R E C E N S I O N E
Recensione di Riccardo Talamazzi
Lontana poco più di un lancio di bocce da Helsinki, Vantaa è la città natale di Manuel Dunkel, cinquantenne saxofonista finlandese ora arrivato al settimo album da titolare. Alle spalle un numero impressionante di collaborazioni, non solo con artisti compatrioti ma anche con illustri nomi del jazz internazionale, Eric Truffaz e Kenny Wheeler tra quelli più conosciuti. È inoltre membro della UMO Helsinki jazz orchestra i cui dischi, pur difficili da reperire qui in Italia, possono però essere ascoltati in streaming attraverso una semplice ricerca digitale. In questo Northern Journey ci si muove nell’ambito di un moderno jazz tonale, guidati dalla timbrica del sassofono di Dunkel che ricorda quella di Michael Brecker, influenza peraltro ammessa dallo stesso musicista finlandese. La band al completo che ha registrato Northern Journey comprende, oltre allo stesso Dunkel, Alexi Tuomarila al piano, Antti Lotjonen al contrabbasso e Jaska Lukkerinen alla batteria. Le sonorità proposte dal quartetto sono chiare, ben definite, fluide come si addice ad un gruppo disinvolto e collaudato. Il flusso di note del sax si esprime attraverso fraseggi scorrevoli, mai convulsi, in uno stato d’animo classicamente urbano e relativamente rispettoso dello swing. L’amalgama tra i vari strumenti è perfettamente calibrato e tutto si svolge con densità e robustezza di idee anche se, ovviamente, vi sono episodi meglio riusciti di altri. Ci troviamo quindi in una dimensione piuttosto abituale per l’appassionato jazzofilo che può concentrarsi soprattutto sul lato più fisico e ritmico di questo album, sgombro da ogni pretenziosità intellettualistica, realizzato nell’egida del puro piacere di suonare.

Apertura con Puzzle e siamo già nel giusto clima notturno e cittadino, con una batteria che gioca misuratamente sui piatti dopo una breve sequenza di note introduttive del piano e il sax tenore che fa sentire il suo fiato mordendo l’aria con la sua sintassi inquieta. New Planets s’annuncia, come il brano precedente, con qualche nota di piano. I tempi sono però più rallentati ed il sax scava il silenzio attorno a sé, dilatando i suoi spazi espressivi. Ottimo il piano di Tuomarila che costituisce l’ossatura armonica, vera e propria architrave di sostegno del pezzo in questione. Law of Nature si presenta con la batteria che scandisce lentamente i tempi con i tom mentre Dunkel imbraccia il sax soprano. Riflessi luminosi si irradiano dagli accordi di piano, mentre il contrabbasso aiuta a delineare la trama di fondo. Il sassofono è un giglio di purezza sonora e si comprende il notevole investimento tecnico di chi lo suona, esplorando soprattutto le note più alte, scansionate con sicurezza e stabilità. La traccia si chiude rallentando l’intensità e riportando la base ritmica sui più sommessi toni iniziali. Mr. Nelson, per quanto sia riuscito a percepire, non mi sembra abbia niente a che fare con l’omonimo brano di Prince. Si ripescano invece le atmosfere hard-bebop del passato e questa volta il piano tace per un po’, lasciando in evidenza il trio sax, contrabbasso e batteria. Dunkel mi ha qui ricordato il fraseggio di James Brandon Lewis anche se in questo caso la forma appare in qualche modo più classica e meno spavalda rispetto al collega americano. Quando il piano riappare, dopo un efficace assolo dello stesso, il gruppo riprende dando un po’ di spazio alla batteria di Lukkerinen che diverte – e si diverte – in una serie di stacchi incisivi che dinamizzano ulteriormente il brano.
Yesterday’s Dream ha lo stesso titolo di un pezzo dei Four Tops del ’68 e rieditato da artisti diversi. Anche in questo caso, però, le eventuali assonanze con l’omonimo brano del quartetto vocale risulterebbero, se ci fossero, ben dissimulate… In realtà questo è uno dei momenti più melodici dell’intero album, con un tema che si sposa a un classico ¾ e che ci offre la possibilità di percepire la coesione impeccabile tra i musicisti. Infatti è proprio nell’ambito della ballad che s’intendono meglio le distanze, gli spazi, le prossemiche tra un elemento e l’altro e questo Yesterday’s Dream appare come un piccolo capolavoro di equilibrio e di compostezza formale. Accelera invece il brano seguente, Comodo Dragon, recuperando com’è già avvenuto in Mr.Nelson le istanze ereditate dal be-bop – da ascoltare la sequenza di note in rapida successione dei due strumenti guida, sax e piano – ma in quest’ultimo caso vi son anche assonanze, soprattutto nell’improvvisazione centrale, col celebre quartetto di Coltrane in un accompagnamento pianistico somigliante a quello di McCoy Tyner. Con My Heart Says si torna alla ballad in uno spazio molto intimo, ricco di pause, ancora più raccolto di Yesterday’s Dream. Vale, in questa circostanza, grosso modo, quanto già osservato in precedenza riguardo alla modalità interpretativa delle ballad. Un espressivo, sentito assolo di contrabbasso sembra quasi planare in un silenzio rotto solo dal brushing della batteria e da qualche nota in lontananza del piano. Terminata l’escursione delle note basse, compare un elegante assolo di Toumarila, prima dell’emozionante attacco di sax che conduce il brano alla ripresa del tema portante, per volgersi poi in una chiusura con una cadenza II°-V°-I° che più classicamente jazz non si può. Northern Journey è il brano eponimo dell’album e si sviluppa con un andamento moderato, se non a tratti decisamente lento e dal moto colloquiale per poi prendere un po’ più di respiro dal minuto 02.20 circa. Pur mantenendo una scansione ritmica sempre misurata, gli strumenti allentano le briglie sciogliendosi maggiormente e proponendosi in due melodici assoli , rispettivamente di sax prima e di piano poi, chiudendo il brano in una lunga coda di forma modale.
Dunkel & compagni dimostrano di servirsi della grammatica di base del jazz utilizzando i suoi sintagmi per costruire un discorso il più possibile personale, scritto e improvvisato molto bene attorno ad una musica rigorosa nella forma e fluente di emozione. Non credo che un jazz come questo alluda a chissà quale proclama rivoluzionario ma penso che il piacere sia il movente fondamentale di questo viaggio nelle Terre del Nord e in tale frangente Dunkel s’allinea con chi cerca da tempo, con coraggio e sacrificio, un’ipotesi attendibile di jazz contemporaneo.
Tracklist:
01. Puzzle
02. New Planets
03. Law of Nature
04. Mr. Nelson
05. Yesterday’s Dream
06. Comodo Dragon
07. My Heart Says
08. MNorthern Journey
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