R E C E N S I O N E


Recensione di Andrea Notarangelo

Tornano i Placebo, band che non necessita di presentazioni e che da un trentennio scarso, è presente nel mercato musicale e nei cuori neri malinconici di giovani e vecchi fan. Never Let Me Go, questo il titolo del nuovo disco, è il successore di Loud Like Love del 2013. Mai pausa fu più lunga e in genere, non si tratta di un gruppo che riesce a stare troppo tempo con le mani in mano, ma questi 9 anni di silenzio sono dovuti anche e soprattutto ad una separazione non di poco conto. Brian Molko e Stefan Olsdal sono nuovamente rimasti orfani del batterista e in questo nuovo Never Let Me Go si sono avvalsi dei servigi di due session man. Quanto questo aspetto può aver influito sulla creazione dei brani? Tralasciando Robert Schultzberg, batterista originale presente sull’omonimo esordio del 1996 e nel quale fece un buon lavoro conservativo, i successivi Steve Hewitt e Steve Forrest portarono invece contributi non di poco conto all’interno dell’economia del trio. Il primo, mancino, dotato di un tocco puntuale e ragionato, ha servito la band per una decina d’anni, mentre il secondo, più giovane e irruente, ha contribuito ad aumentare la potenza di fuoco in chiave live. Quel che non cambia sono i tratti tipici della band: la voce di Brian Molko, vero marchio di fabbrica e la potenza espressiva costituita dagli intrecci di chitarra del leader e del basso di Olsdal, il tutto, sempre edulcorato dall’aggiunta di due dita di elettronica.

La composizione, per ammissione di Molko, è stata reinventata e, anziché partire da delle melodie, ha avuto una strada più libera e fuori dai consueti percorsi; il chitarrista infatti, proponeva a Stefan dei titoli e in base all’ispirazione tratta, veniva costruita l’ossatura di ognuno dei pezzi. Dei quattro singoli usciti, Beautiful James, Surrounded by Spies, Try Better Next Time e Happy Birthday in the Sky, menzione speciale va per il secondo titolo sul quale approfondiremo, anche se i pezzi, nel complesso, sono tutti validi. La prima è una tipica Placebo song post anni 2000, per intenderci da Sleeping with Ghosts (album del 2003), in poi. Try Better Next Time è il singolone per eccellenza, quello per intenderci che ha una melodia che si stampa in testa e non ti lascia più dal momento in cui alla mattina metti in moto la macchina per recarti a scuola o al lavoro, fino a sera, quando torni a casa dai tuoi cari. In un certo senso è una canzone che conforta, ma non osa. Happy Birthday in the Sky è tanto bella, quanto straziante. È scarna nel suo contenuto, ma è pregna di significato nel suo manifestare l’assenza di una persona che abbiamo troppo amato. Brian in piena rassegnazione canta “Darling, happy birthday / In the sky / You were blown away / I don’t know why / Why? / Now I sit and wait / As days float by – Tesoro, buon compleanno in Cielo. Nel cielo. Sei stata spazzata via e non so perché. Perché? Ora mi siedo e aspetto mentre i giorni passano”. Come anticipato, Surrounded by Spies non potrà che coinvolgere l’ascoltatore. Si tratta di una canzone attuale, nella quale il cantante ha tratto ispirazione, come spesso gli è accaduto in passato, da un fatto a lui realmente accaduto. Nel caso specifico,Brian racconta di quando ha scoperto dei suoi vicini di casa spiarlo per conto terzi per l’attuazione di un non ben precisato folle piano. Questo è l’incipit della riflessione sui nostri tempi e su come la nostra privacy, così tanto sbandierata e dalle leggi tutelata, viene costantemente messa a repentaglio nel quotidiano dalle molte telecamere a circuito chiuso presenti ovunque e compromessa dalla tecnologia in generale, come ad esempio i cellulari, i servizi di internet e il riconoscimento facciale. Incastonata tra le due tracce precedenti, è presente The Prodigal, la quale non si discosta di molto dal mood della raccolta, nonostante presenti un refrain decisamente più allegro che riporta ai fasti dei Queen e a quel piccolo grande gioiello che risponde al nome di Under Pressure. La canzone più curiosa è Sad White Reggae, la quale di primo acchito, per associazione personale mi ha fatto pensare ai Police e al loro disco dal titolo Regatta De Blanc e al significato dato di “Reggae per bianchi”; credo però che seppur ispirato da questo dettaglio, le similitudini con la band di Sting terminino qui. La canzone però ha un bel groove e segna qualche cambiamento in atto rispetto alla tipica formula. Twin Demons e Chemtrails (letteralmente “Scie Chimiche”), in successione, sono l’apice del disco: la prima crea tensione, la seconda ha invece un effetto calmante. Fix Yourself è una degna chiusura con un’apertura di sax e atmosfere care ai White Lies, dei quali i Nostri sono stati sicuramente una fonte d’ispirazione nella loro anima più pop.          

Il gruppo ha creato uno stile unico che lo caratterizza sin dagli inizi, quando vennero collocati nel gran calderone brit-pop, seppur il loro suono era ed è caratterizzato da una commistione di glam e gothic, imbastardito dal substrato new wave caro alle band britanniche. I Placebo degli anni ’20 del Ventunesimo secolo, sono una band consolidata che rinnova ma non innova e, a questo punto della storia, questo aspetto non può essere considerato un difetto, ma una certezza di qualità.                       

Tracklist:
01. Forever Chemicals
02. Beautiful James
03. Hugz
04. Happy Birthday in the Sky
05. The Prodigal
06. Surrounded by Spies
07. Try Better Next Time
08. Sad White Reggae
09. Twin Demons
10. Chemtrails
11. This Is What You Wanted
12. Went Missing
13. Fix Yourself