro ed essere orgoglioso di tutto ciò che si ha realizzato. Persone che non sono all’altezza del loro potenziale possono soffrirne e trovarsi come alieni in questa realtà, dove la vita diventa, volente o nolente, un palcoscenico nel quale dovranno tentare di fare un ottimo lavoro.”          

Tracklist:
01. Drinking Wine from a Paper Cup
02. Ghost Town Living
03. Deception Pass
04. In the Cold Season
05. Longing
06. Remains to Be Seen
07. Still Life
08. Struggle Song
09. View Finder
10. From the Window Behind Your House
11. Die-Cut-Descriptions
12. Subterranean Minefield